SLAVIA: Gli slavi siamo noi

La rubrica “slavia”, dopo venticinque puntate, è giunta al suo ultimo appuntamento. Abbiamo visto come gli slavi siano giunti in Europa millecinquecento anni fa e come, lentamente, si siano diversificati dando origine a differenti gruppi nazionali ed entità statali che non hanno mai smesso, però, di influenzarsi a vicenda. Abbiamo raccontato l’origine di alcuni di questi stati mostrando quanto poco essi si prestino a revisionismi di stampo nazionalista e ci siamo addentrati in alcuni aspetti della cultura e della società slava prima della conversione al cristianesimo per trovarne, da un lato, gli archetipi del moderno carattere slavo e, dall’altro, mostrare ancora una volta gli elementi comuni ai vari gruppi nazionali.

La prima grande cesura nel mondo slavo è stata la conversione al cristianesimo. Un evento epocale che ha modificato per sempre la cultura slava soppiantando i vecchi valori e costumi del paganesimo con quelli provenienti dall’occidente latino e germanico. In quel momento gli slavi entrano a pieno titolo in Europa aggiungendo alla presenza geografica la compresenza culturale. Grazie alla conversione, inoltre, i popoli slavi si sono salvati dallo sterminio e dalla schiavitù cui li avrebbe condannati il paganesimo. Alcuni slavi si convertirono però al credo latino, altri a quello greco. La scelta fu molto politica e, in certa misura, estetica, ma segnò una divisione che ancora oggi perdura tra slavi cattolici e ortodossi. Nelle linee di faglia tale divisione diventerà, in tempi moderni, la scusa per guerre e atrocità ma occorre ricordare che mai, nei mille anni del cristianesimo slavo, ci furono scontri tra nazioni slave per ragioni di ordine religioso.

Una seconda grande cesura fu la dominazione straniera: i tedeschi sugli slavi occidentali; i turchi su quelli meridionali; i tataro-mongoli su quelli orientali. Dominazioni che lasceranno il segno nella cultura e nella mentalità approfondendo le differenze tra i vari gruppi. Nel momento in cui si prende coscienza della differenza nasce in alcuni la necessità della riunificazione e si diffondono così molti movimenti di emancipazione che predicano la costruzione di un grande stato federale slavo. La Russia, per le ragioni che abbiamo visto, si porrà come nazione leader con il malcelato intento di annettersi le terre di altre nazioni slave con la scusa del panslavismo.

Fino a vent’anni fa gli slavi erano “uniti” sotto la protezione oppressiva dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia mentre nei Balcani un’altra realtà federale, la Jugoslavia, riuniva gli slavi del sud. Questa “unità” andava però stretta a molti poiché percepita come il frutto di una violenza e di una imposizione. Non c’era, sotto queste entità, sufficiente spazio per l’autodeterminazione e l’emancipazione culturale. In un certo senso l’URSS ha realizzato il sogno degli slavofili distruggendone però l’essenza: la Russia si è infatti posta come nazione “madre” di tutti i popoli slavi ma in nome della modernità ha negato quei valori tradizionali che la rendevano, ai loro occhi, unica ed eccezionale.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica e la violenta dissoluzione della Jugoslavia il nazionalismo è diventato la cifra dei nuovi stati slavi. Un nazionalismo che mira a cancellare i segni della comune origine per esaltare differenze sovente fittizie e storicamente infondate. Le classi dirigenti, i ceti intellettuali, i leader politici hanno spesso deformato la realtà per crearne una che meglio si adattasse alle loro ambizioni di potere. E’ così che sono scoppiate guerre insensate come quella nei Balcani o in Ucraina orientale.

In queste puntate abbiamo cercato di mostrare quanto resti, nella cultura slava di oggi, dell’antico retaggio pagano; quali e quanti siano gli elementi culturali comuni ai popoli slavi; e quanto interconnessa sia la loro storia. Non lo abbiamo fatto per propagandare un insensato ritorno a qualche forma di unità – il processo di differenziazione continua e non è reversibile – ma per rammentare a chi ci legge quanto infondate siano le retoriche della divisione che signori della guerra e politici senza scrupoli agitano per proprio tornaconto personale.

Inoltre abbiamo cercato di far conoscere, nei limiti delle nostre capacità, un popolo che per troppo tempo ha subito lo stigma di essere qualcosa d’altro rispetto all’Europa. Non è vero. Gli slavi sono una delle anime di questo continente anche se, ancora oggi, c’è chi continua a raccontare la favola nera dell’alterità slava che servì al nazismo. Un politico italiano di bassa lega, alcune settimane fa, rispondendo a chi dichiarava la necessità di far entrare Serbia, Montenegro e Albania nell’Unione Europea, dichiarava: “Come no, avanti tutti. In Europa servono tutti tranne gli europei”. Una frase che tradisce il doppio pregiudizio di ritenere gli slavi non europei e di confonderli con gli albanesi, popolo di altra origine (e altrettanto europeo). Un pregiudizio diffuso che si deve all’ignoranza della storia e della cultura slave, così intrinsecamente europee e così legate a quella italiana (una visita al museo del Risorgimento di Torino aiuterà a capire meglio cosa s’intende).

Se non tutti conoscono ancora bene gli slavi è perché la barbarie del socialismo realizzato li ha imprigionati in un mondo a parte dal quale sono usciti da poco, scossi e cambiati, ma pronti a consegnarci quella parte di noi che non conoscevamo ancora perché, nel nostro essere europei, siamo tutti anche un po’ slavi. Finisce così questo ciclo di puntate che speriamo abbiano interessato e incuriosito i lettori magari spingendoli a fare qualche lettura in proprio o organizzare per l’estate un viaggietto in quella parte d’Europa antica e bellissima che troppo poco ancora si conosce. Ringraziamo coloro che hanno letto questa rubrica (in molti, ben oltre le attese) e diamo a tutti appuntamento al prossimo autunno quando una nuova rubrica vi accompagnerà alla scoperta di un altro grande popolo, di chi si tratta resta una sorpresa.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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4 commenti

  1. Complimenti per il lavoro fatto.
    Sarebbe interessante proponeste un minimo di bibliografia, anche se di stampo divulgativo, utile ad avvicinare ulteriormente le nostre conoscenze a quelle pressoché inesistenti della maggior parte di noi italiani. Intendo sia testi sull’Est europeo che sui singoli popoli slavi: Polacchi, Cechi, Slovacchi, Bulgari, Sloveni, Croati, Serbi, Russi e chi altro?
    Ricordo un bel libro di uno storico anglossassone (Taylor mi pare con edizione Einaudi) sulla Jugoslavia e la storia dei suoi slavi del sud, di recente un, non molto leggibile per la verità, Edgar Hosch: Storia dei paesi balcanici, sempre per Einaudi.
    Non da citare i molti sulla dissoluzione della Jugoslavia se non descrivono la storia dei Serbi e Croati almeno dal medioevo.
    Cordiali saluti

  2. mi aggiungo ai ringraziamenti per questa la serie di articoli, da cui ho ricavato informazioni che altrimenti non non mi sarei mai dato la pena di scoprire, anche a questo serve Internet.

  3. Grazie per aver pubblicato questo immenso lavoro !

  4. bravo Zola! Ne fai un libro? Lo compro subito

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