ECONOMIA: Cos'è la Shanghai Cooperation Organization, unione asiatica anti-americana

di Matteo Bartolini

Le funzioni della Shanghai Cooperation Organization (SCO)

 

Le origini della Shanghai Cooperation Organization (SCO) risalgono al 1996, anno nel quale Russia, Kazakhstan, Kirghizistan, Tajikistan e Cina stipularono il Treaty on Deepening Military Trust in Border Regions con il fine di avviare un meccanismo di cooperazione in campo militare denominato “Shanghai Five” che, solamente tre anni più tardi, si estese ai settori della lotta al terrorismo internazionale, al traffico di droga, all’immigrazione clandestina e all’estremismo religioso. L’istituzione formale della SCO risale tuttavia al 2001, quando ai cinque stati precedentemente citati si aggiunse l’Uzbekistan. Negli anni successivi anche Mongolia (2004), India, Iran e Pakistan (2005) sono stati ammessi all’interno dell’organizzazione, ma solamente con lo status di osservatori.

Attualmente le principali funzioni della Shanghai Cooperation Organization sono riconducibili alla promozione di una cooperazione nei settori più disparati, da quello politico, a quello energetico, passando per quelli della sicurezza, della tecnologia, dell’economia, del commercio e dei trasporti. I progetti sono posti in essere utilizzando esclusivamente i fondi erogati dai paesi membri e questo garantisce una netta preponderanza della Russia e della Cina che, oltre ad essere gli attori più importanti dal punto di vista politico, sono anche i principali finanziatori. Si calcola infatti che Pechino abbia messo a disposizione dell’organizzazione un credito di circa 900 milioni di dollari mentre la cifra stanziata da Mosca si stima essere pari a 500 milioni.

Il settore che presenta le potenzialità maggiori è quello della cooperazione energetica, tanto è vero che in un summit del 2007 era stata avanzata la proposta, sostenuta dall’allora presidente russo Vladimir Putin, di creare una sorta di mercato unificato per il gas e il petrolio attraverso la stipula di accordi preferenziali tra i paesi membri . Un meccanismo di questo tipo permetterebbe la nascita di una sorta di OPEC centro-asiatica, dalla quale potrebbero teoricamente trarre benefici sia i paesi produttori, che avrebbero la possibilità di creare una sorta di cartello del gas, che quelli consumatori, i quali potrebbero contare su un sistema di approvvigionamento più stabile.

Altri importanti settori di cooperazione risultano essere, come già anticipato in precedenza, quelli della lotta al terrorismo, all’estremismo religioso e al separatismo, questioni che interessano sostanzialmente tutti i paesi partecipanti alle attività dell’organizzazione. A dimostrazione dell’impegno verso questi temi fin dal 2004 è stato creato un organo permanente, denominato Regional Anti-Terrorist Structure (RA-TS), avente il preciso compito di elaborare strategie di intervento contro la diffusione di attività terroristiche a livello interregionale. Allo stesso tempo, lungi dall’essere semplicemente un mezzo per il rafforzamento delle relazioni economiche e della sicurezza, la Shanghai Cooperation Organization ha un’importante valenza anche dal punto di vista politico perché rappresenta il tentativo di creare un sistema di cooperazione in grado di fornire un’alternativa e di porre un contenimento alla strategia di espansione statunitense che, in tale area, si sta peraltro rivelando piuttosto incerta e non in grado di integrarsi appieno con il tessuto politico-economico in continua evoluzione che caratterizza la regione.

Nonostante le indubbie potenzialità che la SCO dimostra di possedere si deve però sottolineare che, al di là delle dichiarazioni di principio, essa non possiede allo stato attuale una capacità di intervento e un’incisività sufficiente a realizzare gli obiettivi ambiziosi che essa si pone. Il motivo principale di questa debolezza di fondo risiede principalmente nel fatto che, pur condividendo alcuni obiettivi comuni, gli stati membri perseguono politiche molto diverse e talvolta in conflitto tra di loro, pertanto sembra ragionevole sostenere che, allo stato attuale, la strada per arrivare ad un sistema di cooperazione veramente efficace sia ancora piuttosto lunga e non priva di concrete difficoltà.

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