MOLDAVIA: Un paese conteso tra Russia ed Europa

Le elezioni parlamentari che si sono tenute domenica 30 novembre nella Repubblica di Moldavia hanno assegnato nuovamente una maggioranza alla coalizione di governo, denominata Coalizione pro-europea, guidata dal Primo Ministro Iurie Leancă, che ha complessivamente ottenuto 55 dei 101 seggi del parlamento monocamerale di Chișinău. I restanti seggi sono stati divisi tra il Partito Socialista, a sorpresa primo partito a livello nazionale, e il Partito Comunista, entrambi sostenitori di un riavvicinamento della Moldavia alla Russia, con un conseguente distanziamento dall’UE. La partecipazione è stata del 55.86%, ovvero inferiore di circa 10 punti percentuali rispetto alla tornata del 2010.

La compagine liberal-socialista

La Coalizione pro-europea è composta da tre partiti principali: il Partito Liberal Democratico (20,1%), il Partito Democratico (15,8%) e il Partito Liberale (9,6%) che, uniti, raggiungono il 45% circa dei voti. I tre partiti, malgrado una turbolenta convivenza nella passata legislatura, si sono detti pronti a una nuova alleanza di governo. I tre partiti fanno parte, in qualità di osservatori, dei tre più importanti gruppi del Parlamento Europeo, i socialisti del PSE (di cui fa parte il Partito Democratico), i conservatori del PPE (di cui fa parte il Partito Liberal Democratico) e i liberali dell’ALDE (di cui fa parte il Partito Liberale). In questo senso la coalizione pro-europea è anche una coalizione di partiti che portano avanti ideali politici dell’Unione Europea. Un altro partito di area “europea” è il Partito Liberal Riformatore (1,56%), nato da una scissione con il Partito Liberale durante la passata legislatura, che non supera la soglia di sbarramento.

La convivenza non sarà facile, il leader del Partito Liberale, Mihai Ghimpu, fu protagonista del periodo di crisi istituzionale che, per due anni, bloccò l’elezione del presidente della repubblica. Altro pezzo da novanta dei liberali è Dorin Chirtoacă, sindaco della capitale Chișinău la cui figura è legata alle riforme che hanno avuto successo nell’amministrazione della città.

L’opposizione filorussa (?)

A prima vista l’opposizione può sembrare accomunata dalla simpatia con Mosca e dalla contrarietà dell’avvicinamento della Moldavia all’Unione Europea. Quanto basta per mettere su tutti i partiti che la compongono l’etichetta di “filorussi”. Ma non è proprio così. Il Partito Comunista (17,4%) è guidato da Vladimir Voronin, già al potere nel paese dal 2001 al 2009, anni in cui si distinse per essere “l’uomo di Mosca” ma senza eccessivo zelo. Anzi, Voronin antepose gli interessi nazionali alla fedeltà verso il Cremlino quando, a un passo dalla risoluzione della situazione in Transnistria (l’exclave russa in territorio moldavo), fece saltare il tavolo venuto a conoscenza che nella repubblica separatista venivano chiuse le scuole in lingua romena, che è la lingua parlata dai moldavi. Il suo è un “comunismo nazionalista” diverso dal filorussismo del Partito Socialista (20,5%), guidato da Igor Dodon.

Tradizionalmente il Partito Socialista era alleato dei comunisti di Voronin ma tutto è cambiato nel 2011 quando la leadership è stata assegnata a Igor Dodon, ex ministro dell’economia e candidato sindaco per la capitale, membro del partito comunista fino al 2011, quando ha lasciato il partito a seguito della crisi che ha coinvolto l’elezione del presidente della repubblica. La posizione di Dodon è estremamente critica nei confronti dell’Unione Europea, deciso a recedere dagli accordi di associazione per stringere relazioni commerciali stabili con la Russia. Tale posizione è stata ben resa dai manifesti elettorali che mostravano Dodon assieme a Putin, con diversi slogan elettorali scritti sia in romeno che in russo, a favore di un aumento dei rapporti con Mosca.

