RUSSIA: L'aggressività di un'enorme macchina inceppata

La Federazione Russa occupa un territorio grande quasi due volte quello dell’intero continente europeo. Nonostante le sue risorse siano innumerevoli, mille sono i paletti che la ancorano e le impediscono di modernizzarsi e divenire realmente competitiva. Il pugno ferreo nella diplomazia internazionale sembra rimanere l’unica alternativa per ribadire la sua autorità come superpotenza mondiale.

Da MOSCA – Il rublo si sta svalutando velocemente: a fine agosto un euro veniva scambiato a 49 rubli; oggi ad oltre 52 rubli. Il mercato petrolifero, per mettere in ginocchio l’economia russa, gioca al ribasso con il prezzo dell’oro nero al barile. Le sanzioni europee, se da un lato non danneggiano il sistema economico russo (ma anzi infliggono al proprio export un significativo ridimensionamento), dall’altro obbligano il gigante a modernizzarsi, a rendersi autosufficiente, ad autorifornirsi in tutti i settori del mercato: non è un caso che il governo russo stia proprio ora varando dei provvedimenti per incentivare la propria agricoltura.

La Federazione Russa occupa un enorme territorio ed è ricca di risorse, eppure si trova ad essere nella realtà una macchina che si inceppa facilmente e che non è capace di utilizzare tutto il suo potenziale. Il sistema burocratico fatiscente non cambia dai tempi dell’Unione Sovietica; clientelismo e nepotismo non lasciano ancora spazio alla meritocrazia (almeno ai piani alti). Da sempre il gigante russo, per sopravvivere e mantenersi forte e influente, si appella alle uniche due fonti di sostentamento sicure a sua disposizione: l’esportazione di risorse energetiche, gas in primis, in Europa e la caparbia volontà di espansione, o almeno di influenza, su quelle che erano le regioni della vecchia URSS, o addirittura dell’impero zarista. Il terreno della politica estera è doppiamente fertile per la stabilità della Federazione. Il pugno autoritario mostrato da Vladimir Putin tra i tavoli della diplomazia internazionale, gli dona quella incontrastata popolarità in casa, tra i suoi elettori, che scongiura qualsiasi minaccia di implosione stile dissoluzione dell’URSS.

Ogni volta l’incontro/scontro con il blocco euro-atlantico è occasione di rigidità, ricatti, battibecchi e frecciatine più e meno velati. È anche vero che l’interlocutore principale del “blocco” contrapposto (perdonatemi la definizione da guerra fredda), Washington, non lascia molte alternative al difficile carattere russo, giocando a tratti da bambino capriccioso, a tratti da paladino della giustizia pieno di sè, a tratti da vittima perseguitata e inascoltata.

Purtroppo i due giocatori non si rendono conto (o forse – ancor peggio! – ne sono bene al corrente) del fatto che sulla plancia del loro gioco le pedine sono popoli interi, che soffrono già, senza il loro interessamento, di crisi e dissidi interni.

Da quasi un anno è toccato all’Ucraina divenire campo di gioco e gli esiti sono ad oggi tutt’altro che chiari. I vertici internazionali (quello dell’ONU a New York a settembre, quello ASEM a Milano la scorsa settimana, per citare i più recenti) sembrano voler appositamente evitare reali faccia a faccia tra i leader, prese di posizione chiare e definitive sula questione. La situazione rimane così, in apparenza, in una stasi drammatica, mentre continua a essere giocata da dietro le quinte, silenziosamente.

Le truppe russe stanno (o almeno sembrano farlo) lasciando il territorio ucraino, ma nel frattempo il 15 ottobre il capo dell’aviazione militare russa Viktor Bondarev ha dichiarato che la base militare aerea in progetto per il 2016 in Bielorussia non sarà più nella cittadina di Baranavičy, vicina al paese NATO della Polonia, ma a Babrujsk, posizione strategica, non troppo distante dal confine ucraino. 

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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4 commenti

  1. Leandro Da Pinto

    Sarà anche una gigantesca macchina inceppata (definizione che forse andava bene nel 1989), ma nell’ultimo Global Competitiveness Report del World Economic Forum la Russia sta al 53mo posto (l’Italia è 49ma), davanti a Brasile, India, a paesi UE come Slovenia, Croazia, Grecia.

  2. Alberto Brescancin

    L’articolo è scritto molto bene, ma a mio avviso non sono stati presi in considerazione alcuni punti fondamentali.

    In primo luogo, non darei troppo peso alle sanzioni occidentali. In un contesto di mercato globale, la Russia può agilmente aggirare i limiti imposti dalle economie occidentali: è ormai un dato di fatto il riavvicinamento commerciale tra Mosca e Pechino, non solo nell’ambito delle materie prime. Inoltre, per comprendere al meglio l’inconsistenza delle sanzioni rinvio al link di Foreign Affairs, in cui si sostiene che la Russia, a differenza dell’Iran, non può essere messa in riga da queste sanzioni (http://www.foreignaffairs.com/articles/142278/eric-lorber-and-elizabeth-rosenberg/dont-mistake-russia-for-iran).
    Quindi, non direi che alla base del processo di modernizzazione troviamo sanzioni e svalutazione del rublo: si tratta invece di un progetto di riforme già iniziato con Medvedev alla Presidenza (nel 2009 già si parlava, in documenti ufficiali come la “Strategia di Sicurezza Nazionale della Federazione Russa fino al 2020”, di raggiungere un certo grado di autonomia tramite il cosiddetto импортозамещение, ossia la sostituzione delle merci importate con beni prodotti in Russia).
    Sanzioni, crolli valutari, fluttuazione del prezzo del greggio non sono altro che il pretesto ideale per incentivare l’attuazione di queste riforme. Ma, ripeto, non mi sentirei di dire che il Cremlino si senta “obbligato a modernizzarsi” da fattori esterni come quelli citati.

