RUSSIA: Gazprom, cosa succede al gigante energetico russo?

di Marco Siddi

(Meridiani Relazioni Internazionali) La compagnia statale russa Gazprom è uno dei simboli del potere di . Grazie alle enormi risorse di gas naturale presenti sul territorio russo e al vertiginoso aumento del prezzo del gas nello scorso decennio, le esportazioni di Gazprom hanno garantito un enorme afflusso di valuta straniera nelle casse del Cremlino. Durante l’era Putin (dal 2000 a oggi), il controllo della compagnia è rimasto saldamente in mano a uomini vicinissimi al presidente russo, tra cui l’attuale presidente del consiglio di amministrazione, Alexei Miller, e il primo ministro, Dmitri Medvedev. Dopo anni di enormi profitti, oggi la situazione economica di Gazprom appare però più complessa. A causa dell’aumento dell’offerta mondiale del gas, la compagnia deve rivedere al ribasso il prezzo delle sue esportazioni e investire in nuovi progetti.

Il sistema Gazprom

Per capire l’importanza di Gazprom nel sistema di potere putiniano è necessario fare un salto nel passato. Gazprom nacque nel 1989 come compagnia statale, con il monopolio sul mercato del gas sovietico. Negli anni ’90, dopo il crollo dell’Urss, Gazprom venne in parte privatizzata. Col beneplacito dell’amministrazione Yeltsin (1991-1999), grossa parte degli introiti di Gazprom andò a finire nelle tasche dei membri del consiglio di amministrazione della compagnia e di loro familiari. Allo Stato non restarono che le briciole.

Subito dopo il suo arrivo alla presidenza nel maggio del 2000, Vladimir Putin decise di intervenire per fermare il saccheggio dei beni di Gazprom. In breve tempo i vertici del consiglio di amministrazione vennero rimpiazzati. Putin nominò a capo della compagnia Alexei Miller e Dmitri Medvedev, due vecchie conoscenze: entrambi avevano collaborato con Putin negli anni ’90, quando quest’ultimo lavorava nell’amministrazione comunale di San Pietroburgo. Medvedev è restato a capo del consiglio di amministrazione di Gazprom fino al 2008, quando è stato eletto presidente della Russia – al suo posto in Gazprom è subentrato Viktor Zubkov, altro uomo vicino a Putin e già primo ministro russo tra il 2007 e il 2008.

Col forte sostegno del governo centrale, tra il 2000 e il 2003 Gazprom ha recuperato gran parte delle proprietà di cui era stata illegalmente spogliata negli anni precedenti. Nel 2005 il controllo statale della compagnia è stato rafforzato con l’acquisto di assets privatizzati negli anni ’90. Contemporaneamente, l’impero economico di Gazprom si è esteso ad altri settori, in particolare quello delle telecomunicazioni. Nel 2001 la compagnia energetica ha acquisito NTV, l’unico canale televisivo nazionale indipendente dal controllo statale.

Gli anni del boom

Nel 2006 una legge federale ha garantito a Gazprom il diritto esclusivo di esportare il gas russo. Grazie anche al costante aumento del prezzo del gas nello scorso decennio, le esportazioni di Gazprom sono diventate una delle principali entrate per le casse federali. Nel 2011 Gazprom ha prodotto 513 miliardi di metri cubi di gas, pari al 17% della produzione mondiale e all’83% di quella russa.

I mercati europei sono i principali acquirenti del gas russo. I paesi dell’Unione Europea devono far fronte a una diminuzione della produzione interna di gas e alla necessità di rimpiazzare combustibili fossili fortemente inquinanti – carbone e petrolio in primis – per ridurre le emissioni di gas serra secondo i parametri stabiliti dall’Unione Europea. Il gas russo è diventato così sempre più indispensabile per l’Europa.

Per garantire le esportazioni, Gazprom ha esteso e continua a espandere la sua rete di trasporto del gas con la progettazione e la costruzione di nuovi gasdotti, tra cui Yamal, Blue Stream, North Stream e South Stream. Come garanzia degli investimenti effettuati sulle reti di esportazione, i partner europei di Gazprom firmano contratti per la vendita del gas a lungo termine (intorno ai 30 anni), in cui il prezzo del gas è legato a quello globale del petrolio.

La competizione del gas di scisto

Negli ultimi anni, il modello di esportazione di Gazprom è stato messo in difficoltà dall’estrazione del gas di scisto in altre zone del mondo. Negli Stati Uniti, la produzione di questo tipo di gas è aumentata vertiginosamente durante lo scorso decennio e ora soddisfa gran parte della domanda nazionale di gas. Gli Stati Uniti non hanno più bisogno di importare grosse quantità di gas dal Medio Oriente, le cui risorse vengono così dirottate sui mercati europei, con un conseguente abbassamento dei prezzi.

