La situazione delle comunità LGBT dei Balcani occidentali

Negli ultimi mesi si é registrata una evoluzione significativa nella strategia di stabilizzazione e associazione dei cosiddetti “Balcani Occidentali” all’Unione Europea. La Croazia ha completato il processo di adesione e, a partire dal 1º luglio 2013, si convertirà nel ventottesimo paese membro dell’Unione. E la Serbia, pur restando molto lontana da un eventuale ingresso in “Europa”, ha finalmente ottenuto lo status di Paese candidato dopo anni di attesa, complesse negoziazioni, dicktat e veti incrociati (l’ultimo, quello della Romania, che ha preteso rassicurazioni sui diritti della piccola minoranza Valacca presente in Serbia). Questo é un buon momento, quindi, per volgere lo sguardo alla situazione dei diritti umani, ed in particolare dei diritti LGBT, in quest’area del continente.

L’espressione “Balcani occidentali” é utilizzata comunemente dalle istituzioni europee per designare l’Albania e tutti i paesi dell’ex-Jugoslavia, ad eccezione della Slovenia (la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, il Kosovo, la Macedonia, il Montenegro e la Serbia). In questo post lasceremo da parte la situazione della Croazia e ci concentreremo sul resto di questi paesi. La situazione delle comunità LGBT di questa zona resta precaria e difficile, pur a dispetto degli importanti cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi anni.

In generale si può dire che la situazione, pur variando notevolmente da paese a paese, presenta nondimeno alcuni aspetti comuni significativi. Le relazioni omosessuali sono state depenalizzate ovunque (in Albania nel 1995; in Macedonia nel 1996; in Serbia nel 1994; in Bosnia-Erzegovina nel 1998) e, in una maggioranza almeno di questi stati, sono state approvate leggi contro le discriminazioni per motivo di orientamento sessuale e identità di genere. I governi mantengono, almeno formalmente,un atteggiamento aperto e positivo. L’adeguamento delle legislazioni nazionali in materia di protezione dei diritti delle minoranze é, del resto, un prerequisito necessario per l’apertura delle negoziazioni di adesione all’UE e a questo si deve poi sommare un altro fattore che gioca un ruolo importante: In alcuni di questi stati la lotta per i diritti civili è diventata sinonimo di modernizzazione e apertura all’occidente. I politici liberali ed europeisti che aspirano a guidare le proprie nazioni verso l’UE si vogliono in sintonia con le giovani generazioni “cool” urbane e cercano quindi di dimostrare la loro “modernità” dando un riconoscimento, sia pur generico, alle rivendicazioni delle persone LGBT (soprattutto quando le elezioni sono lontane e non si rischia di perdere voti).

Purtroppo, però, la realtà é più complessa di quello che potrebbe apparire a prima vista e non sempre (o raramente) i fatti seguono alle belle parole: non esiste alcun riconoscimento giuridico per le coppie e famiglie LGBT; l’applicazione delle leggi contro l’omofobia é lenta e laboriosa (é questo, per esempio, il caso del Montenegro e dell’Albania, dove l’associazione Pink Embassy/LGBT Pro Albania denuncia da tempo che la legge é restata lettera morta) e si scontra spesso con l’ostilità delle burocrazie statali e delle forze di sicurezza locali il cui comportamento é lungi dall’essere esemplare (e poco viene fatto per cambiare questa situazione). A questo si deve poi aggiungere che il progresso dei diritti civili si scontra con l’ostilità di una parte importante della popolazione (le ragioni di questa ostilità sono conosciute: peso della tradizione e della religione, struttura sociale patriarcale etc…). Una ostilità che é esacerbata dalla presenza di gruppi di estrema destra ultra-nazionalisti che attaccano le gay prides e propagano un’omofobia estremamente violenta e dall’azione dei gruppi religiosi locali che in tutta l’europa orientale (e non solo lì, del resto) svolgono un ruolo deleterio alimentando l’odio, benedicendo leggi anti-gay e decorando politici omofobi. Non é soprendente, quindi, che questi paesi occupino agli ultimi posti in Europa in materia di diritti LGBT secondo il “Rainbow Index” elaborato da ILGA-Europe: Nel 2011 questi stati ottennero tra -2 e +2 punti in una scala che va dal -4 dell’Ucraina al +12,5 del Regno Unito (-2 Macedonia; +1 Kosovo e Bosnia-Erzegovina; +2 Serbia, Albania e Montenegro).

