UNIONE EUROPEA: Economia debole in politica debole

Il progetto Europa Futura, che la redazione di East Journal sta cercando di portare avanti a piccoli passi, nasce dall’intenzione di conoscere e far conoscere i limiti e le storture di un progetto comunitario che, però, non riteniamo debba essere abbandonato o rifiutato. Quello cui auspichiamo è la costruzione di una Europa unita anche sotto il profilo politico e non solo economico.

di Matteo Zola

L’Europa costruita sulla moneta unica sembra oggi essere fallita in primo luogo perché l’unità e la solidarietà tra Stati membri è costantemente venuta meno in questo periodo di crisi. Una crisi che, lo ripetiamo, non è solo economica ma è soprattutto morale, come testimonia il diffondersi di populismi, nazionalismi e particolarismi di ritorno. Questa Europa è giunta alla fine della sua parabola e una nuova deve risorgere, più rispettosa delle istanze locali (che i nazionalismi rappresentano) e più democratica, costruendo un’ingegneria costituzionale che riduca la distanza tra cittadini e istituzioni comunitarie.

L’attuale crisi, che da Lehman Brothers in poi fa traballare le nostre economie, è certo la crisi del modello capitalista neoliberista ma è anche un duro colpo a questa idea di Europa fondata – perdonate la semplificazione – sulla moneta unica. Un’Europa politica, forte e coesa, avrebbe saputo evitare gli effetti della crisi?

Quello che i mercati chiedono è un quadro politico stabile, in grado di sostenere strategie di lungo periodo, tenendo sotto controllo la finanza pubblica. E’ necessaria quindi una governance europea capace di gestire efficacemente i problemi. “Le istituzioni europee non sono state in grado, in un anno e mezzo, di gestire efficacemente un problema, quello della Grecia, il cui debito rappresenta solo il 3,6% del Pil della zona euro”. Commentano Angelo Baglioni e Roberto Cherubini su LaVoce.info: “Cosa succederebbe se l’Italia, il cui debito pubblico è pari a cinque volte quello greco, si trovasse in difficoltà nell’accedere ai mercati finanziari e dovesse rivolgersi ai partner europei per chiedere aiuto?”. La risposta è semplice: l’Italia dovrebbe rivolgersi a Sant’Arrangiati, come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, sulla cui testa alcuni membri dell’Unione, negli anni scorsi, hanno giocato a dadi lasciando a Bruxelles, oggi, le patate bollenti da pelare. Altro esempio di come l’Unione Europea non sia affatto unita.

Dunque che fare? Ricette economiche a gogò, soluzioni tampone, sempre e ancora economiche. Ma quando vedremo un ministro delle finanze europeo? Quando una confederazione di Stati uniti politicamente? Questa Europa non somiglia per nulla a quella pensata dai padri fondatori, da Jean Monnet, da Robert Shuman, Konrad Adenauer e il nostro Altiero Spinelli. Ancora mi domando e chiedo: che fare? Ricominciare da Ventotene, da lì è partito il primo treno per l’Europa.

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Il problema non è l’ “europa della moneta unica”. Il problema è che l’Europa è, economicamente, una costruzione incompleta. La moneta unica deve essere sostenuta da una politica economica, fiscale e del lavoro comune (fiscale!), e forse solo shock quali gli attuali possono mostrare ai governi più recalcitranti come questa sia l’unica strada.

    Monnet, Schuman, Adenaueur e Spinelli non immaginavano certo l’UE attuale. Ma credo ne sarebbero fieri: ciò che potevano immaginare era limitato dai confini della guerra fredda e della decolonizzazione. Forse l’Europa di oggi non le sfrutta appieno, ma ha potenzialità che erano inimmaginabili nel 1957.

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