POLONIA: L'estrema destra che salva Grillo. Chi è Janusz Korwin-Mikke, al di là degli slogan

Si chiama Janusz Korwin-Mikke, è un politico polacco di lungo corso, recentemente balzato alle cronache per la sua alleanza, in sede europea, con il Movimento Cinque Stelle. Di lui si sono lette le dichiarazioni più controverse, quelle che fanno notizia, ma non un solo rigo sulla sua carriera politica. Proviamo a colmare il vuoto.

L’alleato di Walesa

Janusz Korwin-Mikke appartiene all’area ultra-nazionalista polacca. Non un moderato, certo. Ma furono questi estremisti a impegnarsi nella lotta al comunismo durante gli anni del regime. L’errore, semmai, è stato ritenerli interlocutori validi dopo la caduta del Muro da parte di coloro che, ignorando la reale essenza di questi personaggi, ne ha fatto simboli ed eroi. Sorprenderà alcuni, ma non i più smaliziati, sapere che Janusz Korwin-Mikke fu uno dei collaboratori più stretti di Lech Wałęsa, il leader di Solidarność, il sindacato polacco che lottò aspramente e coraggiosamente contro il regime comunista, consegnando la Polonia (e, indirettamente, l’est Europa) alla transizione democratica.

Wałęsa è oggi noto per le sue posizioni radicali nell’ambito dei diritti civili e delle minoranze, e il santino costruito intorno a lui negli anni dello sgretolamento dell’impero sovietico mal si concilia con le dichiarazioni di un uomo intollerante, fondamentalista cattolico, accecato dal nazionalismo e dall’anti-comunismo. Le sue, tuttavia, non sono le traveggole di un vecchio leone in pieno rimbambimento ma le idee di sempre. E non ci si deve sorprendere: per combattere la dittatura c’era bisogno di spiriti votati al sacrificio, e solo gli animi più radicali possono in certe imprese. Ecco perché le dichiarazioni di Lech Wałęsa sono coerenti con quelle di Janusz Korwin-Mikke che, in Solidarność, ricoprì il ruolo di consigliere dello stesso Wałęsa.

La prigionia e le idee

Una carica meritata, visto che per Solidarność il nostro Janusz Korwin-Mikke è anche finito nelle galere del regime. Correva l’anno 1982 e l’imposizione della legge marziale fece finire in prigione gli oppositori politici. Una destino ineluttabile per uno che già nel 1965, all’età di 23 anni, fu arrestato per le sue idee anticomuniste. Il suo impegno contro il regime gli costò l’interdizione all’università (si laureerà poi da esterno, in filosofia). Nel 1968 subirà una seconda detenzione per aver partecipato alle proteste studentesche. Quella di Korwin-Mikke era la lotta contro l’oppressore politico interno, il Partito comunista polacco, ma anche contro il suo padrino russo. L’antirussismo è un elemento caratterizzante del nazionalismo polacco (in certa misura anche comprensibile, dopo tanti secoli di sventure made in Moscow, ma senz’altro pregiudiziale e irrazionale). E anche l’antisemitismo è un elemento proprio di quei nazionalisti à la Solidarność, poiché il cattolicesimo radicale porta con sé germi di antisemitismo (chi scelse Barabba?) in una società, come quella polacca, in cui il pregiudizio verso gli ebrei è antico quanto la loro permanenza nel paese.

L’antisemitismo e il nazionalismo di  Janusz Korwin-Mikke sono dunque un tipico prodotto della destra polacca, una delle più estreme d’Europa, forgiatasi nella lotta al comunismo ma profondamente anti-democratica. Korwin-Mikke, all’indomani della caduta del regime, fondò un periodico in cui cominciò a esprimere le proprie idee in merito a ebrei, donne, democrazia: le donne sono influenzate dallo sperma maschile e non possono avere diritto di voto; Hitler non era al corrente dell’eliminazione degli ebrei; la democrazia è la più stupida forma di governo mai concepita (Korwin-Mikke si è sempre professato monarchico). Idee portate avanti anche con l’impegno politico: candidatosi per quattro volte alla poltrona di presidente della repubblica, ottenendo sempre il 2% circa dei voti, fonderà nel 2011 il Congresso della nuova destra con il quale otterrà il 7,15% dei consensi alle elezioni europee del 2014. Quella di Korwin-Mikke è un’estrema destra “vecchio stile”, seria, decisa, con precisi riferimenti culturali e poco conta l’attuale marginalità politica: l’estrema destra non ha fretta. E il suo leader, baffo da filosofo, ricorda un Marinetti ma senza poesia. Ed è la poesia che ha salvato Marinetti dall’essere solo un “vate del fascismo”.

