KOSOVO: Un paese in fuga

da Belgrado – Nonostante in Kosovo non siano in corso persecuzioni di natura politica, etnica o religiosa, e quindi non sussista alcun fondamento per la richiesta di asilo politico all’estero, il numero di cittadini kosovari che entra illegalmente in UE per chiedere asilo è aumentato vertiginosamente negli ultimi mesi. Solo a gennaio sono stati circa 10.000 i kosovari ad aver richiesto l’asilo in Ungheria, mentre 30.000 persone entrate illegalmente nel paese tramite la Serbia sono state fermate dalle polizia ungherese. Un’enormità se comparati alle 6.000 persone bloccate nel corso di tutto il 2013. Un vero e proprio esodo che fa seguito all’applicazione da parte della Serbia di una politica sui documenti di viaggio più flessibile nei confronti dei cittadini kosovari, grazie alla quale in un momento di forte instabilità politica in Kosovo, la fuga verso i confini dell’UE è più semplice.

Gli autobus che da Priština portano verso Subotica, il più grande centro abitato della Serbia settentrionale, situato solo a pochi chilometri dal confine con l’Ungheria, sono sempre più affollati. Nelle ultime due settimane di gennaio sono addirittura state introdotte delle linee straordinarie, per far fronte al numero di passeggeri che lasciano il Kosovo per muoversi verso nord. Un viaggio della durata di circa cinque giorni, che permette alla popolazione kosovara di arrivare all’Ungheria tramite la Serbia, e poi muoversi in tutta la zona Schengen allo scopo ultimo di cercare migliori condizioni di vita in Svizzera o Germania. Queste ultime sono le due destinazioni privilegiate, soprattutto in virtù degli 800.000 kosovari che già dagli anni novanta vivono e lavorano in Europa occidentale.

Il viaggio è disumano, soprattutto viste le basse temperature invernali, ma segue una tratta relativamente semplice. Autobus da Priština a Subotica, trasporto con taxi fino a Palić al costo di 30 euro e poi a piedi oltre al confine. Per quest’ultimo tratto vi sono poi due alternative: o tentare in maniera autonoma o affidarsi ai trafficanti, che con la crisi siriana e l’aumento della domanda hanno trovato nuove vie e nuove scorciatoie. Il costo è di circa 150 euro a persona.

Chi riesce ad arrivare in Ungheria, ovvero in zona Schengen, richiede l’asilo o cerca di attraversare il paese per arrivare il prima possibile a destinazione.  Una crisi che dura da mesi, e che non sembra rallentare nonostante le reazioni della Serbia e degli altri paesi di destinazione. Dal 9 febbraio infatti le autorità competenti hanno chiuso il passaggio amministrativo di Merdare agli autobus che, stipati di migranti, muovono dal Kosovo verso l’Ungheria, allo scopo di diminuire la pressione causata dall’esodo. Tuttavia, sembra un’emorragia. Sono bastati pochi giorni perchè i migranti individuassero una nuova via: in auto private si va in Montenegro attraversando l’Albania, per poi da lì raggiungere gli altri paesi dell’Unione Europea.

Il contesto

Tutto questo avviene ai margini dei negoziati trilaterali tenutisi il 9 e 10 febbraio 2015 a Bruxelles che vedono sulla scena i governi della Serbia e del Kosovo nel contesto degli Accordi siglati dai due paesi nell’aprile 2013. Belgrado e Priština hanno siglato un accordo sulla giustizia che concede al Kosovo di avere l’amministrazione della giustizia sull’intero proprio territorio, incluse le zone a maggioranza serba. L’intesa include anche una ripartizione su base etnica del tribunale di Mitrovica Nord, che quindi con nove pubblici ministeri serbi e altrettanti kosovari amministrerà le sette municipalità oggetto degli accordi. Si tratta sicuramente di un passo importante per il miglioramento dei rapporti tra Belgrado a Pristina, il primo da quando i nuovi governi si sono instaurati, ma è anche un passo che poco potrà fare per fermare l’esodo dal Kosovo o migliorare gli standard di vita dei suoi cittadini.

In particolare, le questioni economiche rappresentano un vero nodo al pettine per il futuro andamento dei rapporti tra il Kosovo e la regione. La situazione economica è drammatica: uno stipendio medio nel settore privato è di circa 360 euro al mese; la corruzione nel settore pubblico è diffusa; un terzo della popolazione è disoccupata; mentre a causa delle emigrazioni la popolazione è scesa negli ultimi mesi del 7% circa e le scuole hanno 5000 banchi vuoti in più disponibili. Un vero e proprio esodo che ha messo alla prova i paesi confinanti.

Le reazioni

L’Ungheria è stata la prima a reagire. Antal Rogan, uno dei principali alleati del primo ministro ungherese Viktor Orban, ha incitato il governo ad agire e a “chiudere le porte” ai migranti economici in arrivo dalla Serbia aggiungendo di non poter aspettare una reazione dell’Unione Europea.

Per quanto riguarda la Germania, Manfred Schmidt, presidente dell’Ufficio federale per gli immigrati e rifugiati, ha dichiarato che le pratiche per l’asilo si stanno sbrigando con massima urgenza ma ha anche aggiunto che le possibilità di ottenerlo sono pari a zero. La spiegazione è che  in base alla Convenzione di Ginevra, la povertà non è riconosciuta come un fondamento sufficiente per l’ottenimento dell’asilo. Per questo motivo i migranti kosovari non potranno rimanere nè in Germania nè in altri paesi UE.  Per quanto concerne la Serbia, il premier Vučić ha dichiarato che non si tratta di un problema del suo paese, che anzi rispetta il valore europeo di libertà di movimento e che sta collaborando con le autorità ungheresi e tedesche. Il Commissario UE per l’allargamento ed il vicinato Johannes Hann ha inoltre sottolineato che liberalizzare il regime dei visti non rappresenta una soluzione adeguata, perchè non risolverebbe la radice del problema.

La radice del problema è una povertà endemica, e una governance instabile che a sette anni dall’indipendenza del paese non ha saputo creare un ambiente vivibile per i propri cittadini. Nonostante l’invito della loro presidente a sostenere il peso della costruzione del loro paese, i cittadini del Kosovo sembrano essere decisi a partire. Per dove, non si sa.

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Un commento

  1. Se è vero che la fuga è data solo dalla povertà, in seguito all’indipendenza, allora cosa è servita loro l’indipendenza?

    Per essere liberi, bisogna anche saper governarsi, se lavori in proprio, devi saper controllarti molto di più che se lavori agli ordini di qualcuno…
    forse per questo tutti cercano il posto fisso e pochi la libera imprenditoria

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