LITUANIA: Ordine e Giustizia, estrema destra che guarda a sinistra

Ordine e Giustizia (Tvarka ir teisingumas – TT), già Partito Liberal Democratico, è un partito della nuova destra lituana. Identificato dai politologi come un partito nazional-conservatore, populista ed euroscettico, si autoposiziona “alla sinistra del centro”. Nell’ideologia e nella proposta politica, TT riprende istanze tradizionalmente ascrivibili tanto alla destra quanto alla sinistra. Ordine e Giustizia siede oggi nel Parlamento europeo nel gruppo euroscettico Europa per la Libertà e la Democrazia accanto alla Lega Nord, allo UK Independence Party, al SNS slovacco, ai Veri Finlandesi, al Partito popolare danese e al LAOS greco. Eppure si definisce un partito di centro-sinistra e sostiene la sinistra al governo a Vilnius.

Nata come Partito Liberal Democratico nel 2002, TT ha raggiunto un quasi immediato successo con l‘elezione del leader Rolandas Paksas a Presidente della Lituania, nel suo primo anno. Il successivo impeachment di Paksas ha portato alla riorganizzazione del partito stesso in Ordine e Giustizia per competere alle elezioni parlamentari del 2004. Da allora, TT è stato il quarto più grande partito nel Seimas, ed è arrivato terzo alle elezioni al Parlamento europeo e alle presidenziali.

Attenzione però. Ordine e Giustizia è sicuramente un partito populista, nazionalista e segnato dal personalismo di Paksas. Salutato dal terrorista xenofobo norvegese Anders Breivik, autore della strage di Utoya del 2011, come “uno dei partiti più rispettabili d’Europa”, con la sua aquila nel simbolo e un malcelato radicalismo, vicino al crimine organizzato russo e colpito da scandali di corruzione, Ordine e Giustizia non è un “semplice” partito antisistema. Il suo populismo, specie in tempi di crisi, rischia di minare la tenuta sociale della fragile Lituania, trascinandola verso il tracollo economico. Non a caso Paksas è stato interdetto dai pubblici uffici.

L’exploit del 2002: Paksas dalla sconfitta nel partito alla presidenza della Lituania, e all’impeachment

Il suo fondatore, Rolandas Paksas, già carismatico sindaco di Vilnius e primo ministro dei conservatori (1999; 2000-2001), dopo aver perso la corsa alla leadership del Partito Liberale Lituano, decide nel 2002 di dar vita a un nuovo progetto politico, il Partito Liberal Democratico. Paksas si candida, nel dicembre 2002, alle elezioni presidenziali piazzandosi al secondo posto con il 19,2% dei consensi. Quanto basta per andare al ballottaggio contro il presidente uscente Valdas Adamkus, considerato in patria come una sorta di autorità morale della nazione. Paksas, per sconfiggerlo, punta tutto sul “voto per il cambiamento” proponendosi come una novità nella politica lituana. Il suo populismo è stato paragonato a quello di Jean-Marie Le Pen che, nella primavera precedente, aveva sfidato Chirac per l’Eliseo, uscendone sconfitto. Paksas invece vince con il 54,7% dei consensi. Tuttavia, malgrado il nazionalismo, dichiara subito di voler portare avanti l’adesione della Lituania all’Unione Europea e alla Nato.

Nel giugno del 2002 però viene scoperto come lo staff di Paksas abbia ricevuto una donazione illegale di  400.000 dollari da un magnate russo, tale Jurijus Borisovas (Yuri Borisov), uomo d’affari connesso con il crimine organizzato, che in cambio ottiene la cittadinanza lituana. Per Paksas parte allora l’impeachment e viene destituito. Nel 2004 il partito ottiene comunque l’11,4% dei voti.

