MACEDONIA: Elezioni /3 – Il censimento e la guerra. Un Paese sempre più solo

di Matteo Zola

In Macedonia ci si prepara alle elezioni del 5 giugno ma ancheil censimento della popolazione, previsto per il prossimo aprile, ha un grande valore politico. Poiché anche un censimento, dalle parti di Skopje, può fomentare tensioni etniche. I partiti della minoranza albanese minacciano infatti il boicottaggio e accusano il governo guidato dal nazionalista Nikola Gruevski di voler ridurre i diritti delle minoranze.

PUNTATE PRECEDENTI

Nel 2001 il Paese è stato sull’orlo della guerra civile. La piccola repubblica, che uscì incolume dalle guerre jugoslave, fu investita dalla guerra del Kosovo del 1999 durante la quale circa 350.000 profughi albanesi cercarono rifugio in Macedonia. Terminato il conflitto, i radicali albanesi di entrambi i lati del confine presero le armi per rivendicare l’autonomia o l’indipendenza per le aree a maggioranza albanese della repubblica. Il momento sembrava propizio per realizzare i sogni mai sopiti di una Grande Albania. L’Uck macedone attaccò di sorpresa nel gennaio 2001, il governò reagì con ritardo e quando lo fece si lasciò andare a rappresaglie. La Macedonia, governata all’insegna della pace e della concordia fino al 1998, aveva visto in pochi anni crescere il nazionalismo e l’intolleranza fra le sue principali etnie: albanesi, da un lato, e macedoni (serbi o bulgari) dall’altro.

LA PACE DI OHRID

La Pace di Ohrid arrivò nel giugno del 2001, anche grazie all’intervento Nato. Il governo macedone garantì che avrebbe migliorato i diritti dei cittadini di etnia albanese, cioè il 25,3 % della popolazione, accanto al riconoscimento dell’albanese come lingua co-ufficiale, aumentando la partecipazione degli albanesi nelle istituzioni governative, nella polizia e nell’esercito. Il nuovo modello di partecipazione e decentralizzazione, uscito dalla Pace di Ohrid, favorisce però le minoranze superiori al 20% della popolazione complessiva, che è di circa due milioni.

IL CENSIMENTO CONTRO GLI ALBANESI?

I partiti albanesi temono che il censimento possa essere usato per dimostrare che il numero di albanesi è inferiore al 20%, e per questo chiedono che si tenga ad agosto, per includere la vasta diaspora albanese di ritorno a casa durante la stagione estiva. Senza di essa, dicono, il numero di albanesi si ridurrà di circa 250.000 unità.

I leader macedoni hanno contestato questa tesi, sostenendo che il censimento non è destinato a tutti i cittadini macedoni, ma tutti i cittadini che vivono nel paese al momento del conteggio. Gli albanesi replicano che non c’è nessun albanese in una posizione di rilievo nell’ufficio statistico di Stato, il principale organo responsabile per il censimento, e temono la manipolazione dei risultati.

UN PAESE SEMPRE PIU’ SOLO

Dopo il conflitto, nel 2002, è stato condotto un censimento che ha dimostrato che gli albanesi costituito il 25% della popolazione. I macedoni erano pari al 64% e le altre comunità rappresentavano meno del 4% (la più importante era quella turca con 3,85%). Per legge si deve condurre un censimento della popolazione ogni dieci anni, così a Skopje si prende tempo. Certo nella piccola (e magnifica) repubblica di Macedonia il rischio di nuove violenze non è da escludersi, tanto più ora che l’integrazione europea sembra impossibile a causa del reiterato niet di Atene, e il paese è lasciato sempre più solo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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