ELEZIONI POLONIA /3 – Vigilia del voto. I partiti minori saranno l'ago della bilancia

 

Outlook uncertain”, titola il Warsaw Business Journal sulle elezioni polacche, con una metafora economica. In pochi mesi, quella che sembrava dover essere una passeggiata per un governo stabile e popolare rischia di trasformarsi in una trappola che potrebbe restituire alla Polonia uno scenario politico frammentato ed un governo più debole.

I sondaggi di venerdì 7 ottobre, ultimo giorno di campagna prima del silenzio elettorale, danno Piattaforma Civica (PO), il partito centrista del premier Donald Tusk, in risalita al 39% contro il 29% del partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) dello sfidante ed ex-premier Jaroslaw Kaczynski. A seguire in parità il 10% del Movimento Palikot (RP), nuovo soggetto politico liberale ed anti-clericale, il 9% degli agrari del Partito Popolare Polacco (PSL), alleati di Tusk, e il 9% dell’Alleanza Democratica di Sinistra (SLD). Se tali valori dovessero essere confermati alle urne, Tusk vedrebbe salva la poltrona da premier, ma dovrebbe allargare la coalizione PO-PSL ad un altro partito, RP o SLD, con un laborioso processo di negoziazione post-elettorale. Dall’altra parte, Kaczynski deve sperare in una volata dell’ultimo momento per raggiungere i voti necessari a formare una maggioranza: dei tre partiti minori, solo gli agrari non hanno escluso di entrare in coalizione con i conservatori.

D’altronde, PO ha sempre avuto maggiori difficoltà a mobilitare i propri elettori, mentre PiS è sempre risultata sottostimata dai sondaggi: secondo una ricerca, un terzo degli elettori conservatori sono molto attenti ad esprimere le proprie idee politiche, contro solo il 12% degli elettori di PO. Un po’ come avviene in Italia per gli elettori di Lega e PdL, sembra che le idee conservatrici siano meno accettate nel dibattito pubblico e si esprimano prevalentemente nelle urne. Ad oggi, le possibilità di vittoria dei due candidati potrebbero quindi essere realisticamente paritarie. Tusk ha passato la chiusura della campagna elettorale in Slesia, dove la fedeltà degli elettori autonomisti del RAS al governo è tutta da conquistare, mentre Kaczynski ha preferito terminare a Gdansk, per rimarcare le radici del suo partito nell’esperienza di Solidarnosc.

Proprio per mobilitare gli elettori ancora indecisi e la propria base elettorale disillusa (secondo alcuni, fino al 20-25% degli aventi diritto al voto), tanto Kacynski quanto Tusk, al termine di una campagna elettorale dai toni relativamente pacati, hanno puntato sul discredito e la demonizzazione dell’avversario. Tusk sa che la sua risorsa di maggior valore è il pessimo ricordo, per la maggioranza dei polacchi, del biennio 2005-2007 di governo Kaczynski; gli ultimi cartelloni elettorali riprendono come spauracchio alcuni dei gruppi sociali più conservatori e sostenitori dello sfidante premier. Da una parte i “difensori della croce”, con riferimento alle proteste di piazza relative alla rimozione della croce di legno piantata davanti al palazzo presidenziale in memoria di Lech Kaczynski, presidente della Repubblica morto nel disastro aereo di Smolensk nell’aprile 2010; dall’altra parte, certi hooligan, come Staruch, leader degli ultras della Legia Warszawa, recentemente arrestato e definito da Kaczynski un “patriota”. “Loro vanno a votare, e tu?” è lo slogan, provocatorio ed emozionale, e sul limite del politicamente corretto, ma che potrebbe effettivamente servire a mobilitare quegli elettori che voterebbero PO pur come diceva Montanelli “turandosi il naso”, per evitare un ritorno al potere dei conservatori.

Dall’altra parte, Kaczynski ha puntato sull’impresentabilità di Janusz Palikot (RP), ex-PO candidato su una piattaforma decisamente radicale per gli standard polacchi, con venature anti-clericali e la proposta di legalizzazione delle droghe leggere. “Lunedì Palikot potrebbe essere al governo”, recitano i cartelloni di PiS. L’effettivo risultato elettorale del Movimento Palikot resta un’incognita: Tusk si è affrettato a smentire ogni possibile cooperazione con Palikot, per non rischiare di perdere i voti moderati. Inoltre, Kaczynski ha rinfrescato l’immagine del partito con una “operazione Carfagna”, sparpagliando una decina di belle e giovani ragazze in vari collegi elettorali, per fare dei conservatori un partito “cool” e attrarre i voti dei giovani sotto i 25 anni.

Il ruolo della Presidenza della Repubblica, in uno scenario post-elettorale in cui Kaczynski dovesse risultare vincitore, è comunque da verificare. Il presidente Komorowski (PO) ha il potere costituzionale di affidare il mandato per la formazione del governo, ma non è detto che debba selezionare il leader del maggior partito. Un suo consigliere ha detto alla stampa, nei giorni scorsi, che in caso di vittoria elettorale del PiS Komorowski potrebbe comunque selezionare un politico differente, soprattutto nel caso in cui PiS non avesse chance di formare una coalizione di maggioranza in parlamento. Komorowski si troverebbe così in condizione di king-maker, di fronte ad un Tusk costretto a formare un governo di minoranza o addirittura a cedere il posto al leader degli agrari Pawlak, e ad un agguerrito Kaczynski che potrebbe passare la prossima legislatura a lamentare la vittoria scippata.

Le prospettive post-elettorali di una coalizione anti-conservatrice allargata non sono comunque semplici: solo per quanto riguarda l’economia, PO e RP hanno una piattaforma liberale, PSL punta ad assistere la propria base elettorale rurale, mentre SLD punta ancora sul ruolo dello stato in economia. Tusk ha proclamato che solo un suo rinnovato governo potrebbe impedire a Varsavia di “fare la fine della Grecia”, ma una coalizione allargata si troverebbe comunque di fronte a molte più difficoltà nel trovare una linea politica comune, indebolendo il governo. I risultati dei partiti minori saranno quindi vitali per capire che tipo di governo siederà a Varsavia nei prossimi quattro anni.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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