ELEZIONI RUSSIA / 7 – Repressione e consenso. Analisi del voto nel Caucaso settentrionale.

di Alessandro Mazzaro

Il voto in Russia

Le elezioni parlamentari tenutesi domenica scorsa in Russia hanno lasciato sul campo molte polemiche e poche certezze. La sconfitta di Putin è dimostrabile coi numeri, nonostante le voci di brogli susseguitesi prima e dopo la consultazione elettorale. Numeri che lasciano poco spazio all’immaginazione, e che hanno visto “Russia Unita” (il partito al governo) perdere più di dieci punti rispetto alle scorsa tornata elettorale. Un risultato che avrà delle ripercussioni sulle dinamiche interne al paese, con un possibile inasprimento delle politiche di repressione attuate con costanza nel decennio putiniano.

La Cecenia “fedelissima” a Putin

Un interessante spaccato della situazione russa ci viene dato dall’analisi del voto nell’area caucasica, zona calda per eccellenza del gigante eurasiatico. Salta all’occhio la netta divisione tra le aree a maggioranza musulmana (Cecenia, Daghestan etc) e quelle con una maggior concentrazione di popolazione russa (Le regioni di Stavropol e Krasnodar). Nelle prime, infatti, si sono registrate percentuali schiaccianti per il partito al potere, con la naturale nascita di sospetti sulla natura più o meno legale del voto. Capofila del “movimento” è la Cecenia con il 99.51% di affluenza.

Un’affluenza oceanica che ha portato il 99,48%  dei voti a “Russia Unita”, lasciando agli qualche “zero virgola”. Il presidente in carica filo-putiniano Kadyrov ha lasciato un messaggio ai ceceni ringraziarli del grande risultato ottenuto.  «Non votare per il partito del presidente era semplicemente pericoloso per la vita e per la salute» ha affermato chiaramente Alexei Malashenko, politologo presso il Carnegie Center di Mosca, che ha aggiunto: «L’élite locale deve necessariamente essere fedele al partito di governo, vista la dipendenza totale dalle sovvenzioni provenienti dal bilancio federale».

Regioni calde, sospetto plebiscito per Russia Unita

In Daghestan l’affluenza è stata più bassa (78%), ma il partito al potere ha letteralmente schiacciato gli avversari: 91%. Diverso dalla Cecenia, però, è stato il risultato dei comunisti, arrivati al 7,5% (in Cecenia è stato dello 0,09%).  Leggermente superiori al 90% le preferenze di “Russia Unita” in Karachaevo-Cherkessia, dove l’affluenza è stata del 93,21%. Buon risultato per “Russia Giusta”: 8,8%. Male gli altri partiti, tutti al di sotto dell’1%. Alta anche la percentuale raggiunta dal partito del presidente in Cabardino-Balcaria: 81,91%.  Nella piccolissima repubblica di poco più di 300mila abitanti l’affluenza è stata del 98%. Doppia cifra anche i comunisti che hanno superato il 17%.

Alta anche la percentuale in un’altra repubblica “calda” come l’Inguscezia, dove “Russa Unita” ha raggiunto il 78%  delle preferenze. Oltre il 7% “Russa Giusta” e i comunisti.

Regioni russe, Putin in calo

In Ossezia del Nord il partito di governo ha totalizzato il 68%, con i comunisti al 21% e i liberaldemocratici al 2,2%. Un risultato deludente per il presidente della Repubblica, e membro del consiglio supremo di “Russia Unita”, Teimuraz Mamsurov: «Sono molto preoccupato per i risultati del voto. Negli ultimi anni il governo, complice anche la crisi, ha fatto un bel po’ di errori. La vita delle persone non è migliorata, le pensioni non sono cresciute come previsto». Scendono i consensi anche nella piccola Adighezia (61%; comunisti al 18,2%) . La Regione di Krasnodar, 5 milioni di abitanti di cui quattro e mezzo russi, ha riservato uno striminzito 56% con i comunisti al 17% e i liberaldemocratici, vicini a posizione nazionaliste, al 10% . Picco negativo nell’area caucasica per il partito di Putin si è avuto nel Territorio di Stravropol, altra zona a maggioranza russa, dove “Russia Unita” ha totalizzato appena il 48% delle preferenze. Bene gli altri: comunisti al 19%; libdem al 17%; “Russia Giusta” al 12%.

