ARMENIA: Una primavera di protesta

L’Armenia negli ultimi mesi è scossa da una serie di tensioni legate all’esito delle elezioni presidenziali svoltesi nel febbraio scorso. La prevedibile riconferma di Sargsyan ha scatenato infatti la reazione dei manifestanti appartenenti all’opposizione, guidati da Hovannisian, il quale dopo aver rifiutato di riconoscere la vittoria dell’avversario, negli ultimi mesi ha dato vita a una serie di proteste mirate a evidenziare l’illegittimità del risultato elettorale.

Gli scontri e le proteste sono iniziate a partire già dalla campagna elettorale, caratterizzata da una vera e propria assenza di alternative concrete al presidente uscente Serzh Sargsyan, data la decisione dei principali esponenti dell’opposizione di non prendere parte alle elezioni, su tutti Levon Ter-Petrosyan del Congresso Nazionale Armeno e Tsarukian Gagik, di Armenia Prospera. L’opposizione presentatasi in campagna elettorale è stata dunque rappresentata da tre diversi candidati: Raffi Hovannisian, Hrant Bagratyan e Paruyr Hayrikian (il quale proprio durante la campagna elettorale è stato vittima di un tentativo di omicidio).

In seguito alle elezioni del 18 febbraio, caratterizzate da una bassissima affluenza alle urne (60%) e da numerose proteste, come da previsione, il presidente uscente Sargsyan è stato rieletto con il 59% dei voti, contro il 37% ottenuto da Hovannisian. Il leader dei liberali non ha però voluto riconoscere la legittimità delle elezioni, e il giorno successivo al voto ha chiamato a raccolta il popolo armeno presso Piazza della Libertà a Yerevan, dove ha indetto un comizio nel quale ha invitato il presidente Sargsyan ad accettare la vittoria del popolo e a riconoscere la propria sconfitta, denunciando varie irregolarità registrate durante le votazioni.

Ulteriori tensioni si sono verificate in occasione della cerimonia di insediamento di Sargsyan, avvenuta il 9 aprile (di regola l’insediamento del presidente eletto avviene 40 giorni dopo lo svolgimento delle elezioni). Per questa data Hovannisian, che non ha mai smesso di contestare la vittoria dell’avversario, ha infatti organizzato una sorta di cerimonia alternativa, invitando nuovamente gli armeni a riempire le piazze in segno di protesta contro l’illegittima elezione di Sargsyan.

Quello che tutti temevano era una ripetizione dei tristi eventi del 1° marzo 2008, quando numerosi manifestanti dell’opposizione scesero in piazza per protestare contro la vittoria di Sargsyan alle elezioni presidenziali, svoltesi pochi giorni prima. Le accuse mosse contro il neo-eletto presidente armeno erano sempre le stesse: manipolazione della campagna elettorale e delle successive elezioni. Gli scontri tra poliziotti e manifestanti produssero un pesante bilancio di dieci morti e decine di feriti, tanto che l’allora presidente Robert Kocharian dovette proclamare lo stato di emergenza.

Così, in un clima di forte tensione, lo scorso 9 aprile, mentre Sargsyan prestava giuramento durante la cerimonia di insediamento, membri e sostenitori dei principali partiti dell’opposizione si sono ritrovati in Piazza della Libertà, dove Hovannisian, parallelamente al suo avversario, si è messo a recitare il proprio “Giuramento per la nuova Armenia”. La situazione ha rischiato di degenerare quando i manifestanti hanno voluto marciare verso il palazzo presidenziale, situato in via Baghramyan, zona che per l’occasione è stata chiusa al pubblico e posta sotto il controllo della polizia. Dopo i primi scontri e i primi arresti, Hovannisian è però riuscito a venire a compromessi con il capo della polizia Vladimir Gasparyan, prendendo la decisione di continuare la marcia di protesta, ma questa volta verso il Memoriale delle vittime del genocidio, dove i due hanno pregato insieme.

Riguardo all’esito di questa manifestazione l’opposizione armena è risultata divisa. I sostenitori di Hovannisian hanno lodato il leader liberale ricordando l’importanza di aver evitato spargimenti di sangue, soprattutto in rapporto ai fatti avvenuti nel 2008, mentre i più radicali sono rimasti delusi dall’epilogo della manifestazione, percependo la decisione di invertire la marcia verso il palazzo presidenziale come un segno di debolezza.

Probabilmente molti dubbi sulla tanto discussa efficacia di questa manifestazione verranno chiariti in seguito al risultato delle elezioni comunali che si svolgeranno il 5 maggio a Yerevan. Queste elezioni rappresentano un importante banco di prova per il partito di Hovannisian, infatti il Consiglio eletto nominerà il sindaco della capitale armena, nella quale risiede circa un terzo della popolazione totale del paese. Un’eventuale vittoria dell’opposizione cambierebbe notevolmente l’equilibrio politico del paese, e rappresenterebbe una vittoria fondamentale per Hovannisian e per il suo progetto di rinnovamento della classe politica del paese.

Foto: Bernard Walker

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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