Un tram chiamato Bruxelles

Staccato il biglietto per Bruxelles, il partito di Korwin-Mikke si vedrà rifiutare l’alleanza dal Front National di Marine Le Pen che giudica il polacco “troppo estremista”. Ma in Europa c’è una “nuova destra” che, abbandonati i simboli tradizionali, usa la cosmesi come arma mostrandosi bella anche per coloro che un’estrema destra tradizionale non la voterebbero mai. Il gruppo “Europa della libertà e della democrazia diretta” (Efdd) costituito nel parlamento europeo dal Movimento Cinque Stelle e dal Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (Ukip), guidato dal discutibile Nigel Farage, ha chiesto una mano al Congresso della nuova destra di Janusz Korwin-Mikke. Perché? Il regolamento europeo vuole che in ogni gruppo consti di 25 deputati e che siano rappresentanti almeno sette paesi. L’Efdd, dopo appena un mese di vita, ha registrato la defezione di una deputata lettone e rischiava lo scioglimento. Ecco allora che un accordo con Korwin-Mikke salva la situazione, e un deputato polacco (tale  Robert Iwaszkiewicz) arriva a infoltire le fila del gruppo.

Grillismo, fascismo post-moderno?

Come possano gli elettori del Movimento Cinque Stelle accettare questa coabitazione è un mistero, a meno che – semplicemente – non condividano le idee dell’Ukip, che sostiene l’inesistenza del riscaldamento globale ed è contrario all‘immigrazione (nel Regno Unito, ovviamente) di “gente che ruba il lavoro” proveniente dall’Europa meridionale, Italia compresa. O le idee xenofobe e patriarcali di Farage e Korwin-Mikke, con l’antisemitismo di quest’ultimo. O persino l’ultraliberismo – il polacco è un estimatore di Hayek; l’inglese, più prosaicamente, un ex-broker della City. Insomma, dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Forse proprio la vocazione ultraliberista e finanziarista è l’elemento distintivo di questa “nuova estrema destra”, mentre quella tradizionale ha come elemento distintivo proprio l’avversione alla finanza. Forse invece tutto si tiene nel fascismo post-moderno. L’arrivo del deputato polacco getta comunque una luce, per chi ancora avesse avuto dubbi, sulla reale natura del Movimento Cinque Stelle, o quantomeno della sua leadership: la “nuova destra” è servita. E puzza di vecchio. 

Foto: Agencja Gazeta

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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10 commenti

  1. Peccato che tra tanti articoli degni di nota dell’East Journal ,che apprezzo, ogni tanto ve ne sia uno che nulla a che fare con l’approfondimento culturale, ma contiene meramente becere considerazioni di bassa politica ad uso interno.
    E’ il caso di questo articolo, e in particolare della frase di chiusura, palesemente stridente con la realtà di ciò che succede nel Parlamento italiano e con il programma dichiarato del M5S, forse l’unica forza politica che parla seriamente di sviluppo sostenibile e non solo di crescita a tutti i costi. Oltretutto vagamente offensiva nei confronti di quell’italiano su quattro che ha posto fiducia nel movimento, forse nell’opinione dell’autore dell’articolo meno perspicace di altri.

    • caro Massimo

      nessuna intenzione di offendere nessuno, fossero anche il 100% gli italiani che votano un dato partito non mi esimerei dal criticarlo se ve ne fosse ragione. E trovo che l’alleanza in sede europea (di quella si parla, non del parlamento italiano) con un ultranazionalista, antisemita, monarchico, fondamentalista cattolico, sia criticabile. Si può non essere d’accordo con me, e ritenere questa vicinanza con il partito di Korwin-Mikke sia un “male necessario” oppure che non sia neppure un male. Questioni di punti di vista. Ho espresso, come è lecito, il mio.

      Mi spiace che consideri “becero” il mio punto di vista, ma tant’è. Se il signor Korwin-Mikke non fosse stato polacco non ne avrei forse parlato, e comunque non ho ragioni di ordine “interno” per parlarne. La mia opinione la legge nell’ultimo paragrafo, che giustamente critica, mentre il resto dell’articolo è un’analisi del personaggio che mi sembra in altre testate sia mancata. Certamente c’è, nell’ultimo paragrafo, la volontà di provocare una reazione nei lettori. Poiché so che molti sono elettori del M5S semplicemente mi chiedo (e chiedo, con un filo di polemica) come fanno ad accettare simili alleanze senza essere critici e senza rifiutarle. Poi si può continuare a votare il partito che si vuole, in modo critico oppure convintamente, ma farlo informati è meglio.

      La ringrazio per il commento

      Matteo

  2. Perché chiamare il PZPR polacco Partito Comunista e non partito operaio unificato polacco?

  3. Condivido l’opinione di Massimo, gli ultimi due paragrafi sono sinceramente una caduta di stile e di analisi per il blog. Mi pare di leggere fra le righe uno schematismo vecchio stampo influenzato da motivazioni politiche. Ogni articolo ha una sua tendenza soggettiva, ma qui si va ben oltre. Si dice a chiare lettere che il M5S è la nuova destra e che puzza di vecchio (“inteso fascismo”). Se ne diano le prove, l’autore come giustifca la lotta per i diritti LGTB in parlamento dei 5 stelle, è fascismo? la lotta per la cooperazione internazionale, per l’ambiente, etc. etc…. Insomma più che di una provocazione si tratta di una caduta di stile. Tanto è vero che storicamente ci sono stati diversi casi di momentani “accordi” fra fascisti e non. Si pensi a Pannella al parlamento europeo, si pensi alla sorella di Cucchi che va a Casa Pound, etc. Criticare e problematizzare il gruppo EFDD al parlamento europeo è giusto e necessario, ma penso che non bisogna perdere la bussola. Le conclusioni dell’articolo più che una provocazione a me sinceramente sembrano avere un chiaro intento politico…….

