ELEZIONI KOSOVO /1 – Hasim Tachi, il serpente vince le elezioni

di Matteo Zola

Elezioni in Kosovo, elezioni di un Paese fantasma, riconosciuto da solo 72 stati (di cui 22 membri dell’Unione Europea) e ancora “inesistente” per Romania, Russia, Slovacchia e Spagna, ma anche Brasile e Argentina, Grecia e Cipro, e ovviamente Serbia. Le elezioni in Kosovo che si sono tenute questa domenica sono le prime dall’indipendenza del Paese, avvenuta nel 2008. Il premier uscente, e probabile vincitore, è Hasim Tachi, gjarpëri (il serpente) come lo chiamavano durante la militanza nell’Uck. Durante gli anni dela lotta dei kosovari contro i serbi, una lotta densa di ombre, Tachi emerse come leader “moderato”, favorevole all’autonomia piuttosto che all’indipendenza. Per questo fu interlocutore privilegiato dagli occidentali.

Tachi seppe capitalizzare questa situazione, ponendosi presto come guida dell’Uck e, una volta terminata la guerra, si autoproclamò primo ministro. Il New York Times accusò Tachi di aver liquidato i rivali politici e di aver autorizzato ritorsioni contro la minoranza serba. Nell’ articolo – titolato “I leader dell’ Uck legati a una mortale lotta di potere” – il giornale americano precisa che Thaci proviene dal “Movimento popolare kosovaro”, finanziato dal dittatore albanese Enver Hoxha -fino alla sua morte, nell’ 85- per costituire la Grande Albania (si legga qui, qui e qui in italiano).

Il curriculum di Tachi si allunga con le accuse di traffico internazionale di droga, avanzate dal Washington Post*. I proventi del narcotraffico sarebbero serviti per finanziare la lotta d’indipendenza e poi, una volta terminato il conflitto, avrebbero ingrassato i patrimoni dei vecchi comandanti nel frattempo divenuti uomini politici di punta nel neonato stato del Kosovo. Sebbene l’Uck sia stato ufficialmente sciolto alla fine del conflitto nel 1999, dalle sue ceneri venne fatto sorgere un corpo armato denominato “Kosovo Protection Force” (KPF), essenzialmente composto da guerriglieri dell’Uck, mentre il cosiddetto “Partito Democratico del Kosovo” (PDK) fu formato in gran parte riciclando alla sua testa la leadership politica dell’UÇK. Il monopolio della forza ottenuto attraverso la trasformazione dell’UÇK in KPF fu immediatamente usato dal neonato PDK per conquistare il controllo politico di quasi tutti i posti chiavi di governo.

Tachi, a differenza di altri leader dell’Uck, non è mai stato formalmente accusato di crimini di guerra. Oggi sorride alle telecamere e mostra il pollice alzato. La sua campagna elettorale è stata semplice ma efficace: noi abbiamo liberato il Paese, noi abbiamo ottenuto l’indipendenza, noi abbiamo l’appoggio di americani ed europei, noi abbiamo i (loro) soldi per costruire ospedali e scuole. Il tutto condito da promesse di aumento di salari e futuro benessere.

Queste elezioni sono state volute proprio da Tachi che, primo ministro in carica, si è dimesso per creare un nuovo esecutivo, forse con l’appoggio dell’Akr del milionario Behgjet Pacolli e dei partiti delle minoranze, per assicurarsi una posizione di forza in vista del prossimo dialogo tecnico con Belgrado. Tra Serbia e Kosovo si dovrà infatti aprire un tavolo di trattative che farà male a entrambi: i serbi in cambio del doloroso riconoscimento ufficiale del Kosovo chiederanno contropartite pesanti, come l’autonomia per il Kosovo del nord, a maggioranza serba.

Scrive Francesco Martino, di Osservatorio Balcani: “Il calcolo politico di Thaci si è basato su due fattori principali: le difficoltà degli altri soggetti politici kosovari e l’aspettativa di supporto da parte dei partner internazionali. Non è però detto che l’esito del voto sia alla fine quello desiderato, anche si i sondaggi danno al PDK la maggioranza relativa dei voti (30%)”.

Tachi, che gli exit poll danno in vantaggio, si è affrettato a dichiarare la propria vittoria. Gli osservatori internazionali hanno sottolineato come il voto si sia svolto nell’assoluta regolarità ma, considerato il tessuto economico-criminale del Paese, restano forti i dubbi sulle ingerenze della mafia kosovara su queste elezioni.

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*KLA finances fight with heroin sales Terror group is linked to crime network”; Jerry Seper. Washington Times. Washington, D.C.: May 3, 1999. pg. A.1

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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