CIPRO: Ripartono i negoziati, la riunificazione sembra più vicina

Come ci si aspettava nelle ultime settimane, lo scorso 15 maggio sono ripresi i colloqui di pace a Cipro. Nikos Anastasiades e Mustafa Akinci, presidenti delle due repubbliche in cui è divisa l’isola – quella greco-cipriota a Sud e quella turco-cipriota a Nord – si sono incontrati a Nicosia per far ripartire i negoziati, con la mediazione dell’inviato delle Nazioni Unite, il norvegese Espen Barth Eide, dopo essersi visti per la prima volta quattro giorni prima. La svolta positiva era attesa dalla fine di aprile, quando i turco-ciprioti avevano eletto presidente il moderato di sinistra Akinci, favorevole a una rapida ripresa del processo di pace.

Quella di Cipro, divisa in due entità territoriali dal 1974, è la più vecchia e complicata crisi ancora in corso in Europa. L’isola riuscì a ottenere l’indipendenza dal Regno Unito nel 1960, ma presto scoppiarono scontri tra i greco-ciprioti e la minoranza turca, che portarono a forti tensioni tra Grecia e Turchia, risolte dall’allora presidente Usa Lyndon Johnson. Nel 1974, con il “regime dei Colonnelli” al potere in Grecia, i nazionalisti greco-ciprioti organizzarono un colpo di Stato sull’isola, con l’obiettivo di unificarla alla Grecia (enosis). La Turchia rispose invadendo Cipro, ufficialmente per “proteggere la minoranza turca”, ma di fatto occupando una zona molto più vasta di quella tradizionalmente abitata dai turco-ciprioti. La partizione seguita agli eventi del 1974 è ancora in atto: la repubblica greco-cipriota è riconosciuta dalla comunità internazionale e fa parte della Ue, quella turco-cipriota solo dalla Turchia. E la città più importante dell’isola, Nicosia, è l’unica capitale al mondo ancora divisa in due zone.

Nel 2004 Kofi Annan propose un piano per superare la divisione dell’isola, con la riunificazione in un’entità federale chiamata Repubblica Unita di Cipro. La proposta fu sottoposta a un referendum e approvata a larga maggioranza dai turco-ciprioti, ma fu bocciata dal 75% dei greco-ciprioti. Nel 2014, con l’arrivo del nuovo inviato delle Nazioni Unite Eide, i negoziati sono ripresi, per poi interrompersi poco dopo a causa di una controversia sullo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.

Per molti osservatori, questo riavvicinamento è la migliore occasione da anni per arrivare a una soluzione definitiva della crisi cipriota. Le circostanze favorevoli, infatti, sono diverse. L’elezione di Mustafa Akinci, convinto sostenitore del negoziato, ha sbloccato la situazione per la parte turco-cipriota, allontanando dal potere la vecchia generazione di “falchi”, come l’ex presidente Eroglu, che non avevano intenzione di impegnarsi per la riunificazione dell’isola ed erano invece molto vicini alla Turchia. I discorsi di Akinci, che dopo l’elezione ha chiesto alla Turchia un maggiore rispetto dell’indipendenza di Cipro Nord, hanno fatto infuriare il presidente turco Erdoğan  “le sue orecchie avrebbero bisogno di sentire ciò che dice la sua bocca”, ha detto riferendosi alla richiesta di Akinci. La Turchia mantiene alcune migliaia di soldati a Cipro Nord, e con i suoi aiuti ha garantito la sopravvivenza economica della repubblica turco-cipriota, sempre difficoltosa a causa dell’isolamento internazionale. Ma negli ultimi anni le condizioni di vita a Cipro Nord sono peggiorate sempre più, con un forte aumento della disoccupazione: la causa, in parte, è anche la diminuzione degli aiuti in arrivo dalla Turchia, alle prese con una fase di stagnazione economica dopo anni di boom. Per questo, molti turco-ciprioti, soprattutto giovani, sono sempre più favorevoli alla riunificazione dell’isola in una federazione che farebbe parte della Ue e potrebbe portare a un netto miglioramento delle loro condizioni economiche. Inoltre, molti turco-ciprioti vedono ormai la riunificazione come l’unica possibilità per mantenere la loro identità culturale ed evitare l’assimilazione da parte della Turchia – che negli ultimi anni ha spinto moltissimi suoi cittadini a trasferirsi dall’Anatolia a Cipro Nord – e sfuggire anche al rischio di “islamizzazione” ad opera del partito di Erdogan.

Anche i greco-ciprioti – dopo anni di scetticismo – stanno diventando sempre più favorevoli alla fine della partizione. La Repubblica di Cipro ha attraversato una grave crisi finanziaria nel 2012-2013, ed ha fatto ricorso al programma di bailout di Ue, Bce e Fondo Monetario Internazionale. La riunificazione, secondo molti, potrebbe essere l’unico modo per sfruttare pienamente le due maggiori risorse economiche dell’isola: i giacimenti sottomarini di idrocarburi e il turismo.

Le storie politiche dei due leader sembrano adatte a garantire una buona cooperazione. Akinci in passato è stato sindaco della parte turca di Nicosia, e si è sempre impegnato per una collaborazione tra le due parti della città che potesse migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini. Anastasiades è uno dei politici greco-ciprioti più favorevoli a una soluzione federale della divisione.

Le prime fasi del nuovo negoziato sembrano incoraggianti: i due leader si sono ripromessi di incontrarsi due volte al mese per continuare i colloqui, e hanno preso alcune decisioni utili a creare un clima di collaborazione, come l’eliminazione dei visti per passare da una parte all’altra dell’isola. Gli ostacoli da superare, però, saranno molti. Anastasiades dovrà riuscire a convincere i greco-ciprioti ancora contrari alla riunificazione. Poi, le due parti dovranno decidere che forma di governo federale adottare, e come risolvere la questione delle riparazioni con cui risarcire le migliaia di ciprioti che nel 1974 dovettero abbandonare le loro case e i loro beni perché improvvisamente si trovarono “dalla parte sbagliata” dell’isola.

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