RUSSIA: Tra iconografia politica e trovata commerciale. Le t-shirt putiniane

Da MOSCA – Sono in vendita dalla scorsa estate al GUM, i grandi magazzini sulla Piazza Rossa, le magliette della nuova collezione “Vsë putëm” del gruppo AnyaVanya (i nomi sono i diminutivi dei due designer, Anna – Anja – Trifonova e Ivan – Vanja – Eršov). Il duo di stilisti ha esordito nel 2010 con la linea “I 33 zar”: 16 modelli di t-shirt e felpe con le immagini di vari imperatori noti della storia russa. “Volevamo continuare a seguire il tema del ‘potere’ nel presente, e sono state proprio le ultime vicende politiche a prepararci il momento perfetto per l’uscita della nuova collezione” spiega Trifonova a RBK. Il nome della linea lanciata a giugno non lascia dubbi su cosa i due stilisti vogliano puntare: “vsë putëm” è un modo per dire “è tutto a posto” (non a caso è la traduzione scelta per il titolo del film “Stanno tutti bene”, “Everybody’s fine” di Kirk Jones, 2009), ma sottintende – per assonanza – anche un gioco di parole in riferimento a Putin.

È proprio il presidente della Federazione Russa a comparire sulle magliette della collezione, accompagnato da vari caption, quali “Crimea” (in caratteri latini e non cirillici), “Самый вежливый человек” (il più cortese tra tutti) o “Нас не догонят” (non ci riusciranno a raggiungere, non ci prenderanno). La compagnia AnyaVanya, oltre che vendere online (anyavanya.ru), ha allestito due vendite straordinarie in giugno e in agosto all’interno dei magazzini GUM: la prima partita, di 5000 magliette, destinata alla tre giorni di vendita di giugno (dall’11 al 13), in 24 ore è andata esurita; la seconda partita, di 8000 capi, è bastata a coprire solo la giornata dell’11 agosto. Ora il negozio “Heart of Russia” (compagnia fondata nel 2012 da tre stilisti che producono e rivendono capi propri, ma anche di altre case di moda), al terzo piano del GUM (ma presente in altri 4 sedi a Mosca, 2 a Pietroburgo, 1 a Samara, Kazan’ e Kolomna), ha deciso di mettere in vendita le magliette della collezione “Vsë putëm”. I prezzi dei capi vanno dagli 800 ai 5000 rubli (dai 16 ai 100 euro). Anche star internazionali come Mickey Rourke e Steven Seagal sono state tra gli acquirenti.

A livello legale, la compagnia AnyaVanya non ha ricevuto dal Presidente il consenso ufficiale all’utilizzo della propria immagine (gli stilisti sostengono di avergli scritto ma di non aver ricevuto risposta) né si è preoccupata di sentire i fotografi, autori rispettivamente di ciascuna delle immagini di Vladimir Putin, i quali potrebbero rivendicare danni dai 10000 ai 5 milioni di rubli. Per ora il fatturato è alle stelle, Trifonova e Eršov continuano a sfornare nuovi capi e al presidente anche questa trovata commerciale può fare brodo per la sua popolarità.

Solo in Russia una collezione con l’immagine del Presidente si sarebbe potuta rivelare tanto vincente, spiega il direttore dell’agenzia di gestione brand Depot WP Aleksej Andreev. All’estero i politici non sono di moda; il brand AnyaVanya deve sicuramente anche ringraziare la popolarità mediatica di Putin. Tuttavia, sebbene l’esempio segua puramente scopi commerciali (ma dopotutto ci troviamo nella Russia post-sovietica che respira aria viziata di capitalismo), non sembriamo essere distanti da quella osannata iconografia politica dei tempi sovietici, che voleva le immagini di Lenin, Stalin, e co. riprodotte sugli enormi manifesti delle piazze, durante le parate, sui libri, sulle medaglie, su suppellettili vari e oggetti comuni. A sua volta, quest’attitudine ad osannare l’immagine del leader come fosse il politico stesso ad essersi incarnato nella riproduzione e quindi meritevole di lode e rispetto, è da sempre insita nei russi, o meglio da quando la nazione russa ha accolto la religione ortodossa.

Se il cristianesimo cattolico e protestante ha una storia da iconoclasta, ovvero di rifiuto dell’adorazione delle icone, quello ortodosso impone di considerare le icone non come rappresentazioni del divino, ma come Dio stesso. Se in Europa i pittori di scene sacre divenivano famosi e venivano chiamati in diverse chiese ad abbellire navate e cupole, nei paesi di religione ortodossa gli iconografi rimanevano anonimi, in quanto l’icona non viene dipinta da mano e ispirazione umana, secondo la tradizione, ma direttamente dalla volontà divina. Non a caso, una delle caratteristiche delle icone è la prospettiva inversa delle raffigurazioni, come se l’occhio che osserva l’icona – l’occhio di Dio – si trovasse all’interno di essa. Andando a sostituire la religione “di Dio” con la religione “del partito”, i leader sovietici hanno saputo fornire alle masse quelle “icone” a cui erano abituate. Dai grandiosi manifesti con la faccia di Lenin alle magliette con quella di Putin, il salto non è eccessivamente grande; cambia solo la natura delle sponde del fosso da saltare, l’una ideologica, l’altra (forse) solo commerciale.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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