LA GUERRA IN CASA # 2: Alla conquista di Vukovar

di Luca Rastello

E che cos’è quel cosino piccolo piccolo? Un ragazzino. Il primo fa male, fa male fin dentro il cuore, nella carne. Devi sparare senza guardarlo e poi cercare subito un altro obiettivo. Per questo i cecchini ammazzano prima il figlio e dopo, solo dopo, la madre. Per avere un altro obiettivo, per staccare l’oculare dal bimbo, per distrarsi. Proprio i bambini sono l’obiettivo. La tecnica si chiama “corona”: Darko e gli altri facevano la “corona” ai villaggi. […]

L’esercito federale* era inchiodato fuori Vukovar da mesi**, impotente con le sue artiglierie, forse gli ufficiali esitavano a bombardare una città jugoslava, forse là dentro tenevano i serbi inchiodati come ostaggi in qualche cantina. Falco si chiamava il loro capo. Darko avrebbe dato l’anima al diavolo per avere Jasteb, il falco, Mile Dedakovic nel’oculare del fucile. Ma il suo mestiere erano gli ospedali e le scuole. Occhio per occhio.

Allora Darko e quelli come lui si trovavano un’altura, un albero, un nido e si mettevano lì a pungere. Mentre l’artiglieria bombardava il villaggi, il loro compito era colpire in maniera sistematica obiettivi deboli. Guerra psicologica, si chiama: riduce la volontà di difesa del nemico, annebbia i suoi riflessi, toglie lucidità al mostro. Non devi fermarti mai, spara sull’asilo, colpisci i bambini alla finestra, punta l’ospedale, va bene un vecchio ma non fermarti ai vecchi, pensa a Zoran, a Zoran, pensa a Zoran.

E uno dopo l’altro i villaggi cadevano, per i topi di Vukovar si avvicinava la resa dei conti, mentre l’estate diventava un ricordo, arrivava il freddo, ottobre marciava.

pagg. 24-28, capitolo I°: “Il cecchino”

* All’inizio del conflitto, nel 1991, i reparti dell’esercito jugoslavo (Jna) erano stati inviati prima i Slovenia e poi in Croazia per combattere quelli che, per il governo centrale, erano “secessionisti”. Sloveni e croati dell’Jna si ammutinarono ben presto, salvo rare eccezioni l’Jna divenne gradualmente un’arma nelle mani di Milosevic. Un esercito debole benché dotato di artiglieria cui i serbi affiancarono milizie paramilitari come le Tigri o le Aquile bianche. Spettava a queste ultime  il lavoro sporco. Con il proseguo della guerra l’Jna scomparve formalmente.

** Il simbolo della guerra serbo-croata è divenuto l’assedio alla città di Vukovar, nella Slavonia (25 agosto – 18 novembre 1991). Il 25 giugno 1991 il Consiglio Nazionale Serbo di Vukovar proclamava la Regione Autonoma Serba di Slavonia Orientale, Baranja e Sirmia Occidentale, le cui frontiere si stabilizzarono con la linea del fronte. Nel febbraio 1992 la regione di Vukovar si unificò con la Repubblica Serba di Krajina, istituita il 1º aprile 1991, con capitale Knin, di cui rimase de facto parte fino al 1995, nonostante la Croazia avesse diritto de jure alla sovranità in base alla Risoluzione 753 del Consiglio di Sicurezza ONU, e considerasse quindi l’autoproclamazione come un atto di guerra. A seguito della caduta della Krajina con l’operazione Oluja nel 1995, la Slavonia Orientale accettò, con l’accordo di Erdut, la reintegrazione nella Croazia entro il 1998 dopo un periodo di amministrazione ONU.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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