Il partito “Patria”

Al centro della campagna elettorale si è posta la figura di Renato Usatîi, uomo d’affari moldavo operante in Russia che si è candidato alla guida del partito Patria, poi escluso a pochi giorni dal voto con l’accusa di aver ricevuto fondi dall’estero, in violazione della legislazione moldava. Patria, che secondo i sondaggi avrebbe potuto raccogliere dal 10 al 14% dei consensi elettorali, si è posizionato nell’arco politico come un partito della destra filorussa, caratterizzato da un forte sentimento di contrarietà all’ideologia unionista romena e a favore dell’Unione doganale con la Russia. Dopo l’esclusione dalle elezioni Usatîi ha lasciato nella notte la Moldavia rifugiandosi a Mosca, da dove ha comunque votato presso l’ambasciata e dove è stato in gran parte favorevolmente accolto dalla comunità moldava emigrata in Russia.

Tra Romania e Transnistria

Al centro del dibattito elettorale è stato l’avvicinamento all’UE. Gli accordi di associazione per la creazione di un’area di libero scambio UE-Moldavia hanno infatti sortito diversi effetti positivi, come ad esempio un aumento delle esportazioni di vino (colpito dalle recenti sanzioni russe), mele e prugne, con una crescita delle esportazioni prevista dell’11% secondo quanto pianificato; inoltre molte imprese presenti in Transnistria si sono trasferite in territorio moldavo o hanno richiesto la documentazione necessaria per poter godere dei vantaggi derivanti da tali accordi. Tuttavia la reazione russa (che ha messo sotto embargo i prodotti alimentari moldavi al fine di danneggiarne l’economia e convincere il paese a cambiare idea) hanno spaventato molti elettori, timorosi di diventare una seconda Ucraina a causa della presenza dell’esercito russo nella regione separatista della Transnistria.

Se da una parte la questione della Transnistria è stata poco al centro del dibattito elettorale, allo stesso tempo questo tema è stato comunque considerato dalla popolazione, in un’ottica di paragone della situazione moldava a quella ucraina: entrambe caratterizzate da società divise tra il progetto europeo e quello euroasiatico e accomunate dalla presenza di movimenti separatisti. Si è quindi proiettata la situazione della Crimea e del Donbass nel contesto della quotidianità, risvegliando diversi timori, o speranze, che erano assopiti da tempo.

Tema ormai sempre più lontano dall’arena politica è quello dell’unione con la Romania, ormai sostenuto costantemente dal Partito Liberale e dalle élites culturali della capitale ma non più particolarmente sentito dalla popolazione locale, che ha visto quindi attenuarsi la frattura tra gli unionisti e i cosiddetti moldavisti. Risulta interessante notare, però, come tale tema sia stato invece più volte ripreso nella campagna elettorale per le presidenziali in Romania, dove spesso il progetto di adesione all’UE della Moldavia è accompagnato a quello della riunificazione dei due Stati di lingua romena.

Chi è Nicolò Bondioli

Studia Scienze politiche, studi internazionali e governo delle amministrazioni, curriculum in Politica e Integrazione Europea, presso il dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali dell'Università degli Studi di Padova. Lavora a una tesi sulla tutela delle minoranze etnico-linguistiche in Romania e per questo motivo svolge un Erasmus di un anno a Cluj Napoca, in Transilvania. Parla inglese, spagnolo e francese.

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Un commento

  1. “In questo senso la coalizione pro-europea è anche una coalizione di partiti che portano avanti ideali politici dell’Unione Europea”: basta leggere cosa ne pensano gli osservatori OSCE e CSI di queste elezioni, per capire quanto siano state condotte in modo “europeo”. La disparità di visibilità nei media, i guasti al sistema elettronico per il voto, l’esclusione di Usatyi (legittima o meno che sia) a sorpresa e 3 giorni prima delle elezione, la creazione di un partito clone come il partito dei comunisti riformatori per distrarre voti dall’opposizione, la predisposizione assolutamente ineguale del numero di seggi, così come del numero di bollettini forniti, così che in Russia fossero attivati solo 5 seggi, nonostante centinaia di migliaia di moldavi lavorino in Russia. Questo non mi sembra “europeo”, almeno, non confacente alla propaganda europea.

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