Il voto e la repressione

Dal quadro sopra esposto è chiaro che laddove la stretta repressiva è più forte, Cecenia e piccole repubbliche vicine, il risultato del partito al potere (che, va ricordato, nomina anche i singoli presidenti delle repubbliche) è stato schiacciante. Lo stesso non è accaduto in altre zone, dove i liberaldemocratici, con una forte connotazione nazionalista, e i social-populisti di “Russia Giusta” hanno raccolto risultati più che soddisfacenti e in linea con quelli nazionali. Meglio ancora i comunisti che hanno “sfondato” anche in zone difficili come la Cabardino-Balcaria. Sui risultati dell’area caucasica è stato durissimo il commento dei libdem: «Le elezioni sono state truccate a favore di Russia Unita».  Il connubio fra autoritarismo e repressione ha influito senza dubbio sul risultato finale, come sostiene Vyacheslav Nikonov, noto analista politico: «Questo è un sistema basato sull’autorità, e l’autorità è in grado di garantire i risultati giusti. Non ho sentito parlare di risultati così (riferimento in particolare alla Cecenia ndr) fin dai tempi sovietici».

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4 commenti

  1. Trovo questo articolo un po’ antiputiniano. E fin qui nulla di male, solo opinioni. Ma lo trovo antiputiniano un po’ pretestuosamente. Mi spiego.
    Il risultato elettorale, a parte le dichiarazioni di facciata, non è stato contestato nei suoi fondamenti da nessun partito russo, infatti nessuno ha presentato alcun ricorso al tribunale riguardo la regolarità delle votazioni. Le elezioni sono state aspramente contestate solo dagli Stati Uniti e da alcuni paesi europei. Guardacaso, quei paesi che ce l’hanno con la Russia per questioni geopolitiche… strana a volte la difesa della”democrazia”, vero?
    L’articolista poi conclude la sua disamina scrivendo: “Laddove la stretta repressiva è più forte […] il risultato del partito al potere (che, va ricordato, nomina anche i singoli presidenti delle repubbliche) è stato schiacciante”, ipotizzando quindi – mi si corregga se sbaglio – dei brogli dovuti allo stato semi-dittatoriale delle urne? Chissà. Un altro analista invece potrebbe vederci al contrario proprio l’enorme apprezzamento per il lavoro svolto dallo Stato putiniano in territori storicamente molto sensibili. A meno che non si portino le prove di brogli così ingenti da poter manipolare quasi il 100% delle schede dell’urna…
    Infine, voglio spendere due parole sulle “oceaniche” manifestazioni di protesta di questi giorni. Leggo oggi su Repubblica che 100mila persone in piazza a Mosca sono scese per difendere la democrazia. E Nicolai Lilin parla di “generazione internet che risveglia il popolo russo”. Beh, non posso fare a meno di notare che 100mila persone su una città che ne conta 11 milioni sono ben poche, mi pare. Vasco Rossi riuscirebbe a metterne di più in piazza…

    Cordiali saluti a tutti e buon lavoro

    • Personalmente, e non parlo a nome dell’autore, non sono anti-putiniano. Non sono anti-nulla. E non credo che si possa pensare alla Russia come si pensa a un altro paese europeo. Credo si debba pensare alla Russia come, che so, alla Cina, al Congo. E’ una battuta, ma non troppo. La Russia non è Europa, non lo è nella tradizione politica né culturale. E’ l’oriente di Erodoto, quello despotico, quello disposto ad accettare la tirannia in cambio della pace. Giudicarla, come spesso avviene, o anche solo misurarla con i parametri europei conduce a valutazioni fuorvianti.

      Poi, centomila su un milione non è nemmeno così poco. Quel che sottolineerei è che la Russia non è Mosca. Cosa succede altrove (manifestazioni, repressioni) non è coperto dai media.