Nel novembre del 2011 la sotto-commissione sui Diritti Umani del Parlamento Europeo organizzò una serie di udienze pubbliche sulla situazione dei Diritti Umani nei Balcani Occidentali. Tra coloro che furono chiamati a prendere la parola vi fu l’attivista LGBT Sanja Juras che, parlando a nome di ILGA-Europe (l’associazione paneuropea che difende i diritti degli omosessuali), presentò un interessante, e terribile, rapporto sui crimini d’odio, le discriminazioni e gli ostacoli alla libertà di associazione di cui sono vittime Gay, Lesbiche, Transessuali e Bisessuali. Nel suo discorso Juras chiese anche alle istituzioni europee di impegnarsi con più forza nella difesa dei diritti delle minoranze sessuali.

Vi sono però, come abbiamo detto, dei segnali positivi che meritano di essere sottolineati: é certo che, al di là delle motivazioni delle élites governanti, tanto i passi avanti fatti a livello legale, come l’assenza di una sistematica propaganda governativa omofoba sono elementi positivi che distinguono la situazione di queste nazioni da quella, ben peggiore, della Russia, della Bielorussia o dell’italia berlusconiana. L’elemento più importante é però probabilmente un altro: la strutturazione e lo sviluppo di movimenti gay molto ben organizzati come Pink Embassy/LGBT Pro in Albania, Labris o GSA in Serbia o LGBT Forum Progress in Montenegro. Questi gruppi fanno un lavoro straordinario in circostanze spesso molto difficili ed é soprattutto grazie a loro che c’è permesso sperare in un futuro migliore per le comunità LGBT dei Balcani occidentali.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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10 commenti

  1. claudio vito buttazzo

    Uno dei motivi x cui le comunità Ggbt e tutti coloro che si battono per i diritti civili hanno serie difficoltà in alcuni paesi, soprattutto dell’est Europa, di vedere approvate le loro giuste rivendicazioni è che essi non collegano la lotta x i diritti civili con la lotta x i diritti sociali. Spesso essi si alleano con le forze politiche liberiste, che sono le stesse che, mentre propugnano i diritti individuali, cancellano quelli sociali con le privatizzazioni selvagge e gli attacchi alle condizioni di vita e di lavoro dei ceti meno abbienti. Questo li rende impopolare la loro lotta e le loro rivendicazioni. Finchè difenderanno acriticamente un’Europa, che ormai è vista da vasti settori dei ceti popolari, come l’Europa delle banche e della finanza, come l’Europa delle classi dominanti che impongono sacrifici a senso unico e affamano la gente, difficilmente coloro che si battono per i diritti civili e individuali, avranno prospettive di successo. E avanzerà a furor di popolo, in assenza di una sinistra degna di questo nome, la destra popuilista, xenofoba, omofoba e nazionalista.

    • Bonaiti Emilio

      A me sembra che se la situazione é migliore “di quella ben peggiore dell’Italia berlusconiana” la comunità LCBT sta facendo passi giganteschi in materia di diritti civili che, salvo errore, non vengono conculcati nel nostro paese come in Russia o in Bielorussia.

  2. Bell’articolo!
    Sulla scia dei due commenti precedenti, e collegandomi al tuo riferimento all’Italia (dove sappiamo che non c’è un riconoscimento per le coppie omosessuali) mi chiedevo se nel bel paese esistono leggi contro l’omofobia….se non sbaglio era stata proposta, ma mai passata…

    • Bonaiti Emilio

      Gentile Dany io trovo semplicemente inesatto paragonare l’Italia a paesi come la Russia e la Bielorussia.

      • Sono assolutamente d’accordo! Non intendevo paragonarli infatti!
        È però vero che – per quanto riguarda la comunità LGBT – l’Italia è a pessimi livelli (per curiosità ho guardato la graduatoria citata dall’articolo e abbiamo 0 punti)….Pochi mesi fa una donna è morta dopo essere stata picchiata in un ristorante da un uomo che si sentiva offeso per il fatto che lei fosse al ristorante con la sua ragazza… Ecco, penso che sia grave che non esiste una legge che punisce reati simili in modo più “pesante”…quindi chiedevo all’autore alcuni chiarimenti in merito, visto che ne so poco.

    • @Dany. Grazie per il tuo commento.

      in risposta alla tua domanda: No. In italia non esiste nessuna norma specifica che sanzioni l’odio omofobo e tuteli le persone LGBT vittime di aggressioni, discriminazioni o violenze.

      La donna di Milano non é morta…é stata “solo” massacrata di botte e le é stata distrutta la faccia a pugni.

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