La situazione potrebbe farsi ancora più complessa per Gazprom se i paesi europei, suoi principali acquirenti, cominciassero a estrarre il gas di scisto che si troverebbe sul loro territorio. L’afflusso di ulteriore gas sui mercati europei causerebbe una notevole diminuzione dei prezzi, rendendo antieconomica l’importazione del gas russo ai prezzi attuali. Per il momento, le incertezze relative alle quantità di gas di scisto presenti in Europa e i rischi ambientali che comporterebbe l’estrazione hanno rallentato la produzione. Nel medio termine, l’estrazione potrebbe però cominciare e rendere più difficili gli affari per Gazprom.

Già lo scorso anno, Gazprom ha subito i primi effetti della crescente concorrenza nel mercato del gas. Nell’estate del 2012 il gigante energetico russo e le compagnie partner Statoil e Total hanno cancellato il progetto Shtokman per lo sfruttamento di un enorme giacimento di gas nel Mar di Barents, a nord della Russia. Al momento, i costi di estrazione e l’alta offerta di gas sui mercati globali rendono il progetto antieconomico.

Fine del monopolio nel mercato russo?

Nei prossimi anni Gazprom potrebbe ritrovarsi ad affrontare un’accanita concorrenza anche sul mercato russo. Le compagnie russe Novatek e Rosneft stanno espandendo le attività nel settore del gas e, col sostegno delle alte sfere del Cremlino, potrebbero affiancare Gazprom nel ruolo di esportatori di gas russo.

Insieme alla compagnia francese Total, Novatek sta preparando lo sfruttamento di un enorme giacimento di gas nella penisola di Yamal, nella Siberia settentrionale. L’obiettivo dei vertici di Novatek – tra cui c’è Gennady Timchenko, una vecchia conoscenza di Putin – è quello di ottenere una revoca del monopolio di Gazprom nelle esportazioni di gas russo. Dall’ottobre 2012 Rosneft è il primo produttore mondiale di petrolio e sta investendo parte dei suoi profitti nel settore del gas. L’amministratore delegato della compagnia è Igor Sechin, braccio destro di Vladimir Putin e vice primo ministro dal 2008 al 2012.

Possibili sviluppi

Di fronte alla concorrenza interna ed estera, Gazprom si trova davanti a scelte strategiche difficili. Fino a poco tempo fa, forte degli enormi proventi dello scorso decennio, la compagnia ha ignorato le conseguenze dell’arrivo del gas di scisto sul mercato globale. Negli ultimi mesi Gazprom avrebbe però ricevuto pressioni dai vertici del Cremlino per razionalizzare gli investimenti.

La razionalizzazione potrebbe portare alla sospensione di alcuni progetti molto costosi e con dubbi ritorni economici, come ad esempio il gasdotto South Stream, che entro il 2015 dovrebbe trasportare gas russo fino all’Austria attraverso il Mar nero e i Balcani. Gazprom potrebbe tentare di diversificare le esportazioni verso i mercati asiatici, dove il prezzo del gas è più elevato che in Europa. La compagnia ha avviato negoziati con la Cina, che nei prossimi anni dovrà aumentare le importazioni di energia per sostenere la crescita economica. Anche Pechino però richiede sconti e concessioni che Gazprom non è disposta a concedere – in particolare, la Cina contesta il fatto che il prezzo del gas in Asia sia significativamente più alto che in Europa e Nord America.

L’espansione sui mercati asiatici resta comunque la strategia più promettente per Gazprom, soprattutto dopo che – lo scorso settembre – la Commissione europea ha aperto un procedimento contro il gigante energetico russo. Bruxelles ha accusato Gazprom di aver utilizzato la sua posizione dominante nel mercato del gas dell’Europa centro-orientale per ostacolare la competizione e aumentare i prezzi. Se perdesse la causa, Gazprom potrebbe dover pagare multe fino a 14 miliardi di euro.

Allarmato dai recenti sviluppi, Putin sta seguendo in prima persona le nuove strategie della compagnia simbolo del suo potere. Nel solo 2011 Gazprom ha speso 40 miliardi di dollari nello sviluppo di nuovi giacimenti di gas in Russia. Di fronte alla prospettiva della concorrenza del gas di scisto sul mercato europeo, la compagnia deve investire tutte le risorse a disposizione per rimanere competitiva sul lungo termine.

articolo apparso su Meridiani Relazioni Internazionali

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2 commenti

  1. Volevo precisare il fatto che il south stream non dovrebbe essere destinato a raggiungere l’Austria, quello e` il Nabucco, ma secondo un percorso che effettivamente subisce modifiche strategico-politiche, dovrebbe raggiungere il Tarvisio.
    Per quanto riguarda l’articolo, volendo parlare dei problemi di Gazprom, dovrebbe essere essenziale fare riferimento alla politica dei prezzi del gas interna alla Russia, che Gazprom e` costretta a supportare e agli immensi sprechi di energia del mercato stesso.

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