MACEDONIA: Grecia e Bulgaria si oppongono all'adesione all'Unione Europea

L’11 dicembre il Consiglio europeo ha accettato la richiesta della Commissione di discutere in primavera l’apertura dei negoziati per l’adesione all’UE della Repubblica Ex Jugoslava di Macedonia (FYROM), grazie alle sollecitazioni di Štefan Füle, il commissario per l’allargamento, e alle pressioni di Svezia, Regno Unito, Slovacchia e Austria. Questo recente passo della scalata della Macedonia verso la Ue, che Skopje considera un importante momento, è parte di una strada tortuosa che percorre da anni.

Un cammino travagliato

Il cammino inizia al Consiglio europeo a Salonicco nel 2003, quando la Macedonia viene riconosciuta come possibile membro dell’Unione europea. L’anno dopo la richiesta di adesione è ufficiale. Nel 2009 la Commissione raccomanda l’apertura dei negoziati.

Ciò che si è verificato in questi ultimi mesi sembra però un punto di svolta. A marzo viene lanciato l’High Level Accession Dialogue che in più fasi sancisce un processo dinamico tra FYROM e Ue, per l’implementazione di misure specifiche e la definizione di determinate priorità. In ottobre vengono approvati i colloqui di accesso, e la Commissione raccomanda al Consiglio europeo di avviare i negoziati con Skopje. Viene inoltre presentato e discusso un report sui progressi della FYROM, da cui emerge il superamento di alcune critiche precedenti. Si apprezzano il sistema di mercato integrato con l’Unione e le modifiche alla legge elettorale e alla normativa contro la diffamazione, ritenuta troppo rigida. Punti deboli sono ancora l’imparzialità e l’indipendenza del potere giudiziario, la libertà di espressione, la lotta alla corruzione e il dialogo interetnico.

Ciò che mina la realizzazione di questo progetto è l’ostilità politica di due membri Ue: la Grecia, in contenzioso aperto ormai da quasi un ventennio, e la Bulgaria, che a sorpresa nega il suo appoggio.

Il veto greco

La diatriba con la Grecia, oggi sotto gli auspici delle Nazioni Unite, trova origine nel delicato momento di formazione dello stato macedone. La posizione greca è di categorica riluttanza all’uso del nome Macedonia, in quanto identificativo del proprio patrimonio storico e culturale, compromettendo così il destino politico macedone (qui il punto di vista greco). Nel 1994, quando la FYROM utilizza il Sole simbolo di Alessandro Magno come stemma della propria bandiera, si arriva ad un embargo. Diciotto mesi dopo i due firmano un trattato con il quale sanciscono l’impegno nel superamento della diatriba, che però ancora oggi non solo non risulta risolta, ma è questione imprescindibile per l’ingresso in Ue. Nel 2011 l’ostruzionismo greco è giudicato negativamente dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, secondo cui il veto posto nel 2008 violerebbe i patti precedenti. Il fatto che la Repubblica Ellenica sia diventata la prima fonte di investimenti esteri in Macedonia fa pensare che le motivazioni di tale sbarramento siano anche altre.

Il veto bulgaro

All’ostilità greca si aggiunge quella bulgara, nonostante la Bulgaria sia stato il primo paese a riconoscere l’indipendenza macedone nel 1992. Le ragioni del ‘no’ quindi si dicono recenti. La Bulgaria infatti accusa la Macedonia di ostacolare i rapporti di buon vicinato, attraverso una diffusa discriminazione anti-bulgara e l’espansione di movimenti nazionalisti macedoni. Tasti dolenti per stati che, per far parte della Ue, devono dimostrare più di altri di essere in grado di sostenere rapporti pacifici e di collaborazione. Inoltre Sofia incolpa Skopje di alimentare la tensione tra i due stati attraverso una continua politica di appropriazione di eventi e personaggi storici con l’obiettivo di edificare una grandiosa immagine di sé e infangare quella della Bulgaria. Non è altresì da sottovalutare l’effetto molla provocato dal flusso di macedoni che varcano le frontiere per ottenere il passaporto bulgaro ed emigrare in Occidente. Nonostante questo scenario, c’è chi sostiene che l’alleanza tra i due paesi vada nuovamente saldata, e che siano necessarie azioni di collaborazione. A partire, simbolicamente, dal collegamento ferroviario tra le due capitali, che ancora non esiste.

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