MITTELEUROPA: Accordo sui migranti, nessun passo indietro

Il controverso quanto fragile accordo sui migranti raggiunto dai capi di stato e di governo dei paesi dell’Unione Europea ha lasciato il campo a molti dubbi e a differenti interpretazioni sulla riuscita o meno del vertice del 28 e 29 giugno. Quel che appare evidente a tutti è che, a conclusione del consesso europeo, nessun reale passo in avanti è stato compiuto sul raggiungimento di una soluzione comune alla crisi migratoria, con i paesi del gruppo Visegrád, e non solo, arroccati su posizioni intransigenti e indisponibili a qualsivoglia efficace compromesso con gli altri governi dell’Unione.

La scelta comune del gruppo

Il 26 giugno si erano incontrati a Budapest i ministri degli Interni di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia per porre nero su bianco una posizione comune da prendere nel corso del vertice europeo.
I quattro hanno ribadito la linea del Migration Crisis Response Mechanism (MCRM) del 2016, consistente in una maggiore protezione dei confini nazionali ed europei e nell’ aumento dei rimpatri per i non aventi diritto d’asilo. Inoltre, la linea politica dei governi dell’area ha sempre escluso la possibilità, paventata a più riprese dai partner comunitari, di introdurre un meccanismo di ricollocamento dei migranti tra tutti i membri dell’Unione. Nonostante il ritorno della crisi migratoria nell’agenda politica europea dopo il cambio di strategia da parte dell’Italia, vi erano tutte le premesse per un esito negativo del vertice.

Il nulla di fatto

L’accordo, faticosamente raggiunto dopo nove ore di negoziati, ha previsto l’apertura di hotspot per l’esame delle richieste d’asilo anche in paesi diversi da quelli di prima entrata, definendo però come “volontaria” la creazione di questi centri. La discriminante della volontarietà è stata l’oggetto principale delle critiche riguardo l’incapacità decisoria e la mancanza di fermezza degli esecutivi europei nell’impostare una strategia comune e comunitaria.

I governi di Visegrád, che da sempre si battono per la costruzione di questi centri in territorio africano al fine di evitare le partenze a monte, sono perciò apparsi come i reali vincitori delle trattative in seno al vertice europeo. Il primo ministro ceco Andrej Babiš ha parlato di “grande successo” della strategia del blocco, capace di imporre durante i negoziati il principio di volontarietà nel ricollocamento dei migranti e di escluderne un processo di redistribuzione tramite quote.

Le reazioni del gruppo Visegrád

Nelle ore successive il vertice europeo, inoltre, la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva annunciato di aver raggiunto accordi con 14 paesi, tra cui Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, per la regolamentazione dei movimenti secondari, consistenti nel rientro di quei migranti che hanno richiesto assistenza in paesi diversi da quelli di primo approdo. La smentita da parte del blocco di Visegrád non si è fatta attendere.
L’ex ministro delle finanze Babiš ha prontamente negato di aver negoziato qualsiasi accordo sul rientro dei richiedenti asilo, aggiungendo come non vi sia stato, e non vi sarà in futuro, alcun tipo di trattativa che preveda la possibilità per la Repubblica Ceca di accogliere anche un solo migrante illegale all’interno dei propri confini. Anche il PM ungherese Viktor Orbán ha prontamente dichiarato la sua contrarietà a un accordo politico in tal senso.

La stessa voce è quindi venuta dal governo polacco. Per il primo ministro Mateusz Morawiecki la posizione europea uscita dal vertice è la stessa della Polonia. Il neo-premier slovacco Peter Pellegrini ha sottolineato, inoltre, come nessun migrante entrerà nel paese senza il consenso del governo.
L’impressione è che, indipendentemente dalla linea politica europea, la Repubblica Ceca e gli altri governi del blocco di Visegrád non accetteranno alcun compromesso. Nessun paese dell’area acconsentirà all’introduzione di un sistema di redistribuzione e ricollocamento, né alcun hotspot sarà aperto all’interno dei confini di Visegrád. La strada verso una soluzione europea alla crisi migratoria rimane in salita.

Photo: Daily News Hungary

Chi è Leonardo Benedetti

Nato, cresciuto e laureatosi a Roma, si è innamorato della Mitteleuropa dopo un soggiorno studio a Praga. Attualmente vive in Polonia dopo aver transitato tra Romania e Repubblica Ceca, dedicando a quest'ultima gran parte dei suoi sforzi accademici ma soprattutto epatici.

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Un commento

  1. Se un giorno si capirà che la penisola europea è da dividere tra paesi bagnati dal Mediterraneo e non, e non solo per ragioni economiche(2 velocità per l’euro da subito!) ma anche etniche perché i popoli sono carichi di culture differenti, allora l’allargamento ad est, cmq controcorrente, sarà possibile. E dico controcorrente a ragion veduta: l’errore, poi orrore, di Hitler. La geopolitica non si può opporre alle correnti migratorie. Queste vanno, da sempre, da est ad ovest e da sud a nord.

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