BIELORUSSIA: Le sanzioni contro Lukashenko. Si ritirano i diplomatici dal Paese ma continuano gli affari

di Giovanni Bensi

L’Unione Europea ha l’intenzione di introdurre un blocco di sanzioni contro la Bielorussia già in marzo. Lo ha dichiarato il portavoce stampa dell’alto rappresentante del’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton. L’elenco delle persone alle quali è vietato l’ingresso sul territorio dell’UE si è accresciuto di 21 nomi.

Nell’elenco, per esempio, sono stati inclusi gli agenti delle milizie e i giudici che l’Unione Europea ritiene responsabili per le repressioni contro l’opposizione bielorussa. Questa nuova estensione delle sanzioni comunitarie contro la Bielorussia ha portato ad uno scandalo diplomatico. Minsk ha espulso due ambasciatori europei ed ha ritirato da Bruxelles e dalla Polonia i suoi rappresentanti. Come risultato, i diplomatici di tutti i 27 paesi dell’Unione hanno deciso di lasciare la Bielorussia.

Un paio di settimane fa il presidente Aleksandr Lukashenko ha detto letteralmente quanto segue: “Queste sanzioni che voi, europei, ci agitate sotto il naso, capitelo bene, per ora noi le sopportiamo. Ma se solo sorpasserete la linea rossa, noi risponderemo molto duramente”. Le opinioni degli esperti sono divise nel definire quale potrebbe essere la “linea rossa” di cui parla il presidente. Alcuni ritengono che dietro l’aggressiva retorica di Lukashenko non si nasconda niente e difficilmente gli europei raggiungeranno una qualsiasi “linea rossa”, o addirittura la supereranno. Vi sono anche coloro che affermano: per provocare l’ira del presidente, l’UE dovrebbe come minimo rinunciare all’importazione di petrolio e derivati bielorussi.

Minsk ha infatti notevolmente attivato la vendita di greggio all’Europa dopo aver ottenuto la possibilità di comperare il petrolio in Russia senza dazio. Per altro, i sostenitori di questa tesi non sono molti, tenendo conto dell’embargo in vigore sulle forniture all’Unione di petrolio proveniente da Iran e Siria.

Ancora un’altra versione a proposito di ciò contro cui Lukashenko mise in guardia gli ambasciatori riguarda la cosiddetta “business list”, l’elenco degli imprenditori e delle imprese bielorussi, vicini alle attuali autorità di Minsk, che gli europei vogliono sottoporre a sanzioni. Per la prima volta si parlato di questo elenco nel giugno dell’anno scorso, quando l’attenzione del Consiglio dell’Unione fu attratta dal consigliere economico del presidente Vladimir Peftiev. Sanzioni vennero applicate contro di lui e le compagnie di sua proprietà “Beltekheksport”, “Beltelekom” e “Sport-Pari”. De-facto, fino ad oggi, le misure restrittive non hanno gran che complicato la vita del businessman (e magari non l’hanno complicata per niente), cosa di cui è testimone la recente iniziativa del ministero degli esteri di Malta, il quale ha minacciato di denuncia penale coloro che non osservano le sanzioni contro Minsk, in particolare coloro che collaborano con Peftiev (l’uomo d’affari bielorusso attualmente è direttore commerciale della compagnia “Samuel International” registrata a Malta).

Alla fine del febbraio 2012 i giornali hanno pubblicato la notizia che nel “business list” avrebbe potuto entrare anche un altro importante imprenditore bielorusso, Jurij Chizh, proprietario della squadre di calcio Dinamo Minsk e capo del gruppo di compagnie Triple che si occupa di importazione e raffinazione di petrolio. Secondo fonti di stampa, il businessman ha evitato le sanzioni dell’Unione Europea solo grazie alla Slovenia. Chizh ha firmato un contratto per 100 milioni di euro con la compagnia edile slovena Riko per la costruzione di un hotel Kempinski nel centro di Minsk.

“Spero che i suoi futuri clienti sapranno e ricorderanno quanti prigionieri politici, e quanto a lungo, dovranno soffrire dietro le sbarre affinché loro possano godere dell’ospitalità di questo albergo”, ha commentato in un’intervista alla radio polacca il ministro degli esteri della Polonia, Radoslaw Sikorski.

Chi è Giovanni Bensi

Nato a Piacenza nel 1938, giornalista, ha studiato lingua e letteratura russa all'Università "Ca' Foscari" di Venezia e all'Università "Lomonosov" di Mosca. Dal 1964 è redattore del quotidiano "L'Italia" e collaboratore di diverse pubblicazioni. Dal 1972 è redattore e poi commentatore capo della redazione in lingua russa della radio americana "Radio Free Europe/Radio Liberty" prima a Monaco di Baviera e poi a Praga. Dal 1991 è corrispondente per la Russia e la CSI del quotidiano "Avvenire" di Milano. Collabora con il quotidiano russo "Nezavisimaja gazeta”. Autore di: "Le religioni dell’Azerbaigian”, "Allah contro Gorbaciov”, "L’Afghanistan in lotta”, "La Cecenia e la polveriera del Caucaso”. E' un esperto di questioni religiose, soprattutto dell'Islam nei territori dell'ex URSS.

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