Un fermo immagine dal film debutto alla regia di Angelina Jolie, "Nella terra del sangue e del miele"

Sangue dei Balcani e miele di Hollywood

Il mio nome è “Jasmina”, e non per caso.

Mio padre era un serbo della Bosnia Erzegovina, che mi diede questo nome musulmano perché fu partigiano. Sono nata a Belgrado, la capitale dell’ex Jugoslavia. Il padre di mia madre non riusciva mai a ricordare il mio nome esotico: a quell’epoca, nella sua regione, solo gli alberi in fiore si chiamavano “gelsomini”.

Non ho mai visto un film con Angelina Jolie. Forse una volta, mezza addormentata, in aereo. Sono andata a vedere il suo film sulle guerre in Jugoslavia, “Nella terra del sangue e del miele”, perché dopo molti mesi in cui l’ho ignorato, ho dovuto affrontare tutta la polvere che il film ha sollevato tra i miei amici ed avversari nel mio ex paese.

Ho già visto lo straziante film “Grbavica” (in italiano “Il segreto di Esma”, ndt) della giovane regista bosniaca Jasmila Žbanić, che ha vinto il premio di Berlino nel 2006. E ho seguito il processo al gruppo paramilitare serbo degli “Scorpioni”. Ho intervistato le vittime di stupro (“Suitcase”, University of California Press). Quando basta, basta.

Ho sofferto come un animale, come una bambina piccola. Avevo le lacrime agli occhi, male allo stomaco ed ero sola nel grande cinema di Austin. Gli altri tre spettatori se ne sono andati annoiati e stupiti: lasciando un film girato tutto in un’oscura lingua straniera, con sottotitoli in inglese, senza effetti speciali, e con una colonna sonora mal registrata.

In realtà il film sembra una riproduzione steampunk delle tipiche coproduzioni belliche girate nell’ex Jugoslavia. Film con Richard Burton nel ruolo di Tito, o altre produzioni di più bassa lega con attori locali un po’ ingenui e regia basilare.

È un film onesto, commovente e totalmente reale: prima di questo, ogni volta che qualche straniero cercava di dirmi qualcosa sulle “mie guerre”, mi mandava in bestia, non importa con quale atteggiamento mi approcciasse: politicamente corretto, umanamente sbagliato, o razionale, o aggressivo.

Una volta intervistai una donna stuprata, immediatamente dopo che era stata violentata dal postino del suo stesso villaggio, un amico di suo figlio, dell’età di suo figlio. Disse soltanto, “Mi ha toccato ma lo perdono, questa è una guerra, non sapeva ciò che faceva, mio figlio è là da qualche parte sulle montagne, Dio sa cosa stia facendo lì pure lui“.

È così che le donne spesso parlano e perdonano in Bosnia, cristiane o musulmane. Ma l’uscita allo scoperto di queste donne coraggiose, per la prima volta nella storia, ha permesso di criminalizzare lo stupro di guerra come un crimine contro l’umanità.

La storia d’amore molto discussa tra lo stupratore e la vittima ricorda il film culto di Liliana Cavani “Il portiere di notte”, con Dirk Bogarde nel ruolo del comandante nazista innamorato della sua prigioniera ebrea Charlotte Rampling. La relazione ardente prosegue anche in tempo di pace contro ogni avversità: anche “Il portiere di notte” è stato fortemente discusso da tutte le parti quando è uscito molti anni fa. Mentre durante le mie guerre, molti matrimoni misti di ogni giorno divennero tutto d’un tratto storie di secondini e prigionieri.

I commenti dei personaggi pubblici regionali dell’ex Jugoslavia sono deliranti: Vedrana Rudan, romanziera best-seller croata dice nel suo blog: “Questo film di Angelina Jolie sullo stupro è certamente scioccante, veramente scioccante. Certo, chi può girare un miglior film sullo stupro dello stupratore stesso?“. Intende dire gli americani, Hollywood, la NATO…

Un sopravvissuto di guerra dice di Jolie che è una donna coraggiosa e intelligente,  che ha osato affrontare un argomento tanto terribile, e come sopravvissuto ai campi testimonia: ogni cosa nel suo film è vera.

Rade Šerbedžija è forse il più talentuoso attore vivente dell’ex Jugoslavia. Ora lavora a Hollywood. Rade, che è serbo, ha interpretato il famoso generale serbo e criminale di guerra, Ratko Mladić, arrestato quest’estate dopo anni di macchia. Egli ci offre una interpretazione fantastica di un criminale di guerra; il miglior cameo di tutto il film, la banalità macbethiana di un cattivo criminale new age punk, senza morale, limitato dalla vuota, ubriaca retorica di genocidi e pulizie etniche.

Nella parte serba della Bosnia, dove è stato perpetrato il genocidio sulla popolazione musulmana, la pellicola non è benvenuta. Probabilmente non verrà mai proiettata laggiù, e i politici locali non risparmiano la star di Hollywood dello stesso abuso di retorica che i loro predecessori usavano contro i musulmani.

Nella Serbia vera e propria, i tabloid di destra hanno accusato la Jolie di essere di parte e di aver fatto radicali dichiarazioni antiserbe. L’attrice ha negato, ma ha deciso di non andare a Belgrado per promuovere il suo film. Si possono comprendere le sue ragioni. Ha già presentato la sua pellicola a Sarajevo e Zagabria e ricevuto ovazioni.

Non penso sia un dovere morale di Angelina Jolie girare dei film sulle Guerre dei Balcani. Non era nemmeno dovere di Susan Sontag o Levi difendere Sarajevo negli anni ’90, sotto assedio serbo. Ma coloro che sì ebbero un dovere morale, l’ONU e la NATO, non fecero molto al riguardo, mentre i serbi in Serbia vivevano nel diniego. Qualcuno deve pulire le macerie. E mi spiace molto non sia un film  di Belgrado bensì di Hollywood. Ancora una volta la Serbia ha perso un’occasione storica per reclamare il suo senso morale. E davvero, chi avrebbe potuto girare un film migliore sugli stupri degli stupratori stessi!

Le mie amiche femministe degli Stati Uniti vogliono usare il film della Jolie per supportare le campagne contro l’abuso delle donne negli stupri di guerra. Ma le mie amiche femministe delle attuali zone di guerra non sono propense a vedere le loro tragiche vite usate come materiale per i prodotti di Hollywood.

Troppo recente, troppo fresco, troppo doloroso, direbbero i critici; ma solo facendo i nomi dei colpevoli gli innocenti saranno liberi. Come ha dichiarato la Jolie alla stampa, ha vissuto circondata dalla stampa per molti anni, e ora ha finalmente una storia da raccontare loro. Ebbene, certa gente ha molte storie oscure da raccontare, mentre difficilmente ci sarebbe qualcuno disposto ad ascoltarle. Non sono eroiche e non hanno un lieto fine.

Questo film di Angelina Jolie non porterà pace alla regione. Ad ogni modo, la triste storia che racconta è senz’altro la storia della cosiddetta pace regionale odierna.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. grazie per questo articolo; grazie per avermi fatto pensare.

  2. Bella Filip…potresti mettermi il link dell articolo originale?
    grazie
    Giorgio

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