BOSNIA: L'avvocato del diavolo. Chi avrebbe assolto Tolimir per Srebrenica

Il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY), il 12 dicembre 2012, ha condannato Zdravko Tolimir, braccio destro di Mladić nell’armata della Repubblica Srpska, all’ergastolo per crimini contro l’umanità e genocidio.

Tanti giornali hanno riportato la notizia, mancando però di rilevare un dettaglio non secondario. Infatti, la decisione della Corte non era unanime. Soltanto due dei tre giudici hanno votato a favore della condanna, mentre un giudice era per l’assoluzione in formula piena. L’opinione dissenziente (qui il testo a p. 534) del giudice Prisca Matimba Nyambe (Zambia) è per molti aspetti sconcertante. Spaventa pensare che se un altro giudice dell’ICTY, tra Christoph Flügge, tedesco, e Antoine Kesia-Mbe Mindua, della Repubblica Democratica del Congo, avesse condiviso le idee di Prisca Matimba Nyambe, il braccio destro di Mladić sarebbe stato completamente assolto da ogni responsabilità per i fatti di Srebrenica. Riprendo qui di seguito tre passaggi dell’opinione divergente di Matimba Nyambe per dimostrare quanto sia problematico il suo ragionamento.

Tolimir un criminale? No, lo dice Mladić

In primo luogo, per dimostrare che non c’era nessuna pulizia etnica in atto in Bosnia orientale, ed in particolare a Srebrenica, il giudice Matimba Nyambe si affida alla testimonianza di Ratko Mladić. Nella sentenza, Nyambe dice che Mladić in fondo era un buon ospite: “In fact, Mladić is welcoming, offering comforts to the attendees such as cigarettes, beer and sandwiches for lunc.” (Mladić è accogliente, offre alle persone in attesa sigarette, birra e panini per il pranzo).

In seguito, cita le seguenti parole che Mladić rivolge ai bosniaco-musulmani a Potočari (vicino a Srebrenica) come testimonianza della sua buona volontà: “You can choose to stay or you can choose to leave. Just express your wish. If you want to leave, you can go anywhere you like.“ (Potete scegliere se restare qui o andarvene. Esprimete il vostro desiderio. Se volete andarvene, potete andare dove volete.) Mladić, che con le sue truppe si accingeva ad uccidere 7000 persone a Srebrenica, un atto definito dal Tribunale genocidio (in precedenza come nell’opinione della maggioranza dei giudici in questa sentenza), avrebbe lasciato libera scelta alle persone su cosa fare? È davvero sconcertante dare credito alle parole di Mladić, offendendo di fatto tutti i rifugiati, in condizione disperata, che erano lì in quel momento in totale balìa delle sue decisioni.

Nessuna intimidazione dei civili. Tutto tranquillo sul fronte di Potočari?

In secondo luogo, il giudice Prisca Matimba Nyambe continua con questo ragionamento, quando scriveI am not persuaded that the generally frightening atmosphere among the Bosnian Muslim civilians can be characterised as widespread or attributable to the few Bosnian Serb soldiers around Potočari” (Non sono convinta che l’atmosfera di paura fra i civili bosniaco-musulmani possa essere considerata diffusa o attribuibile ai pochi soldati serbo-bosniaci attorno a Potočari).

Per di più, il giudice continua, Tolimir sembrava essere una persona per bene che aveva a cuore la sorte dei rifugiati. Nyambe scrive: “In this process, [Tolimir] made sure that the population was transported safely out of the enclave and kept an eye on opportunistic criminals. The evidence is clear that the Accused never threatened anybody or forced a single Bosnian Muslim civilian onto a departing bus” ([Tolimir] ha fatto sì che la popolazione fosse trasportata fuori dall’enclave in maniera sicura, tenendo sotto controllo criminali che volevano trarre vantaggio da questa situazione. I fatti sono chiari nel dimostrare che l’accusato non ha mai minacciato né costretto nessun singolo bosniaco-musulmano a salire su un autobus).

Separare uomini, donne e bambini? Una procedura legittima

Infine, va ricordato come prima del genocidio di Srebrenica, gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini, scene delicatissime che ci riportano ad Auschwitz. Non così per il giudice Nyambe. Scrive infatti il giudice: “the separation of the able bodied men was done with a view to identifying suspect war criminals and was a legitimate procedure” (la selezione degli uomini veniva fatta per identificare potenziali criminali di guerra, ed era una procedura legittima.)

Leggete queste frasi del giudice lentamente e pensate a quelle povere persone ammassate al di fuori dei vecchi hangar a Potočari (vicino a Srebrenica), con il terrore di cadere vittima dei boia che si stavano accingendo a perpetrare il più grande genocidio in Europa dopo i fatti della seconda guerra mondiale. Riflettete anche che se un solo altro giudice avesse condiviso le idee di Nyambe, saremmo dinanzi alla negazione di un genocidio. Una negazione del genocidio fatta con le armi del diritto internazionale penale e legittimata da una corte internazionale il cui compito sarebbe quello, in ultima istanza, di difendere i diritti umani. Per fortuna ciò non è accaduto, o meglio, non ancora accaduto.

Tolimir verso l’appello. Sarà ancora una assoluzione à la Gotovina?

I giochi, infatti, sono ancora aperti. La sentenza in questione era solo la condanna in prima istanza. Tolimir vuole fare appello e il giudice, il 3 gennaio, ha esteso il termine per impugnare la sentenza di altri 60 giorni. I giudici hanno già dimostrato che possono anche annullare in appello una giudizio in prima istanza unanime, come successo nel caso di Gotovina/Markač. Gotovina fu condannato in prima istanza a 24 anni di reclusione, per aver avuto la responsabilità di comando (“command responsibility”) per l’uccisione di centinaia di persone e la pulizia etnica di 200.000 persone durante l’Operazione Tempesta (Oluja/Storm). Come aveva scritto il giudice italiano, Fausto Pocar, nella sua opinione dissenziente rispetto alla decisione della maggioranza in Gotovina, la decisione della Corte d’appello nel caso Gotovina “contraddice ogni senso di giustizia”. Purtroppo, anche questo è possibile. Speriamo che la Corte, nel giudicare in appello nel caso di Tolimir, non cada di nuovo in questo tranello: sarebbe un’ingiustizia terribile per tutte le vittime di Srebrenica e una grave sconfitta per il diritto internazionale umanitario.

Stefan Graziadei è dottorando di ricerca in “Diversity Management and Governance” (Università di Graz/Austria).

Chi è Stefan Graziadei

Dottorando in diritto internazionale all'Università di Anversa

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Un commento

  1. questo giudice se lo sono comprato…metodi balcanici evidentemente…

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