Portogallo, "la politica di austerità non porta a niente"

RUBRICA: Occidenti

Mário Soares, classe 1924, due volte primo ministro del Portogallo (dal 1976 al 1978 e dal 1983 al 1985). Presidente della Repubblica per due mandati, dal 1986 al 1996. Un uomo importante per il suo Paese, oppositore del leader fascista Antonio Salazar, da questo carcerato ed esiliato. La sua attività di opposizione lo porterà a diventare, dall’esilio, il leader del partito socialista portoghese. Nel 1974 la dittatura di Salazar crollò sotto la spinta dell’esercito i cui esponenti progressisti organizzarono un colpo di Stato (la rivoluzione dei garofani) che portò il Paese alla democrazia. In quel difficile periodo di transizione Soares fu un protagonista indiscusso. Fino al 2004 è stato parlamentare europeo poi, da allora, si è ritirato dalla vita politica.

Il programma di approfondimento giornalistico della Rai, Presa diretta, lo ha intervistato in merito alla crisi europea. Una crisi che, dal punto di vista economico, sta duramente colpendo anche il Portogallo che pure ha fatto, e a tempo debito, tutto quanto richiesto da Fmi, Bce e direttorio franco-tedesco. E’ l’allievo buono del Fmi, come già lo fu l’Argentina, e ciò malgrado non solo l’economia portoghese è al collasso (e con essa quelle conquiste sociali che il Portogallo ottenne dal 1974: istruzione gratuita, sanità pubblica, diritti dei lavoratori) ma il debito pubblico è in crescita. Segno che le misure del Fmi internazionali sono, se non sbagliate, insufficienti?

“Io penso che la politica d’austerità che si sta facendo dappertutto in Europa è una politica che non porta a niente perché è una politica di grande violenza contro le persone più povere, quelle che non hanno un lavoro. Questa austerità produce solo recessione economica e disoccupazione in tutti i Paesi: in Grecia, Irlanda, Spagna e Italia. Presto, vedrete, toccherà alla Francia. Qui stiamo arrivando al punto che milioni di persone in Europa fanno fatica a trovare da magiare. Non hanno i soldi per mangiare!

Quello che sta succedendo non è solo un problema del Portogallo o della Grecia. La crisi ci riguarda tutti e ne usciamo solo se passa il principio fondamentale che l’Unione Europea si basa sulla solidarietà tra paesi ricchi e paesi poveri, il progetto europeo è prima di tutto un progetto di pace. Un progetto di democrazia. Un progetto di benessere sociale. Se noi perdiamo la solidarietà è la pace stessa a essere messa in gioco. Per questo considero molto pericolosa la politica della signora Merkel. Molto pericolosa. Soprattutto per la Germania. Perché i popoli europei non dimenticheranno la situazione. La Germania si è anche dimenticata che la Grecia, il Portogallo, e gli europei tutti hanno pagato per la riunificazione tedesca. Hanno aiutato la Germania che ora non vuole aiutare i popoli europei.

La Germania è stata responsabile di due guerre mondiali, e ora si vuole che si vada verso un’altra guerra mondiale? Ma l’Unione Europea nasce per fare l’opposto, per costruire la pace. Bisogna prendere non delle misure che facciano solo bene ai mercati. Quello che interessa a me sono le persone, non i mercati. A rischio c’è la stessa Unione Europea.”

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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8 commenti

    • Bonaiti Emilio

      Soares, invece di limitarsi a stigmatizzare la politica della Merkel non potrebbe indicare la ricetta da applicare per salvare l’ìEuropa? Non dovrebbe essere difficile per un uomo la cui acutezza lo porta a vaticinare addirittura una “terza guerra mondiale”.

      • Ha colto nel segno, secondo me. Il problema oggi a me pare la mancanza di alternative. Di immaginare alternative. Soares, come tanti altri, denuncia ma si ferma lì.
        Io sono troppo ignorante per, non dico immaginarla, ma riconoscerla qualora mi venga proposta. Però ci sono gli intellettuali, almeno fuori dall’Italia, i politici, gli economisti. Già, gli economisti. Aspettiamo tutto dagli economisti. Mi chiedo se l’alternativa non possa venire da un’altra parte. Lei, da quel che scrive, è uno che ha visto “il secolo breve” da vicino. Io non ho memoria. Avevo sette anni quando è caduto il Muro. I ragazzi che collaborano al sito, anche meno. che ne sappiamo noi delle alternative? E se le nostre idee di alternativa fossero solo “ritorni al passato”?

        Matteo

  1. Forse lo ha anche fatto, non nella breve intervista citata dall’articolo.

    Che l’austerità da sola sia un problema, e non una risorsa, lo affermano i maggiori economisti (cito solo Stiglitz per fare un nome noto e certamente non con con ideologiche economico-politiche contrarie al capitalismo). È la classe media che fa aumentare i consumi. Se la classe media si impoverisce, e la forbice aumenta, non importa neppure che le fasce più ricche della popolazione magari si arricchiscano. Perchè se anche così fosse, quella ricchezza non potrebbe far aumentare i consumi come una classe media che riesca non solo a sopravvivere, ma a vivere. Che si compra – oltre al cibo – vestiti per dirne una e anche beni non solo di prima necessità, innescando un ciclo positivo per l’economia.
    Gli Stati Uniti, quando hanno accettato che la crisi economica non era solo una flessione momentanea, hanno cercato di incentivare i consumi, non semplicemente di tagliare il deficit e ridurre il debito.
    Che l’austerità da sola sia un problema lo ha detto la stessa Standard & Poor’s declassando il rating di molti paesi europei.

    Si potrebbe (ma qui azzardo, perchè è certamente molto più facile dire “così non va” che come si dovrebbe fare) per esempio stimolare il lavoro femminile – che permetterebbe alle famiglie di aumentare il proprio reddito – e finanziare “infrastrutture sociali” (asili, scuole, università, assistenza agli anziani) che favoriscono l’impiego sia direttamente – i dipendenti – sia indirettamente – le donne che sarebbero meno vincolate ai servizi di cura, per esempio (cfr. http://www.ingenere.it/articoli/le-nostre-proposte-il-pink-new-deal) . E di simili infrastrutture un paese come l’Italia (e, non stento a crederlo, il Portogallo) ha chiaramente bisogno.

    Non mi avventuro oltre, se non per dire che – a mia conoscenza – non esistono casi in cui le politiche “suggerite” dal FMI abbiano avuto effetti positivi. Spero che il Portogallo e la Grecia mi smentiscano. Ma quando sento parlare di “alunno perfetto” penso all’Argentina e alla Costa d’Avorio (per la decolonizzazione, poi entrata in una spirale di guerra civile). E mi vengono i brividi.

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