      Infine: la relazione “repressione-consenso” mi pare corretto. Le elezioni sono tanto più manipolate laddove è più necessario affermare il potere di Mosca. Un potere quotidianamente combattuto da milizie indipendentiste e/o islamiste. Mosca ha bisogno di vedere legittimato il suo potere per poter usare la violenza. No, non è un dittatura in senso classico. E’ un’autocrazia moderna che si fonda, comunque, nel consenso popolare. Per questo lo deve estorcere o, nel migliore dei casi, ottenere attraverso cosmesi. Le elezioni non legittimano solo il potere democratico ma qualsiasi tipo di potere. E’ questo che è interessante.

      • Centomila su un milione non sarebbe poco, ma centomila su undici milioni sì. E’ in pratica meno dell’1% della popolazione della città. Non è poco in termini assoluti, ma in termini relativi sì. E poi è vero che la Russia non è solo Mosca, ma è altrettanto vero che Mosca con il suo territorio urbano (pur essendo la Russia sterminata) rappresenta ben 1/10 della popolazione di tutto lo Stato.

        Dici giustamente – a mio avviso – che la Russia è “un’autocrazia moderna che si fonda, comunque, nel consenso popolare”. E’ questo però un particolare fondamentale: dove c’è consenso non c’è e non ci può essere, secondo me, dittatura (nel senso moderno e dispregiativo del termine). E questo a prescindere dalla “forma di governo” presente, che sia democrazia parlamentare, monarchia, oligarchia o… megliocrazia!

        Poi secondo me nel tuo intervento c’è un’aporia. Dici che giudicare la Russia, “come spesso avviene, o anche solo misurarla con i parametri europei conduce a valutazioni fuorvianti”. Sono perfettamente d’accordo. Ma è proprio l’articolo in questione secondo me che tratta della Russia usando “schemi occidentali”, guardando ai risultati “bulgari” (che d’ora in poi forse bisognerà chiamare “putiniani”) come falsi a priori. Giudicando il popolo russo come facilmente manipolabile o costretto a un certo tipo di voto dal potere vigente e non valutando per esempio che stiamo parlando di una Nazione che non hai mai avuto una democrazia nel senso occidentale-moderno del termine, ma ha storicamente sempre avuto un potere autoritario (ma non per questo per forza dittatoriale) al governo.
        A mio avviso al popolo russo interessa solamente vivere in pace, armonia e benessere. Il resto sono chiacchiere. Della democrazia, del voto, dei posti di comando in Parlamento, interessa ben poco. E se Putin è drasticamente calato nei consensi, come è oggettivamente avvenuto (ma ricordiamolo e non trasliamo la verità: non è per niente vero che “La sconfitta di Putin è dimostrabile coi numeri”. Putin ha vinto e ha la maggioranza della Duma con lui. Punto), è perché la crisi ha colpito anche il popolo, perchè alcune politiche economiche sono state sbagliate, e perché alcune scelte sono state discutibili e volte più a rinforzare il proprio “potere” che il proprio “consenso”, come avveniva precedentemente. Non perché il popolo russo si è “risvegliato” grazie a Twitter!!!

        Saluto tutta la redazione, ringrazio per l’attenzione e mi scuso per la prolissità.

  2. Aspetta. Un conto è quello che penso io. Matteo Zola. Un conto è quello che scrive l’articolista, Alessandro Mazzaro. Personalmente sono d’accordo con te su tutta la linea e condivido il fastidio per certe semplificazioni mediatiche già viste per le rivoluzioni arabe: la rivolta di twitter, etc. Cavolate che si sono dimostrate tali con il proseguo delle vicende a cui noi, su Ej, non abbiamo mai dato credito. Come non lo facciamo per la Russia. Alessandro Mazzaro fa una semplice, e secondo me corretta, relazione: nelle regioni dove il potere autoritario ha più bisogno di legittimità, il voto per Putin è stranamente elevato, quasi plebiscitario. E siccome parliamo della delicata situazione del Caucaso settentrionale non mi pare un dato secondario.

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