  4. Articolo interessante, anche se mi sorprende l’associazione finale di questi gruppi con il liberismo e con la finanza (cosi come mi sorprende molto che questo leader polacco sia un simpatizzante del laissez-faire), ho l’impressione che si tratti di gruppi con posizioni politiche spesso fumose, un fascista autentico o un estremista della destra tradizionalista comunitarista difficilmente sosterrebbero Hayek e il liberismo.

  5. Scusa Matteo, ma Kuron, Michnik, Modzelewski, Geremek e Mazowiecki ti sembrano radicali? Furono loro, l’ala più moderata di Solidarnosc, a prendere le redini dell’opposizione e a dare il via alla transizione. Erano i cervelli di Walesa. Che, a parte le castronerie che va dicendo e il modo in cui ha gestito la sua presidenza, di questa cordata ha fatto parte. Tanto che i Kaczynski, saliti al potere, hanno cercato in tutti i modi di fargliela scontare. Dire che Walesa è fondamentalista e che sono stati i personaggi alla Korwin-Mikke a fare la rivoluzione polacca è a mio avviso riduttivo della complessità di un movimento di liberazione come fu Solidarnosc. Che, essendo ampio e frastagliato, teneva dentro anche degli impresentabili. Va da sé. Ciao,

    M.

    • Ciao Matte

      riduttivo lo è senz’altro. Ho calcato un po’ la mano su una cosa che però bisogna dire: l’opposizione al comunismo (santissima cosa) non fu fatta proprio da sinceri democratici. Ecco… Un saluto omonimo

      • Credo ancora che tu ti stia sbagliando. Le deviazioni strambe o non democratiche sono prevalentemente avvenute non a monte, ma a valle. Sono frutto di un processo di diversificazione dei cammini e delle offerte politiche, com’è naturale che sia stato. Orban nel 1989 era un giovane liberale, paladino dei diritti civili. Solo per farti un esempio.

  6. Articolo interessante – come sempre su EJ – ed effettivamente necessario.

    Un solo appunto a margine: poiché EJ mi pare si proponga – nonostante il taglio agile e divulgativo – a un pubblico competente e smaliziato, che include specialisti, credo che sia il caso di fare più attenzione all’uso di certe categorie. Ad esempio, “comunista”, “real-socialista” e “sovietico” non sono sinonimi né etichette intercambiabili. Non è una questione di posizionamento politico, ma di pulizia analitica: “comunismo” è una categoria troppo ambigua e ideologicamente carica per essere legittima in qualsiasi sede che aspiri a fare buon giornalismo (e a maggior ragione analisi politologica o storica). Questo ovviamente è un vizio diffusissimo e non specifico dell’Autore, che pure non pare voler far mistero di una (del tutto legittima) vocazione liberale. Però credo che anche nella storiografia e nel giornalismo di impostazione liberale sia ora di cominciare a guardare all’intersezione tra esperienza real-socialista/sovietica e comunismo in modo più raffinato (e potenzialmente più produttivo).

    • Caro Matteo

      ha ragione nella sua critica, tendenzialmente uso la definizione “regimi comunisti” per parlare di quegli stati dal 1945 al 1989. Quasi a sinonimo scrivo spesso “socialismo reale” per indicare taluni aspetti o politiche di quegli stati. “Sovietico” lo uso solo in riferimento alle politiche o alle azioni messe in campo dalla Russia durante il suddetto periodo. Per ragioni di immediatezza non scrivo mai sigle o definizioni, senz’altro più corrette, ma che rischiano di confondere il lettore meno esperto su tali questioni. Ad esempio il signor Silvio, poco più sotto, si chiede perché ho chiamato “comunista” il PZPR polacco (partito operaio unificato). Non l’ho fatto per semplificare. Se si fosse trattato di un articolo sugli anni del regime in Polonia sarei stato più attento, ma parlando d’altro ho pensato non fosse necessario.

      Se mi volesse suggerire un migliore utilizzo di questi termini, pur tenendo conto la necessità di semplificare, farò mio il suo consiglio.

      Non è mia intenzione fare di tutta l’erba un fascio. So che dire “comunista” non vuol dire “bolscevico” né “socialismo reale”. Per trasparenza le dico che la mia cultura non è eminentemente liberale, diciamo che tengo Carlo Rosselli sul comodino. Non so se questo depone a favore o a sfavore. 🙂 Cordialmente

      Matteo

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