La seconda vita di Paksas e la nascita di Ordine e Giustizia

Nel 2006 il partito cambia nome, e cambia marcia. Oltre ad evitare confusione con altri tre partiti “liberali” lituani, secondo l’opinione ufficiale di alcuni membri del partito il nuovo nome rispecchia la posizione più conservatrice del partito rispetto al momento della sua fondazione nel 2002. Paksas, malgrado l’interdizione dai pubblici uffici a causa dell’impeachment di quattro anni prima, trascina il partito verso il 12,7% conquistando 15 seggi (su 141) al parlamento, e caratterizzandosi come un’opposizione “morbida” al centrosinistra al potere. Al municipio di Vilnius, nel 2007, TT entra in coalizione con i socialdemocratici di LSDP, nonostante continui ad essere all’opposizione a livello nazionale.

L’amato leader cerca intanto di rifarsi un’immagine per le elezioni del 2008 facendo circolare un film autobiografico nelle sale cinematografiche di tutto il paese. Il tentativo si rivela vano. TT raccoglie solo lo 12,7% dei suffragi, mentre triplicano i voti per i tre partiti di centrodestra, che forma un governo lasciando TT di nuovo all’opposizione assieme alle sinistre. Dopo aver eletto due europarlamentari l’anno successivo, TT lascia l’Unione per l’Europa delle Nazioni (UEN), ormai allo sbando, aderendo al gruppo euroscettico Europa per la Libertà e la Democrazia (EFD).

Showdown dopo la crisi: la strana vittoria della sinistra e dei populisti

Alle elezioni parlamentari del 2012, dove si presenta in coalizione con i Socialdemocratici e il partito del Lavoro, TT ottiene solo il 7,3% dei consensi. La Lituania, colpita dalla crisi economica, ha bocciato tutti i partiti conservatori mandando al governo il centro-sinistra. E’ stato il Partito del Lavoro (Darbo Partija) guidato da Viktor Uspaskich ad ottenere il maggior numero di voti, seguito dai Socialdemocratici. Il sistema elettorale lituano, però, ha consegnato al Partito Socialdemocratico la maggioranza relativa al parlamento (38 seggi col 18,37%) benché il Darbo avesse ottenuto più voti (29 seggi col 19,82%). Nel frattempo un nuovo partito populista e anti-corruzione, La via del coraggio, nato contro un presunto scandalo di pedofilia insabbiato, ha raccolto dal nulla l’8% dei consensi.

Il Partito del Lavoro, uscito dalle elezioni con il più alto numero di voti, non è meno populista degli altri. Il suo leader Viktor Uspaskich è un imprenditore nato in Unione Sovietica, dal torbido passato, dalla ricchezza di cui non si sa la provenienza e che nemmeno parla correttamente il lituano. Dopo le elezioni si è persino parlato di un “blocco populista” con Ordine e Giustizia e il Partito del Lavoro alleati in un ipotetico governo.

Alla fine, dopo il veto posto dalla presidente Grybauskaitė ad incaricare un partito, il Darbo, sotto inchiesta per frode elettorale e finanziamento illecito, è stato il socialdemocratico Butkevičius a formare un governo sostenuto da Socialdemocratici, Darbo, Ordine e Giustizia, e l’Azione elettorale dei Polacchi di Lituania, partito della minoranza polacca da sempre alleato di TT.

Segno che la nuova destra populista sfugge a etichette e posizionamenti, superando la tradizionale dicotomia tra destra e sinistra, dando vita a un mostro populista capace di fare presa trasversalmente sull’elettorato. Il pericolo populista a Vilnius, quindi, non è scampato. Anzi.

Foto lrtas.lt

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. Buon articolo. Bravi.

  2. “L’estrema destra che guarda a sinistra” ? Mi sembra una definizione un pò surreale, alla Gaber (ma cos’è la destra, cos’è la sinistra ?). Cerdo che sia ora di prendere atto che all’est ci sono altre sensibilità e che l’ideologia liberal-democratica di stampo anglosassone da quelle parti non attecchisce. A maggior ragione nei piccoli paesi che da sempre si sentono minacciati nella loro identità (Kundera ha scritto cose memorabili su questo argomento). Io non credo che il populismo sia un pericolo, casomai un’opportunità. E’ ora di uscire da questo incubo global-liberista che sta distruggendo il mondo, se il populismo è la medicina per guarire dal male allora ben venga. E francamente, sarebbe ora pure di parlare sommessamente su come liquidare il carrozzone europeo e la sua sciagurata moneta unica, se non altro come provocazione intellettuale.