    Inoltre, trovo azzardato parlare di “pugno autoritario” nella politica estera della Federazione Russa. Più volte, negli ultimi anni, Mosca ha proposto una collaborazione internazionale con le altre superpotenze, su una base paritaria. Le intenzioni russe però hanno subito un arresto davanti alla massiccia espansione della NATO attorno ai suoi confini. Ma, senza rivangare la questione della NATO nel giardino di casa, basti pensare agli ultimi eventi internazionali: nel 2011 Mosca non si è opposta, in sede ONU, all’intervento della NATO in Libia; di recente, la mediazione russa in Siria ha scongiurato l’aggravarsi della crisi politico-militare dell’area. Non risulta, inoltre, che la Russia sia alle prese con bombardamenti sulle milizie dell’ISIS.
    Per quanto riguarda la crisi ucraina, è vero, è riscontrabile una forte presa di posizione da parte di Mosca. Non parlerei tuttavia di aggressività, dato che erano in gioco gli interessi nazionali della Federazione Russa.
    Le azioni della Russia sul piano internazionale si ripercuotono sulle scelte dell’elettorato nazionale? Questo è logico, e non è valido unicamente in Russia, ma anche negli USA (basti pensare al consenso che Obama tenta di ottenere tramite il “pivot to Asia” e all’importanza che Washington dà alle trattative sul TTIP) o in Europa (è lecito pensare che di recente la Francia abbia alzato la voce con la Germania proprio per ristabilire il consenso dei socialisti, in picchiata dopo le elezioni europee).
    Non è dunque chiaro perché questa tendenza, riscontrabile in molti paesi avanzati e dalla forte tradizione democratica, debba stupirci quando si presenta in Russia. Forse la Russia non ha diritto a difendere gli interessi dei propri cittadini così come fanno altri Stati? Non vorrei che, con questa malizia di fondo che vede in Putin uno che sfrutta “il pugno autoritario” per evitare l’eventuale “implosione”, si alimentasse una russofobia in grado di minare le relazioni tra Mosca e l’Occidente.

    Infine, un ultimo appunto. La situazione in Ucraina non è in una “stasi drammatica” e, soprattutto, non si sta “giocando dietro le quinte”. Al recente Asem di Milano sono state messe nero su bianco condizioni chiare sullo scambio del gas tra Russia e Ucraina, con Mosca decisa ad ammorbidire le sue posizioni. Oggi c’è stato un vertice trilaterale (Russia, Ucraina, UE) sul gas, e fra una settimana già si punta a un accordo. Le cose si stanno smuovendo: ovviamente i tempi politici non possono risolvere tutto con compromessi trovati in uno schiocco di dita. Occorre avere pazienza, sedersi a un tavolo e avviare le trattative. E per questo ci vuole tempo.

    Sulla base militare aerea di Babrujsk dico solo una cosa: la richiesta di costruire una base nel territorio bielorusso è stata avanzata proprio da Minsk. La scelta di metterla in una posizione così strategica non dovrebbe destare alcuna sorpresa: si prevedono basi NATO nel Baltico, in Polonia, in Romania, ed è comprensibile che la Russia decida di tutelarsi di conseguenza.

    Bene, ho finito con le mie osservazioni. Ho voluto esporre le mie opinioni in merito ad alcuni aspetti chiave della situazione internazionale della Russia. Si tratta, come ho detto, di miei punti di vista: mi auguro che possano sviluppare un confronto pacato e costruttivo. Credo che si debba cercare di sviscerare al meglio ogni aspetto preso in considerazione nell’articolo, presentando un quadro il più possibile completo. Altrimenti, si rischia di alimentare una pericolosa diffidenza nei confronti della Federazione Russa: una diffidenza dannosa alla politica internazionale e all’economia globale.

    • Vorrei farle i miei complimenti per questa sua analisi davvero eccellente, equilibrata ed obiettiva. Mentre leggevo l’articolo mi venivano in mente le stesse precisazioni che lei ha qui del tutto opportunamente esposto. Grazie.

      Sono convinto che quando si parla della Russia in questi ultimi tempi, soprattutto dopo l’inizio della crisi ucraina, molte fonti giornalistiche siano prevenute, mancando di obiettività e addirittura, in non pochi casi, di una mancanza di volontà di riportare le notizie nella loro oggettività o di non riportarle affatto. Tutto in senso sfavorevole alla Russia.

      Ne è un esempio eccellente l’affermazione riportata in questo articolo: “Le truppe russe stanno (o almeno sembrano farlo) lasciando il territorio ucraino”. Non ho mai saputo di truppe russe presenti in territorio ucraino. Forse l’autrice si riferisce alla farneticante propaganda del governo di Kiev, ripresa dalla stampa occidentale, che parlò di una “invisibile” invasione da parte della Russia per poter giustificare il tracollo del proprio esercito. Ma quella appunto era propaganda.

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