CECENIA: Islam, guerra, Cremlino. Le vie della Cecenia

di Matteo Zola

L’attacco di ieri al Parlamento di  Grozny ha ricordato all’opinione pubblica europea la questione cecena. Una questione che si conosce poco ed è vittima di manicheismo: la polarizzazione bene-male si rivela semplicistica soluzione. Gli omicidi di giornalisti e attivisti hanno fatto luce sulla condotta di Mosca in Cecenia e hanno messo al Cremlino l’etichetta del cattivo. L’attuale presidente ceceno, Razman Kadyrov, è “l’uomo di Mosca” quindi cattivo lui pure. E i buoni chi sarebbero? Gli indipendentisti ceceni, ovvio. Ma i guerriglieri ceceni sono islamisti, radicali dunque. Ed ecco che anche loro si trovano appiccicata alla fronte l’etichetta di cattivi. Ma in ogni favola che si rispetti ci sono i buoni, e vincono sempre alla fine.

Cecenia musulmana

Smettiamo di guardare alla Storia come a un film western, i nostri non arriveranno. Proviamo a capire le posizioni in campo facendo un passo indietro nel passato. Oggi la popolazione cecena è musulmana. Anch’essi (come i bosniaci nei Balcani) sono autoctoni e si sono convertiti all’Islam durante la dominazione ottomana del XV secolo. Essi non sono dunque “estranei” al contesto caucasico. La struttura sociale è clanica, ci sono più di cento clan detti teip. Il clan non si basa sul sangue (ovvero sull’appartenenza famigliare) ma sulla terra. Il controllo della terra genera conflitto tra i clan. Ogni clan è -dal punto di vista religioso- guidato da un mistico. L’Islam ceceno infatti aderisce al sufismo, corrente spirituale islamica eterodossa, che predilige la vita interiore e la ricerca dell’ascesi connotandosi per un marcato pacifismo (anche in Bosnia è assai diffuso il sufismo).

Il fondamentalismo islamico

Da dove viene dunque l’islamismo fondamentalista? Il salafismo (dall’arabo salaf, antenato) è un Islam che si rifà strettamente alla lezione coranica: nient’altro che uno dei tanti movimenti che predicano il ritorno alla purezza (si veda, in campo cristiano, il catarismo o persino il luteranesimo originario). Il salafismo (detto anche wahabitismo dal nome di Muhammad ibn ʿAbd al-Wahhāb, riformatore religioso del XVII secolo) guarda con sospetto al sufismo, e con esso tutte le teologie islamiche più raffinate. Esso professa il primato della Tradizione sull’innovazione. In epoca recente rifiuta il filo-americanismo seguito dai Paesi arabi e si radicalizza progressivamente fino al ricorso al Jihad per affermare “l’eccellenza islamica” sul mondo.

Il compromesso con Mosca

Il salafismo si diffonde in Cecenia negli anni ’50 rimanendo, ad oggi, minoritario benché largamente diffuso. Gli indipendentisti ceceni che ieri hanno messo a ferro e fuoco il Parlamento sono, appunto salafiti. Essi sono i cattivi mentre gli altri ceceni i buoni? Tra gli “altri” ceceni buoni si dovrebbe allora annoverare Razman Kadyrov, l’uomo di Mosca, oggetto dell’attacco dei guerriglieri. Kadyrov, come suo padre Ahmed, è un nazionalista ceceno. Suo padre, anzi, combattè Mosca prima di cercare la via del compromesso. Il compromesso dei Kadyrov è quello della rinuncia all’indipendenza in cambio di una autonomia sempre più larga (e di una montagna di rubli proveniente da Mosca).

Kadyrov padre-padrone

Certo Kadyrov ha più ombre che luci, gestisce denari in modo dubbio; favorito dalla struttura clanica del suo Paese ha messo in piedi una rete di clientelismo; si dedica ad affari sporchi e traffici per conto suo e di Mosca; ha appoggiato lo sterminio compiuto dal Cremlino al suo popolo. Un’altro cattivo dunque? Kadyrov, in questi tre anni di presidenza, ha ricostruito Grozny dichiarando guerra ai ribelli e cercando il consenso della popolazione spesso ricorrendo a misure paternaliste. Il simbolo del suo potere è la Moschea di Grozny, la più grande di tutta la Russia, intitolata al padre.
Con quest’operazione il presidente ceceno ha promosso un ritorno all’Islam e alla tradizione, con l’obiettivo di incrociare il favore popolare. Un ritorno alla trdizione potrebbe però favorire proprio i ribelli salafiti il cui obiettivo è creare uno stato islamista nel cuore del Caucaso.

Al di là dalle etichette

Al di là delle etichette e degli eccesi emotivi, il conflitto ceceno e la realtà in cui si realizza sono assai complessi. La polarizzazione buoni-cattivi è inutile. La via della pace si può forse tracciare proprio attraverso il compromesso con Mosca, un compromesso gravido di ombre oscure e che si porta dietro la scia di sangue del massacro compiuto dall’esercito russo. Ma l’indipendentismo ceceno, rappresentato dal fondamentalismo, può essere una via di sviluppo pacifica per il Paese? Trovare una risposta a questi interrogativi non è facile, ma conoscere certi aspetti senza cedere alle semplificazioni può essere utile a comprendere.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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4 commenti

  1. Gran bel pezzo Matthew. Lo posso linkare sul mio blog?

  2. interessante, sì. Bravi

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