La situazione delle comunità LGBTQI in Europa Centro-Orientale: Azerbaigian

In questo terzo post nella nostra serie dedicata alla situazione delle comunità LGBTQI in Europa Centro-Orientale ci occuperemo della situazione delle minoranze sessuali in Azerbaigian.

Il fatto che quest’anno il festival dell’ Eurovisione si sia svolto nella capitale dell’ Azerbaigian, Bakú, ha scatenato molte polemiche e discussioni. Molti hanno criticato che un evento così importante per la cultura popolare LGBT fosse organizzato in un paese che, come ha ricordato recentemente anche il Parlamento Europeo, non rispetta i diritti umani (in generale, e ancor meno quelli delle minoranze sessuali). Vari paesi hanno chiesto alla UER, che organizza l’evento, che siano esclusi dal festival quei paesi, come la Bielorussia o lo stesso Azerbaigian, che sono retti da sistemi politici non democratici. La presenza della carovana dell’Eurovisione a Bakù ha avuto, ad ogni modo, il merito di attirare l’attenzione dei mezzi di comunicazione internazionali sulla difficile situazione che vive la comunità LGBT in questa repubblica post-sovietica del Caucaso meridionale, indipendente dal 1991.

La situazione della comunità LGBTQI in questo paese é, infatti, purtroppo lungi dall’essere soddisfacente. L’omosessualità é rimasta illegale durante tutto il periodo sovietico ed é stata legalizzata solo 12 anni fa, nel 2000, quando l’allora presidente Heydər Əliyev (padre dell’attuale presidente İlham Əliyev) fece approvare un nuovo codice penale per sostituire quello in vigore durante l’era sovietica. Il nuovo codice abolì l’infame articolo 113, che criminalizzava l’omosessualità, e fissò a 16 anni l’ età del consenso per i rapporti sessuali sia omosessuali che eterosessuali.  Lo stato, però, non riconosce nessun diritto alla comunità gay, lesbica, bi, trans, queer e intersessuale che é regolarmente vittima di aggressioni, discriminazioni e violenze.

La situazione legale delle persone LGBTQI é la seguente:

  • non esiste riconoscimento giuridico alcuno per le coppie e famiglie LGBT.
  • non vi sono leggi che sanzionino l’omofobia e le discriminazioni sulla base dell’identità di genere e l’ orientamento sessuale
  • l’adozione per le coppie o individui LGBT é illegale
  • non sono previste procedure che permettano alle persone che si sottopongono ad una operazione di riattribuzione chirurgica di sesso di ottenere il riconoscimento amministrativo del cambio di genere.
  • Il paese non ha mai ospitato una manifestazione per i diritti LGTB

Vista questa situazione non sorprende che il paese si collochi agli ultimi posti in Europa per il rispetto dei diritti umani e civili delle minoranze sessuali. Nell’ultimo “Rainbow Index”, che é stato pubblicato recentemente dall’organizzazione ILGA-Europe, l’Azerbaigian ha ottenuto -4 punti (come Armenia e Ucraina), in una scala che va dai -4,5 punti di Russia e Moldavia ai +21 del Regno Unito.

Una società marcata da una forte omofobia sociale

L’elemento forse più marcante della realtà LGTB in questo paese é senza dubbio la presenza di un’omofobia sociale molto forte. Un’omofobia sociale che contrasta con il passato di una nazione che, come il vicino Iran, ha una ricca tradizione culturale omosessuale e dove, durante i primi secoli dell’era savafide esistevano bordelli omosessuali, gli amrad khane, che erano riconosciuti pubblicamente e pagavano imposte al fisco. Oggi, ad ogni modo, l’omosessualità é vista come un tabù. Persino le poche organizzazioni che lottano per i diritti LGBT, come Gender and Development, non fanno riferimento all’orientamento sessuale nel loro nome. L’attivista per i diritti umani Yadigyar Sadykov ha affermato che: “se una famiglia decidesse di uccidere un parente omosessuale la maggioranza della gente lo approverebbe….non ho mai conosciuto una persona che sia apertamente omosessuale”.

L’ odio contro le minoranze sessuali é alimentato sia dai leader religiosi che dai mezzi di comunicazione che, molto spesso, diffondono voci sulla presunta omosessualità dei dirigenti dell’opposizione al fine di discreditarli. Sono pochi coloro che, come l’artista Babi Badalov, dichiarano apertamente la loro identità sessuale. Lo stesso Badalov, del resto, é stato costretto a abbandonare il paese dopo il suo coming-out e vive attualmente in esilio a Parigi. Babi ha raccontato in una recente intervista la terribile reazione della sua famiglia quando rivelò loro che era omosessuale (i suoi famigliari continuano a minacciarlo regolarmente di morte anche ora che é in esilio, del resto).

Artush e Zaur

Prima di concludere non possiamo non menzionare il romanzo Artush e Zaur, che il giornalista e scrittore azero Ali Akbar pubblicò nel 2009. Artush e Zaur é la storia d’amore tra due ragazzi di Bakù, uno armeno e l’altro azero. Una storia toccante che ha come sfondo la guerra combattuta, tra il 1988 e il 1994, da Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabakh.

La pubblicazione del romanzo provocò un’enorme scandalo nel paese. Molti editori si rifiutarono di pubblicarlo, vi furono accuse di blasfemia e “propaganda della perversione”, condanne dei muftì e minacce all’unica libreria di Baku che lo vendeva. Akbar si difese dalle polemiche affermando che il suo é “un romanzo sull’assurdità delle guerre” e notò che nel suo paese, oltre alla dittatura politica, esiste una dittatura sociale, alimentata dalla religione e dalle “tradizioni” (inventate più o meno recentemente) che limitano la libertà degli individui e alimentano l’odio omofobo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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