  3. Concordo con l’affermazione sopracitata da Vlad62: “ad est ci sono altre sensibilità”. Questo lo si può percepire in tantissimi aspetti della dimensione socio-culturale dei paesi slavi e degli altri popoli dell’est Europa. Non è affatto surreale, invece, secondo me, il titolo proposto nell’articolo dell ”estrema destra che guarda a sinistra”! E’ indubbio infatti, che i movimenti di extrema destra siano movimenti di stampo socialistico, e ciò, è dato dalla loro stessa genesi che si è posta fin dai primordi, in antitesi col pensiero liberale e liberista. Questi movimenti hanno da sempre sostenuto e propugnato l’ANTI-CAPITALISMO, di più netto contrasto.
    Ciò lo si può constatare pressochè in tutti i movimenti di inizio novecento, nati come “terza via”, tra capitalismo e socialismo definibili come di Estrema Destra, futuristi e quant’altro.
    E già, perché nelle vetuste classificazioni ottocentesche contenenti i concetti di destra e di sinistra, vanno anche ricomprese le idee delle avanguardie nazional-socialiste: il fascismo fu un socialismo di tipo NAZIONALE in lotta col suo fratello maggiore (che ebbe comunque più fortuna rispetto a questi) chiamato “INTERNAZIONAL-socialismo”. Quest’ultimo in seguito a diversi processi ben definiti, doveva mutarsi in comunismo ultimo e finale, tanto da poter essere esportato ed applicato in ogni angolo della terra. Questa globalizzazione dell’economia di Stato, poteva evolversi in “un’Unione di Stati Comunisti Federati di Est ed Ovest”, ma solo dopo aver eliminato le sovrastrutture artificiali e borghesi dei valori dello spirito. Infatti la differenza più importante ed eccezionale, tra comunismo e fascismo, sta “nella totale diversità di concezione e accettazione dei valori dello spirito” . Praticamente il fascismo fu un Comunismo-Domestico basti pensare che: fu introdotto da un socialista “direttore dell’Avanti”; venne adottato come struttura di una “Repubblica SOCIALE Italiana”; a fine guerra mutò nelle forme di un partito avente per emblema una “Fiamma Tricolore”, chiamato MovimentoSociale –Destra Nazionale, e molto altro ancora. Nonostante tutto, ancora ci scordiamo dell’integrale visione economica del fascismo, franchismo e nazional–socialismo assolutizzanti un’Economia di Stato. L’intervento pubblico è divenuto, infatti, assieme alla teorizzazione assoluta dello stato-monetario, l’emblema caratteristico dell’economia interventista fascista, durante il ventennio. Il settore della previdenza, (basti pensare all’INPS), dei trasporti e di tutto l’assetto sociale-economico e produttivo di Stato, è nato sotto la dittatura!
    Premesso questo, e’ fuori discussione che la mia posizione personale ed i miei sentimenti NON hanno “simpatie o nostalgie di RITORNO” per quelle epoche. Pertanto, spero proprio che non mi si “etichetti qualcosa addosso”!!! Sul Carrozzone Europeo e sull’”EURO-SCHIAVISMO”…sono totalmente d’accordo con quanto espresso da VLAD62.

  4. Era inevitabile date le tematiche trattate che i rossobruni anti-liberali nazi-comunisti, spesso russofili ed eurasiatisti (in internet e in questo ambienti non è difficile capire che sovvenziona, tra siti che riportano a oscuri figuri russi, iraniani e compagnia) sarebbero arrivati anche qui a impestare i commenti. …

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