CROAZIA: Tito rimosso dal palazzo presidenziale

La Presidente della Repubblica di Croazia, Kolinda Grabar-Kitarović, ha mantenuto una delle promesse fatta in campagna elettorale: rimuovere il busto di Tito dal Pantovčak, il palazzo presidenziale di Zagabria.

Il 18 marzo, la neo-eletta Kolinda ha dunque fatto rimuovere il busto del Presidente a vita della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, insieme a diversi quadri e oggetti appartenuti al leader jugoslavo, tra cui molti regali ricevuti durante visite diplomatiche nei paesi non-allineati.

Questi reperti, stando ai media locali, verranno trasferiti nel Muzej Hrvatskog Zagorja (il Museo dello Zagorje Croato), nella galleria Antun Augustinčić (lo scultore croato autore di diverse statue e busti di Tito) e nel villaggio di Kumrovec, il paese natale del Maresciallo.

Cancellare il passato, o solo una sua parte

L’azione intrapresa dalla Grabar-Kitarović non ha un connotato prettamente materiale, non trattandosi infatti di oggetti artistici di alto valore, ma ha sicuramente un carattere politico ed ideologico. Senz’altro, è la dichiarata volontà di allontanare la Croazia e il suo popolo dalla figura storica di Tito, che ad oggi rimane il più influente politico croato della storia e, nel bene e nel male, il più grande statista che il paese abbia mai avuto.

L’obiettivo del Presidente della Repubblica è dunque quello di cancellare parte della storia da sempre sgradita ai vertici del HDZ, il partito che con la leadership di Franjo Tudjman portò all’indipendenza del paese dalla Jugoslavia nel 1991. La rimozione del busto di Tito dal Pantovčak – che ai tempi della Jugoslavia socialista si chiamava Vila Zagorje ed era una delle residenze di Josip Broz – si inserisce perfettamente nel disegno politico-ideologico ideato già da Tudjman, ovvero la cancellazione di quel recente passato croato, inconsapevolmente avvertito come un periodo di negazione dei diritti e delle aspirazioni nazionali croati.

Come ha infatti suggerito lo storico Tvrtko Jakovina, “Kolinda Grabar-Kitarović dovrebbe procurarsi una biografia di Tito” per capire chi realmente essi fosse, facendo dunque riferimento anche al periodo di maggior prosperità sociale ed economica della Croazia in epoca contemporanea. Secondo invece Ivo Banac, anch’egli storico e analista politico, “era ora che quel busto venisse rimosso e per questo non si può non complimentarsi con la Grabar-Kitarović”.

Uno sguardo in avanti e un passo indietro

Nonostante la rimozione del busto di Tito possa rientrare nella prassi del HDZ in merito alla rivisitazione storica del periodo socialista, ciò che rende innovativa la mossa della Grabar-Kitarović è il fatto che nemmeno Franjo Tudjman si fosse permesso di toccare quel busto. Secondo la Grabar-Kitarović però, Tito era un dittatore e quindi non è giusto che il palazzo presidenziale croato ospiti opere d’arte e oggetti ricollegabili alla sua figura.

Se da un lato l’obiettivo del Presidente della Repubblica è quello di guardare in avanti, a un futuro migliore per un paese che da anni è in recessione economica e che evidentemente necessita di svincolarsi da tutto ciò che ricorda il periodo socialista e la federazione jugoslava; dall’altro lato però, come molti analisti hanno sottolineato, la vittoria elettorale della Grabar-Kitarović così come le dichiarazioni e le azioni di questo genere rischiano di portare il paese indietro nel tempo, agli anni ’90.

In questo senso, infatti, esiste una certa continuità tra l’opera di Franjo Tudjman, primo presidente della Croazia indipendente, e Kolinda Grabar-Kitarović. Così come Tudjman ricercava una compattezza nazionale anche e soprattutto attraverso il revisionismo storico, a ovvio scapito di altri gruppi nazionali, Kolinda si è già contraddistinta per dichiarazioni che confermano questo disegno politico. Poco dopo la vittoria alle elezioni, per esempio, affermò che “anche i serbi di Croazia sono croati”, dimostrando dunque di voler perseguire l’obiettivo di allineare la popolazione croata all’interpretazione storica del HDZ, che vede tutti i serbi come aggressori e Tito nient’altro che l’incarnazione dell’ideale comunista e della defunta Jugoslavia socialista.

Tito torna a casa

La ricaduta a livello popolare della rimozione del busto di Tito è dunque orientata ancora una volta a confermare l’interpretazione del HDZ in merito al passato. L’idea di “croato modello” promossa dal partito è stata da sempre orientata al ripudio del comunismo e del principio jugoslavista, anche se lo jugoslavismo nacque per mano di filosofi e pensatori croati e la stessa Jugoslavia (sotto il nome di Regno dei Serbi, Croati e Sloveni) rappresenta la prima entità statale indipendente per il popolo croato, a cui vi aderirono proprio per una precisa volontà di delegati croati sul finire della Prima Guerra Mondiale.

Josip Broz Tito se ne torna quindi a casa, nella sua terra d’origine, rimosso e ripudiato da chi era suo “pioniere” (come venivano nominati tutti gli alunni dopo la prima classe elementare in Jugoslavia), per andare ad arricchire un museo di provincia, nella speranza forse che nessuno lo visiti e si dimentichi di lui. Perchè la Croazia ha bisogno di guardare in avanti, e per farlo sembra che debba precludersi il proprio passato, basare il proprio futuro su un’altra storia o comunque saldare il proprio presente a quelli che sembrano essere sempre di più dogmi di partito.

Foto: Dieter Zirnig

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

Leggi anche

BALCANI: Operazione Oluja, il ricordo della pulizia etnica

L'Operazione Oluja, condotta dall'esercito croato nell'estate del 1995, divide ancora Serbia e Croazia. I due paesi, dopo trent'anni, si accusano a vicenda e ricordano solo le proprie vittime.

Un commento

  1. Emilio Bonaiti

    Viene alla mente l’Italia del 1945 e Mussolini…

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com