RUSSIA: C'era una volta il Patto di Varsavia, e oggi?

di Matteo Zola

Cosa vuol dire “eurasia”? Cosa fa la Russia nel nuovo ordine multipolare che governa il mondo? Non ci sono solo la Nato, l’Unione Europea, il Wto: anche all’ombra del Cremlino in questi anni sono nate organizzazioni internazionali che oggi, sotto l’impulso di Putin, arrivano persino a corteggiare (e minacciare) l’Europa. Proviamo a capirci qualcosa facendoci largo tra gli acronimi.

Dall’Urss alla Csi – Quando nel 1991 è caduta l’Unione Sovietica si è di fatto sciolto il Patto di Varsavia (dichiarato ufficialmente decaduto il 1° luglio di quell’anno) con il quale i paesi del blocco sovietico si garantivano “amicizia, cooperazione e mutua assistenza”. Esso era però un trattato imposto dall’Urss con il quale Mosca da un lato controllava i suoi stati satelliti, mentre dall’altro si poneva in antagonismo alla Nato. Alla caduta dell’Urss nasce la Comunità degli Stati indipendenti (Csi) una confederazione composta da undici repubbliche che facevano parte dell’Urss (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Ucraina, Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan, Moldavia e Russia). Solo i paesi baltici e la Georgia* non adeririono. Lo scopo era la mutua difesa militare (che avrebbe visto ancora una volta Mosca come primus inter pares) e la costruzione di uno spazio di libero scambio. Nel 2005 il Turkmenistan si è ritirato mentre l’Ucraina partecipa alla Csi senza esserne membro non avendo mai ratificato il trattato.

La Csto, tra Kiev e Teheran – La Csi mostra subito le sue debolezze e non riesce, nei turbolenti anni Novanta, a perseguire i suoi obiettivi. Nei primi anni Duemila viene dato maggiore impulso all’aspetto militare. Il Cst (trattato di sicurezza comune) viene presto trasformato in organizzazione internazionale col nome di Csto (Collective Security Treaty Organisation): un patto russo-asiatico finalizzato alla creazione di un blocco militare simile alla Nato. Il patto, firmato a Tashkent, in Uzbekistan nel 2002, vede la partecipazione delle repubbliche dell’Asia centrale e dell’Armenia. E’ una sorta di “costola” della Csi cui resta una funzione eminentemente politica. Non partecipano Ucraina e Georgia che, nel frattempo, hanno cominciato a guardare verso Occidente (alla Nato e alla Ue, anche attraverso il Guam), né l’Azerbaijan che diventando uno dei principali porti petroliferi mondiali puntava sulla politica delle mani libere. Nel maggio scorso il Cremlino ha invitato Kiev ad aderire, Yanuchovyc – che pure è da considerarsi un filorusso – ha finora preso tempo. Anche all’Iran è stata fatta un’offerta d’adesione sulla quale pesa – fino a un certo punto – la grave presa di posizione americana nei confronti di Teheran. L’adesione dell’Iran, con cui Mosca coltiva ottimi rapporti, non sarebbe presa bene a Washington.

La Sco, energia e commercio tra Russia e Cina – La Ctso ha firmato un trattato con la Sco (Shanghai Cooperation Organisation), un’organizzazione intergovernativa di mutua sicurezza e cooperazione economica cui partecipano, oltre ai membri della Ctso anche la Cina, con India e Pakistan come osservatori e l’Afghanistan in attesa di entrare. Qui per “sicurezza” s’intende quella energetica in un’area dove si concentrano anche gli sforzi di Washington finalizzati al controllo delle risorse minerarie della regione.

Il Gecf, a tutto gas – A Teheran viene firmato nel 2001 il Gas Exporting Countries’ Forum, costituito giuridicamente a Mosca nel 2008. Tra gli scopi dell’organismo internazionale ci sono la ricerca di una maggiore collaborazione tra i paesi produttori di gas. Una vera e propria Opec del gas cui partecipano Algeria, Bolivia, Egitto, Guinea Equatoriale, Iran, Libia, Nigeria, Qatar, Russia, Trinidad&Tobago e Venezuela più alcuni paesi presenti come osservatori (Kazakistan, Olanda e Norvegia). Il GEFC rappresenta, per la sua stessa natura, una importante sfida geopolitica, nonché un ulteriore segno del dinamismo russo in campo energetico secondo i dettami del decreto approvato dal presidente russo il 12 maggio 2003, che detta la “Strategia della sicurezza nazionale russa fino al 2020”. Testo che sottolinea l’importanza del possesso delle fonti dei beni strategici e non esclude l’uso della forza militare in caso di problematiche legate alla concorrenza.

L’Eurasec e l’unione doganale – La Comunità economica eurasiatica (EurAsEC or EAEC) nasce nel 2000 raggruppando alcuni membri della Csi allo scopo di creare un’unione doganale tra gli stati membri. Il 1° gennaio 2012, l’unione doganale nata due anni fa tra Russia, Bielorussia e Kazakistan diventerà un vero e proprio Spazio economico comune. L’Eurasec dovrebbe allargarsi a tutti i membri della Csi, compresa l’Ucraina, ma il Cremlino non nasconde l’ambizione di creare un’enorme area di libero scambio che comprenda anche l’Unione Europea.

Altre organizzazioni internazionali riguardano ex-membri dell’Unione Sovietica pur senza la partecipazione russa. Tra gli esperimenti più interessanti: il Guam, Organizzazione per la Democrazia e lo Sviluppo Economico, che comprende Ucraina, Georgia, Azerbaijan e Moldavia con Turchia e Lettonia come osservatori. Sotto la spinta di Viktor Jushenko, il presidente ucraino protagonista della rivoluzione aranacione, il Guam cercò attraverso lo sviluppo democratico la via d’accesso all’Unione Europea e alla Nato. Oggi ha lo scopo di diminuire l’influenza russa nella regione.

*La Georgia aderì nel 1993 e si ritirò nel 2008 a seguito del conflitto russo-georgiano per l’Ossetia del nord

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. claudio vito buttazzo

    In che senso il Guam sarebbe interessante? E per chi?

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