UCRAINA: Yanukovich alla BBC: “Non una fuga da Kiev, ma prelevato su volere di Putin”

 

Il 22 giugno scorso la BBC ha trasmesso un’intervista all’ex Presidente ucraino Yanukovich, la prima rilasciata ad un’emittente occidentale da quando ha lasciato il Paese per rifugiarsi in Russia. Nessuna particolare dichiarazione o ammissione di colpe, se non alcune interessanti precisazioni su quanto accadde nei giorni in cui a Maidan si sparava, e nelle successive ore in cui lasciò il Paese.

L’ex Presidente, seduto comodamente in una residenza moscovita molto elegante, non nasconde la malinconia rispetto alla lontananza dal proprio Paese e si dichiara pronto a rispondere delle proprie responsabilità e di volerlo fare, così come comunicato da ormai molto tempo al Procuratore generale ucraino, in un processo dove gli atti siano pubblici e non a livello mediatico o in una corte dove non contino le prove.

Pur ritenendosi parzialmente responsabile dei morti di Maidan, Yanukovich si dichiara completamente estraneo rispetto all’ordine di sparare sulla folla che, afferma, lui non ha mai dato; lo spargimento di sangue era proprio ciò che voleva evitare e che ha voluto scongiurare il più possibile decidendo di lasciare il Paese, mentre è stato probabilmente interesse delle forze estreme e criminali che volevano prendere il controllo del potere.

La fuga, non per codardia, ma per evitare una guerra civile più grossa di quella che nei fatti è seguita a distanza di pochi mesi, è stata una decisione resa possibile grazie all’utilizzo delle forze speciali russe su ordine di Putin, senza che il Presidente russo consultasse lo stesso Yanukovich: una tesi certamente affascinante che fa emergere la scarsa considerazione di Putin verso Yanukovich. I due si sentono ormai raramente e gli argomenti sono principalmente a livello personale ed umano: non ci sono molti dubbi che Yanukovich non rappresenti più una pedina politica per Putin, e che difficilmente quest’ultimo lo sponsorizzerà per futuri incarichi. La scarsa considerazione che aveva nei confronti dell’ormai esiliato Presidente era famosa in tempi non sospetti e non potrebbe essere cambiata di molto oggi.

Yanukovich rivendica fortemente che con lui al potere a Kiev non vi era alcuna guerra, il dollaro era scambiato a 8 hrivne (attualmente a 21 circa), che gli stipendi e le pensioni erano pagati regolarmente, e che la Crimea era ucraina. Ma quella è un’altra storia perché l’intervistato non può dire – e lo si capisce chiaramente – tutto quello che vorrebbe. E così sottolinea che in Crimea, nonostante le ammissioni di Putin, non sa se ci fossero militari russi, che il referendum è stato chiaramente valido, che la gente ha scelto la pace rispetto alla guerra e che non sa dire se essa sia Ucraina o Russia, ma che bisogna accettare lo stato attuale delle cose. Come dire: cambia domanda, perché tanto non ti rispondo!

In Donbass, che è la sua terra natia e dove ha svolto a lungo il ruolo di Governatore, Yanukovich ha amici, conoscenti oltre che le tombe di genitori e parenti. È chiaramente colpito di ciò che sta succedendo, ma sostiene che il rischio di vedere trionfare l’ala estremista che ha preso il potere a Kiev ha spinto la gente – così come in Crimea – a cercare una via autonoma rispetto al Governo centrale. Non ci sono militari russi, ma solo volontari, scandisce più volte riprendendo quanto continuamente ripetuto da Putin e Lavrov, e che questi volontari russi sono davvero tanti. La Russia, tuttavia, non può disinteressarsi del Donbass, né in generale dell’Ucraina, perché – è lui a dirlo – circa il 30 per cento dei Russi ha radici ucraine, e quindi non sarebbe comprensibile un disinteressamento totale.

Yanukovich ribadisce di non aver mai rubato e alle domande precise dell’intervistatore sulle proprietà e sulla residenza di Mezhyhirya, Yanukovich dimostra poca destrezza, rivendicando prima la proprietà di un’unità immobiliare di 650 metri quadri, e snocciolando poi gaffes a sequenza parlando degli struzzi, dello zoo e del suo amore per gli animali.

Un’intervista dai tratti a volte malinconici a volte surreali, dove Yanukovich, tutt’altro che deperito, ma certamente preoccupato per la propria sicurezza, sembra ripetere un copione preparato altrove. Le proprie esperienze personali sembrano essere quelle più vere e più vive in lui, mentre gli argomenti politici e di attualità ucraina appaiono distanti a dimostrazione che è ormai ai margini dell’arena politica, che è conscio che difficilmente ci tornerà e che, sotto sotto, non gli dispiace molto rassegnarsi all’idea di godersi quanto ha messo da parte, lecitamente e (soprattutto) illecitamente, negli anni in cui è stato ai vertici dello Stato ucraino.

 

 

Chi è Pietro Rizzi

Dottorando in Relazioni Industriali presso l’Università degli Studi di Bergamo, collabora con l’OSCE/ODIHR come osservatore elettorale durante le missioni di monitoraggio in Est Europa. Redattore per East Journal, dove si occupa di Ucraina, Est Europa e Caucaso in generale. In passato è stato redattore ed art director del periodico LiberaMente, e si è a lungo occupato di politica come assistente parlamentare e consulente giuridico per comitati referendari. Ha risieduto, per lavoro e ricerca, a Kiev e Tbilisi.

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