TURCHIA: le incertezze post elezioni, fra consultazioni e proposte per un nuovo Governo

Proseguono a un ritmo serrato le consultazioni per trovare un accordo per la formazione di un governo di coalizione. Le difficoltà di conciliazione tra le parti potrebbero portare ad elezioni anticipate: può in questo momento la Turchia permettersi ulteriore instabilità?

Nelle ultime due settimane la Turchia ha visto proseguire le consultazioni sulla formazione di un nuovo governo, dopo che lo scorso 13 luglio Ahmet Davutoğlu (primo ministro dal 2014 ed esponente del partito AKP) ha ricevuto l’incarico di condurre le negoziazioni.

A seguito delle elezioni parlamentari del 7 giugno l’AKP (Adalet ve Kalkınma Partısı, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) ha infatti ottenuto la maggioranza dei voti rispetto ai suoi rivali ma ciò non gli ha consentito di ottenere una maggioranza assoluta in parlamento: i suoi 258 seggi (su un totale di 550, dove la maggioranza assoluta è fissata a 276) rappresentano un punto di rottura nella storia elettorale del partito, e non gli consentono mano libera nella creazione di un governo.

L’iter di negoziazione

Dopo la consegna del mandato Davutoğlu ha ottenuto la possibilità di condurre le negoziazioni per 45 giorni al fine di formare un governo di coalizione: dunque entro il 26 agosto. In caso di esito negativo il testimone dovrà passare al rappresentante del secondo partito più votato, Kemal Kılıçdaroğlu esponente del kemalista CHP (Cumhuriyet Halk Partısı, Partito Popolare Repubblicano), che si è guadagnato questa posizione con il 25.13% dei voti e 132 seggi.

Se anche questa dovesse profilarsi come un’impresa impossibile, la costituzione turca prevede il costituirsi di un governo rappresentativo di tutti i partiti usciti vittoriosi dalla soglia di sbarramento del 10%, col compito di organizzare elezioni anticipate entro 90 giorni.

Gli attori coinvolti

Durante questa intensa ricerca di conciliazione la delineazione di scenari possibili appare molto incerta: ciò che accomuna i vari partiti usciti vittoriosi dalle scorse elezioni sembra essere in sostanza l’ostilità dimostrata contro l’ex egemone AKP piuttosto che una visione comune di come il governo dovrebbe prendere forma.

Inoltre dal 7 giugno scorso ad oggi si sono susseguite numerose dichiarazioni degli esponenti dei vari partiti in merito a possibili coalizioni di governo, con continui rilanci e contraddizioni; in sostanza questa confusione sembra aver fatto presa sia sugli gli analisti sia sui partiti stessi.

E se anche questa coalizione dovesse profilarsi all’orizzonte, il CHP, il MHP (Milliyetçi Hareket Partısı, Partito del Movimento Nazionalista) e l’HDP (Halkların Demokratik Partısı, Partito Democratico dei Popoli) avrebbero adesso il potere di schierarsi apertamente e direttamente in parlamento contro le politiche dell’AKP e il tanto discusso piano di rivisitazione della Costituzione in senso presidenzialistico promosso dal leader del partito e presidente della Repubblica, Tayyip Erdoğan.

Se l’impasse può definirsi generale, l’attore che di certo sta subendo più la situazione pare essere proprio l’AKP, non abituato in questi lunghi 13 anni a dover tenere conto delle esigenze di altri attori nella costituzione di un governo.

La necessità di un accordo fra le parti

Ciò che può esserci di garantito è che gli accordi che verranno presi in vista di una coalizione e la composizione della stessa risentiranno e influiranno su quelli che sono i temi caldi per il paese, sia di breve sia di lungo respiro: la situazione militare e di guerriglia al confine orientale, la ripresa del processo di pace con il PKK e infine i progetti di investimento sulle infrastrutture.

A tal proposito e in quest’ottica bisogna leggere l’intervento di Ibrahim Çağlar, capo della camera di commercio di Istanbul (ITO) e membro fondatore dell’AKP, che in un’intervista rilasciata la scorsa settimana ha dichiarato che la miglior scelta per il paese (e per gli ambienti economici turchi in generale) sarebbe quella di una comunione di intenti fra AKP e CHP. Se da un lato possono rappresentare l’uno l’antagonista dell’altro, cionondimeno Çağlar ha sostenuto come adesso sia di vitale importanza garantire stabilità al paese e scongiurare la possibilità di nuove elezioni anticipate. E chi potrebbe farlo, se non i due partiti che hanno ottenuto la maggior percentuale di voti?

Post egemonia AKP: una possibilità democratica

Questa necessità di compromesso fra le parti mette la Turchia, per la prima volta dal 2002 ovvero dall’inizio dell’egemonia dell’AKP in parlamento, in una situazione in cui le parti necessitano di ascoltarsi l’un l’altra: in accordo con Ahmet Han, è possibile sostenere che un governo di coalizione potrebbe far progredire la Turchia nel suo cammino democratico. Se è possibile definire la politica un meccanismo attraverso il quale si cerca di trovare consenso attraverso il compromesso, questa potrebbe essere la sfida adatta ad un paese diviso ideologicamente in modo così profondo come la Turchia, dove per quasi 13 anni il partito al potere ha sistematicamente ignorato e represso le voci di cittadini che non avevano rappresentanza in parlamento, ma che restavano (e restano) cittadini con eguali diritti.

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Chi è Chiara Bastreghi

Laureata presso l'Università degli Studi di Torino nel corso Global Studies con indirizzo Medio Oriente (Facoltà di Scienze Politiche) con una tesi sulla questione identitaria turca, dal titolo "Kemalism and Neo-Ottomanism, a comparison: the two ideologies in light of the Syrian Civil War". Nata a Siena il 27 marzo 1987.

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