STORIA / 4: Vent'anni dopo, back in Ussr

di Susanne Scholl

Traduzione di Lorenza La Spada

/1: Il 1991, un anno chiave

/ 2: L’Unione Sovietica di fronte a una prova decisiva

/ 3: Primavera 1991, al culmine della crisi

Il matrimonio tra Eltsin e Gorbaciov (testo originale)

Nel maggio 1991 in Unione Sovietica la crisi economica era palese tanto quanto la frattura tra le élite politiche. La disputa tra i comunisti ortodossi e i riformisti diventava sempre più dura e i due personaggi che si trovavano sullo sfondo di questo caos imminente erano di nuovo il presidente del Parlamento russo Boris Eltsin e il presidente sovietico Mikahil Gorbaciov.

Ma improvvisamente i toni duri che erano intercorsi tra i due furono spazzati via. Eltsin parlava della volontà riformatrice di Gorbaciov e lo chiamava “alleato“, Gorbaciov riprese il dialogo con Eltsin a proposito dell’attuazione di un nuovo Trattato di Unione che avrebbe permesso una maggiore autonomia alle Repubbliche Sovietiche e riguardo ad un accordo sul trasferimento delle miniere di carbone russo sotto la giurisdizione della Federazione russa.

Eltsin perciò assicurò che gli scioperi dei minatori russi si sarebbero conclusi. E in effetti, una dopo l’altra, le miniere ritornarono in funzione. Proprio in quei giorni la Federazione russa si preparava ad eleggere per la prima volta un presidente direttamente scelto dal popolo. La faccenda era molto delicata. Mai prima di allora il potere sovietico aveva realmente permesso che il popolo prendesse una decisione politica così importante e non c’erano mai stati così tanti candidati agguerriti.

Boris Eltsin poteva contare sul sostegno sicuro dei riformatori. I comunisti candidarono l’ex primo ministro sovietico Nikolai Ryzhkov. Ma tutti gli intrighi politici che si andavano tessendo nelle settimane precedenti al voto di metà giugno non potevano nascondere quello che era il vero problema: il declino economico dell’Unione Sovietica.

Si discuteva a porte chiuse di probabili misure di salvataggio e di piani di riforma. Gorbaciov avanzava nuovamente la promessa di dare inizio in un futuro prossimo a delle riforme molto profonde e radicali. Tuttavia quasi nessuno all’interno della dirigenza sovietica sembrava avere delle idee concrete riguardo a questi temi. E nel frattempo i negozi erano sempre più vuoti e la gente perdeva lentamente ogni fiducia nel governo.

Ci si trovava nel momento che segnava la fine dell’impero e l’inizio di una nuova era non si fece attendere. L’Unione Sovietica sarebbe sopravvissuta ancora solo pochi mesi, ma nel maggio 1991 nessuno poteva nemmeno immaginarlo. Un sistema che si credeva eterno non poteva precipitare così velocemente.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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