Mostar, vent’anni fa. La fine del ponte che univa la Jugoslavia

Era quel simbolo, e non il manufatto, che si era voluto colpire. La pietra non interessava ai generali croati. Il ponte, difatti, non aveva alcun interesse strategico. Non serviva a portare armi e uomini in prima linea. Esisteva, semplicemente. Era il luogo della nostalgia, il segno dell’appartenenza e dell’alleanza tra mondi che si volevano a tutti i costi separare”. 

(Paolo Rumiz, La Repubblica, 2 novembre 2003)

Pochi sanno che ci sono due 11 settembre: l’attacco alle orri Gemelle nel 2001 e il golpe cileno di Pinochet nel 1973. Quasi nessuno sa che ci sono due 9 novembre: la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la distruzione del ponte di Mostar nel 1993. Come la dissoluzione della cortina di ferro, le cannonate dei militari croati che spezzarono in due la capitale dell’Erzegovina segnarono la fine di un mondo, di un sistema di valori fondato sulla coesistenza delle diversità che – su scala più ampia – era lo stesso che teneva insieme la Jugoslavia di Tito.

Fino all’esplosione del conflitto, a Mostar musulmani e croati avevano convissuto tranquillamente. I primi occupavano la parte a est dello Stari Most (“vecchio ponte”, da cui prende il nome la città), i secondi quella a ovest. Una separazione pacifica, che con la guerra sarebbe diventata una frattura dolorosa. Aggrediti dai serbi, croati e musulmani iniziarono a combattersi tra di loro, in casa propria, nei luoghi che avevano condiviso per tanto tempo. Nella zona occidentale si trovava l’unico accesso all’acqua potabile: quando i soldati del comandante Slobodan Praljak lo abbatterono, intrappolarono 55 mila musulmani, per lo più donne e bambini. Il ponte sul fiume Neretva, fino ad allora attraversato di notte e di corsa per sfuggire ai cecchini, divenne un muro invalicabile. Gli scontri proseguirono fino al “cessate il fuoco” del 25 febbraio 1994. Il passaggio da una parte all’altra della città rimase proibito fino al 1996.

La ricostruzione dello Stari Most è stata ultimata solo nel 2004: nel frattempo è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, così come tutto il centro città. E’ ripresa anche la tradizione dei tuffi nella Neretva. Durante l’anno i ragazzi bosniaci si sfidano gettandosi dal “vecchio ponte”: il 27 luglio si tiene addirittura una gara ufficiale. Pare che ormai partecipino quasi esclusivamente i giovani della parte musulmana. Anche questo è il segno di una “Jugoslavia delle diversità” che esiste ancora, ma che dal 9 novembre 1993 è molto più fragile. Spiegare perché persone che abitavano insieme da decenni presero a uccidersi è un compito difficile, che spetta innanzitutto agli storici. Di sicuro è necessario motivare la rapida frantumazione di quello scenario di convivenza delle differenze che erano Mostar e tutta la Jugoslavia socialista, per elaborare positivamente il lutto della guerra e costruire un futuro sereno per i Balcani.

Foto: Stari Most in Absentia, Oil on canvas on panel, 13 X 18 cm, by Christoffer Gertz Bech.

Chi è Andrea Monti

Giornalista a Radio Popolare Milano e Casa24Plus, ho fondato il sito Balcanews

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8 commenti

  1. ” Spiegare perché persone che abitavano insieme da decenni presero a uccidersi è un compito difficile, che spetta innanzitutto agli storici.” Proprio per questo motivo avrei evitato, nella stesura dell’articolo, di inserire la frase : “Aggrediti dai serbi, croati e musulmani iniziarono a combattersi tra di loro, in casa propria, nei luoghi che avevano condiviso per tanto tempo.”
    Croati e musulmani iniziarono a combattersi, punto. Non iniziarono a combattersi perche’ aggrediti dai serbi, e se e’ compito difficile spiegare il perche’ un conflitto etnico cosi’ terribile sia avvenuto e se secondo voi spetta innanzitutto agli storici tentare di darvi una spiegazione, vi prego di non tentare di dare una (vostra) spiegazione mediante l’utilizzo di luoghi comuni e vi esorto a citare nel caso fonti comprovate.
    Vi scrivo da lettore soddisfatto del servizio che prestate e da ragazzo che le conseguenze di quel conflitto le ha subite, cosi’ come le hanno subite e le subiranno le generazioni antecedenti e successive alla mia.

    • Grazie Dusan, la tua è una giusta critica. Credo comunque che l’autore del pezzo non volesse, con quella frase, implicare un nesso di causalità, ma solo di contemporaneità tra gli eventi, per rimarcarne ancora di più l’assurdità. Un saluto.

  2. Luigi Savio de Musso

    Concordo con Dusan, l’articolo a mio modo di vedere affronta un valido tema, ma allo stesso modo tale tema è molto complesso e non si può trattarlo con troppa superficialità. Quello che purtroppo la Serbia e i serbi stanno pagando in questo momento è per la maggiorparte dovuto al modo superficiale in cui noi occidentali ci siamo informati sulle guerre Jugoslave, sulla Jugoslavia e su quella che attualmente è la ex Jugoslavia.

    Luigi

  3. Berlino, 9 novembre ’89: cadeva un muro che “separava” tra loro due universi differenti!
    Mostar, 9 novembre ’93: cadeva un ponte che “univa” tra loro mondi diversi!
    Le stranezze della storia.

  4. un giornale croato 2 anni fa ha intervistato dei veterani di guerra, che spontaneamente hanno detto:
    <>.
    questo in maniera superficiale spiega tutto.
    l’odio etnico è solo una scusa superficiali da dare da bere agli imbecilli che non vedono oltre il loro stesso naso

    • uhhhh, perchè il sistema ha cancellato la scritta??? riporto di nuovo:
      un giornale croato 2 anni fa ha intervistato dei veterani di guerra, che spontaneamente hanno detto:
      “avevamo 16 o 17 anni circa, c’erano degli uomini politici importanti che ci diedero le armi, e ci dissero che se avessimo vinto la guerra saremmo diventati ricchi”
      questo, in maniera superficiale spiega tutto.
      l’odio etnico è solo una scusa superficiali da dare da bere agli imbecilli che non vedono oltre il loro stesso naso

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