MAFIJA: Russia e Serbia contro la mafia kosovara

di Kaspar Hauser

La Serbia ha firmato a Belgrado con la Russia un accordo di cooperazione nella lotta contro il traffico di stupefacenti. L’intesa, siglata dal ministro dell’interno serbo, IvicaDacic, e dal direttore del Servizio federale russo per il controllo sulle droghe Vladimir Ivanov, mira in particolare a contrastare i traffici di stupefacenti che corrono lungo la cosiddetta “rotta dei Balcani”, di cui la Serbia è un anello determinante.

Lungo tale direttrice, è stato sottolineato, transita gran parte dell’eroina prodotta in Afghanistan e destinata all’Europa occidentale. Ivanov ha osservato come, stando alle informazioni di Europol, il Kosovo costituisca una importante base logistica per l’invio e la distribuzione della droga in Europa. Secondo il direttore del Servizio federale russo per il controllo sulle droghe, Vladimir Ivanov, ogni anno dai Balcani passa verso i paesi dell’Ue circa 150 tonnellate di eroina.

Durante una conferenza nell’Accademia di Polizia Serba, Ivanov ha avvertito della necessita di un’unione dei paese dei Balcani per la lotta comune contro il traffico di eroina, dal momento che da questo spazio sta aumentando rapidamente il fatturato proveniente da questo traffico. Mediante i percorsi Balcani passa la maggior parte dell’eroina made in Afghanistan, che poi e trans porta verso i paesi occidentali.

L’80% dell’oppio afghano viene infatti assorbito da Europa, Russia e Iran. Per la Russia è un’ecatombe, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha spesso parlato di “narco aggressione”. Un chilo di eroina nei Balcani si puo’ trovare sui 10 mila euro, ma una volta passata nel mercato nero dei paesi UE il costo della morte ammonta sui 150 mila euro. Per capire cosa sta accadendo, bisogna ascoltare le parole di un investigatore esperto di crimine internazionale: “Il mercato dell’ eroina è diverso, molto più condizionato da legami storici di malavita.Per la cocaina è tutta un’ altra cosa. Più di tutto, contano le stesse leggi dell’ economia pulita: domanda e offerta; concorrenza; sicurezza dell’ investimento. Chi lavora meglio, fa affari. Spesso senza bisogno di sparare”.

In questo quadro si comprende l’ascesa internazionale della mafia balcanica. Con un esempio: se la ‘ndrangheta organizza un carico dalla Colombia deve trattare con i “fornitori”, sborsare un grosso anticipo e, soprattutto, assumersi enormi rischi di trasporto (se il carico viene intercettato, perderà milioni di euro).

I serbi hanno fatto una scelta molto semplice. Si sono inseriti nella catena come la migliore “agenzia di servizi” sulla piazza. Acquistano la droga, la trasportano in Europa e la consegnano praticamente “a domicilio”. Da molto tempo le reti criminali hanno cominciato a orientarsi verso le nuove opportunità offerte dall’Europa orientale; hanno “comprato” interi pezzi della Germania dell’est, della Romania, dell’ex Iugoslavia.

L’ex Iugoslavia continua a essere una rotta privilegiata, per i trafficanti che esportano in Europa l’oppio afghano. Ma anche per i cartelli sudamericani della cocaina, che trovano nella regione una buona piazza. Il traffico di eroina lungo la “via balcanica” è spiegato dalla situazione politica, instabile, che ancora oggi vive la regione dei Balcani, alle prese con l’inestinto portato delle guerre: confini malleabili, contrasti etnici, istituzioni deboli. Il tutto fa dei Balcani un “buco nero” e le mafie sono abili a colmarli, i buchi neri.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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