RUSSIA: Medvedev: “Stalin non ha vinto la guerra”

di Matteo Zola

EDITORIALE – Il presidente Dmitri Medvedev ha rilasciato, in occasione del sessantacinquesimo anniversario della vittoria della Seconda Guerra Mondiale, un’intervista fiume al quotidiano russo Izvestia. La commemorazione, celebrata in pompa magna il 9 maggio scorso sulla Piazza Rossa a Mosca, alla presenza di una quarantina di capi di Stato, è stata anche occasione per festeggiare il secondo anniversario della presidenza Medvedev. Così, quello che fu il delfino di Putin, si è preso la scena ricordando quanto fu decisivo il ruolo dell’Armata Rossa nella sconfitta del nazifascismo. “Contro coloro che cercano di falsificare la Storia -ha detto Medvedev- occorre rammentare sempre il carattere assolutamente negativo del nazismo e del fascismo, allora come oggi”. Il presidente russo rivendica anche la centralità dell’Unione Sovietica: “Senza la quale l’Europa moderna e florida che conosciamo oggi non esisterebbe”, al suo posto ci sarebbe “un enorme campo di concentramento”.

Qualcuno potrebbe obiettare che proprio l’Unione Sovietica, nel dopoguerra, è stato quell’enorme campo di concentramento paventato da Medvedev, ma il presidente pone dei distinguo: “Per parlare senza equivoci, il regime sovietico non può che essere considerato altrimenti che totalitario. Tutte le persone ragionevoli devono distinguere tra l’impresa di liberazione compiuta dall’Armata Rossa durante la Seconda Guerra mondiale e il regime che si è prodotto successivamente. Sarebbe da stupidi idealizzare il ruolo dell’Urss nel dopoguerra”.

Quanto a Stalin e allo stalinismo, Dmitri Medvedev ha dichiarato: “La vittoria non è stata del generalissimo, ma del popolo. I crimini commessi da Stalin contro il suo popolo sono imperdonabili. Mai più in Russia si dovrà assistere a un simile regime”.

Medvedev, sull’onda dell’entusiasmo, ha dimenticato come -ad esempio- l’Armata Rossa sia rimasta a guardare Varsavia in rivolta dalla sponda est della Vistola. La resistenza polacca, venuta a conoscenza dell’arrivo dei russi, organizzò l’insurrezione della città. Allo stesso modo fecero i parigini poco prima dell’arrivo degli Alleati. Ma i sovietici restarono a guardare nazisti e polacchi uccidersi a vicenda, per Stalin si trattava in entrambi i casi di nemici da annientare. Una volta “liberata” Varsavia buona parte dei patrioti polacchi finirà i propri giorni in un gulag sovietico.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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