UCRAINA: Elezioni amministrative contestate, ma i brogli sembrano a stelle e strisce

di Matteo Zola

 

Sostenitrice di Viktor Yanukovich

Il 31 ottobre scorso si è votato per le elezioni amministrative in Ucraina, un voto “contro Yanukovich e per la democrazia” come hanno titolato alcuni giornali italiani e non solo. L’attuale presidente, e il suo Partito delle Regioni, sono però usciti vincitori dalle urne e si trovano ora a governare 23 delle 27 regioni di cui è composto il Paese. Subito gli oppositori, Timoshenko in testa, hanno gridato ai brogli. Ovviamente l’opposizione gode dell’appoggio incondizionato dell’amministrazione americana.

La vittoria di Yanukovich non è stata schiacciante e in generale non supera il 30% dei consensi, secondo quanto scrive Astrit Dakli, giornalista del Manifesto: “Il Partito delle Regioni si è affermato soprattutto grazie alla debolezza dei suoi avversari”. Il quadro elettorale, insomma, non sembra frutto di una manomissione. Perché gridare ai brogli?

Alla base della protesta ci sarebbe l’organizzazione “Opora“, che si autodefinisce “indipendente” e che si occupa di monitorare il legale svolgimento delle elezioni oltre che la situazione democratica in Ucraina. “Opora” però è finanziata per intero dagli Stati Uniti e dal National Democratic Institute di Washington fondato da Ronald Regan per “promuovere la democrazia”; ovviamente la democrazia a stelle e strisce.

Fuori dall’Ucraina, finora, sono ben poche le voci critiche sulle attuali elezioni e dagli osservatori europei inviati a controllare lo svolgimento del voto in Ucraina non è stata sollevata alcuna rimostranza.

Certo -e qui facciamo l’avvocato dell’accusa- la presidenza Yanukovich sta riportando l’Ucraina tra le braccia della madre Russia: comparto energetico e militare sono già stati unificati e Kiev è sempre più una provincia di Mosca e sempre meno un Paese sovrano. L’Ucraina di oggi è lontana anni luce dall’Unione Europea e sempre più addentro all’Unione russa. E ciò dispiace agli europeisti, anche perché la Russia non è maestra di democrazia. E si potrebbe affermare, malignamente, che se i giornali europei non hanno detto nulla riguardo il voto contestato è perché le politiche di Francia, Germania, Italia, sono appiattite sulle posizioni di Mosca per le note vicende energetiche. Un appiattimento che somiglia a un vassallaggio e che impedisce alle democrazie europee di denunciare, ad esempio, i crimini dell’esercito russo in Cecenia o gli eventuali brogli in Ucraina.

E se davvero il tandem franco-tedesco (guida non solo economica dell’Unione Europea)  guarda con favore a Mosca, allora non stupisce il silenzio degli osservatori inviati da Bruxelles a monitorare il recente voto ucraino. Ma qui ci stiamo forse spingendo troppo in là con la fantapolitica. Forse.

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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