KOSOVO: Il referendum dei serbi inguaia sia Pristina che Belgrado

di Davide Denti

A quattro anni dalla dichiarazione di indipendenza, la Repubblica del Kosovo è ancora un semi-stato. Da una parte, solo 88 stati la riconoscono come tale, inclusa Taiwan, che non è membro ONU, e gli ultimi arrivati del 2012, Ghana (23 gennaio) ed Haiti (10 febbraio). Dall’altra parte, la sovranità del governo di Pristina sul proprio territorio resta parziale, limitata dallo posizione ‘status-neutral’ di Eulex e dal rifiuto dei serbi del Kosovo di riconoscerne l’autorità.

Tra martedì e mercoledì, proprio i circa 35.500 elettori serbi del Kosovo si sono recati alle urne per un referendum autogestito nei quattro comuni di Zubin Potok, Zvecan, Kosovska Mitrovica e Leposavic. La domanda, secca: “Accettate le istituzioni dell’autoderminata Repubblica del Kosovo?”. La risposta, abbastanza scontata, sarà un “NE”. Circa il 60% degli elettori aveva già votato, a tre ore dalla chiusura dei seggi, secondo le autorità locali.

Il referendum non era autorizzato né da Pristina né da Belgrado, e rischia di dare parecchi grattacapi ad entrambi i governi.

Il referendum mina la credibilità delle autorità di Belgrado e la sua capacità nei negoziati con la comunità internazionale rispetto al problema del Kosovo – ha dichiarato il ministro serbo per il Kosovo e la Metohija Goran Bogdanovic -. Il progetto di un referendum fa gli interessi solo di alcuni politici e non porterà nulla di buono ai serbi. Da un punto di vista finanziario il voto sarà poco costoso, ma ci costerà caro in senso politico.”  Il negoziatore serbo con Pristina, Borislav Stefanovic, ha rimarcato come il referendum sia “insensato e anticostituzionale”.

Belgrado teme in particolare una sonora bocciatura da parte del Consiglio Europeo del 1° marzo, che dovrebbe decidere se concedere alla Serbia lo status di paese candidato all’Unione Europea, come suggerito dalla Commissione sin dal 2011, o se rimandare ancora tale riconoscimento, come già ottenuto dalla Germania a dicembre 2011, condizionandolo proprio al miglioramento dei rapporti tra Belgrado e Pristina.

Ma i serbi del Kosovo non ci stanno ad essere sacrificati sull’altare dell’integrazione europea della Serbia, e non intendono accettare il passaggio dei comuni a maggioranza serba sotto la sovranità di Pristina. “Vogliamo dimostrare la nostra posizione attraverso una procedura democratica regolare, e nessuna influenza, da Belgrado o da Pristina, ci farà cambiare idea. È evidente che il governo serbo ha fallito nella sua politica verso il Kosovo e verso l’UE”, nelle parole di Milan Ivanovic, presidente del Consiglio Nazionale Serbo del Kosovo del Nord. Tre dei quattro comuni serbi del Kosovo sono dominati dai partiti di opposizione all’attuale maggioranza liberale di Boris Tadic, e si stanno preparando alle elezioni politiche del 6 maggio 2012; l’opposizione guidata da Vojislav Kostunica spera di danneggiare il governo attraverso la questione del Kosovo e della candidatura all’UE, per tornare al potere.

Ma se Belgrado piange, Pristina non ride; il referendum evidenzia la mancanza di controllo del governo della Repubblica del Kosovo su parte del suo territorio, e secondo il governo di Pristina è invalido e illegale, anche se il ministro dell’interno Bajram Rexhepi cerca di minimizzare: “per quanto concerne il Kosovo e le sue relazioni internazionali, questo non cambia niente e può solo danneggiare le speranze serbe per uno status di candidato all’UE”. Lo scorso luglio, una mossa azzardata da parte del governo di Pristina, volta a prendere controllo dei posti di frontiera tra Kosovo e Serbia nel nord della provincia, aveva provocato la reazione dei serbi locali, con barricate e scontri durati settimane.

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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