ARMENIA: 24 aprile, il giorno del Medz Yeghern

di Enzo Nicolò Di Giacomo

Torniamo a parlare di un tema che fa molto discutere, che è quello del Genocidio degli Armeni, perché il 24 di aprile di ogni anno si celebra il giorno della memoria di tale immensa strage, denominata in armeno Medz Yeghern e traducibile in italiano come “Grande Male”.

Oggi si parlerebbe di “pulizia etnica” in danno della popolazione armena, dell’Anatolia orientale, stanziata in quella che un tempo era Armenia o Grande Armenia a tutti gli effetti. E’ indubbio che si tratti di massacro, o come si vorrebbe di “genocidio”, termine che indica un preordinato e scientifico progetto di eliminazione di massa di un’etnia o di una minoranza nazionale, stanziata in un determinato territorio.

Tutto ciò accadeva nell’Impero Ottomano, che iniziava lentamente a dissolversi e a sfaldarsi. Parteciparono alle operazioni di “pulizia”, oltre ai reparti dell’esercito ottomano, anche altre forze paramilitari di mercenari chiamate basci bozuk (in italiano “teste guaste”) e gruppi di irregolari curdi (non tanto innamorati dei cugini turchi, dai quali si differenziano per lingua, pur essendo anche loro in larga parte islamici) inquadrati nelle file imperialiste e tratti in inganno da vergognose astuzie, per istigare l’odio etnico e razziale avverso i vicini di casa armeni (i quali, giova ricordare, non erano affatto ospiti della Grande Turchia pre-Ataturk).

Il 21 aprile 1915, iniziò l’espulsione coatta degli armeni dai loro territori, culminata con la marcia forzata attraverso i territori desertici del Tauro Armeno. Questi furono cacciati e sospinti verso i confini attuali dell’Armenia-stato (oggi ridotta di circa la metà della sua vecchia estensione), in quello che fu un vero e proprio “esodo della morte”, iniziato con vari rastrellamenti in quasi tutti i villaggi e comunità a prevalenza armena, nei quali furono trucidate centinaia di migliaia di uomini donne e bambini. Da quella marcia forzata, nella quale tutta la popolazione armena dell’Anatolia orientale, fu spinta verso est, tra impiccagioni, stupri, crocifissioni a motivo della fede degli armeni (“cristiano-apostolica-gregoriana,non-caledoniana”), seguì anche una diaspora, che portò i sopravvissuti a disperdersi ovunque ed in tutto il mondo. La comunità più nutrita di armeni che vive al di fuori della madrepatria oggi si trova in Francia.

Il parlamento francese, spinto dalla necessità di salvaguardare gli interessi della comunità armena di Francia ed anche mondiale, nello scorso gennaio, promulgava una legge che qualificava come reato il “negare l’olocausto degli armeni”, sanzionando penalmente tale comportamento, con l’arresto e con un’ammenda. Tutto ciò, allo scopo di fornire alla coscienza civile mondiale, una collocazione del ricordo di tipo memorialistico e anche storicistico. Ma il difficile iter delle legge è stato di fatto bloccato da una pronuncia della Corte Costituzionale, che bocciando il provvedimento (fine febbraio 2012), ne decretava altresì l’incostituzionalità, impedendone la relativa entrata in vigore. Nonostante ciò, il parlamento sta prontamente preparando una nuova legge (almeno così parrebbe), che darà forse giusta connotazione giuridica, ad un comportamento illecito, irriguardoso ed incivile, che è quello di negare che Medz Yeghern sia accaduto, o come peggio ancora hanno fatto le autorità di Ankara, di definirlo e qualificarlo come “una serie di incidenti verificatisi ad inizio secolo”.

Il numero delle vittime non sarà mai possibile quantificarlo. Ma come in tutti i genocidi (a breve ricorderemo e tratteremo del “Genocidio dei Circassi”, simbolicamente celebrato il 21 maggio 1864), l’unica certezza è, che la storia si ripete in mille modi ed in mille sfaccettature diverse: il non parlarne è già di per sé, un atto criminale.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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7 commenti

  1. Senza nulla togliere alla tragedia degli armeni:
    Non sono d’accordo, come già quando si parlava della legge in questione al momento dei suoi passaggi parlamentari: ogni legge sulla memoria è intrinsecamente sbagliata, sulla storia devono dibattere gli storici e dev’essere ammesso il revisionismo. Zittire chi non è d’accordo non aiuta il dialogo, la presa di coscienza e la riconciliazione, ma infila solo in un tunnel di memorie divise ed incomunicabili, di incomprensioni e ritorsioni
    (ed inoltre è contrario ai diritti umani: ECHR/CEDU, caso Lehideux et Isorni contro Francia, fine anni ’80)

    A me continua a sembrare come uno dei tanti pretesti di Sarkozy per allontanare la Turchia dall’Europa (oltre che per accaparrarsi il voto armeno – il che pare non gli sia nemmeno bastato).

    • “As long as Turks and Armenians fail to see how the third parties hypocritically exploit this issue and fail to make a collective effort to solve their problems together, we will have to live with all these concerns for a very long time.”
      “the Armenian question is the question of a new Turkey. Without securing cognition about what happened in 1915, we may get as close to the doorsteps of the new Turkey, but we cannot get through it. ”
      http://www.agos.com.tr/its-time-for-cognition-for-turkey-1297.html

  2. Caro Davide:
    Nel merito, puoi ben immaginare che voglio ridurre tutto ai minimi termini…dicendoti: che sostenendo pienamente le mie tesi, mi batterò sempre, affinchè il Medz Yeghern, non meno grave della Shoah, sia riconosciuto come crimine anti-Cristiano dalla “tollerante” Europa e dalla “modernissima” Turchia, e vengano restituiti tutti i beni espropriati, requisiti e confiscati, alla Chiesa-gregoriana-armena, in Cilicia e nel Tauro!!!
    Ma ciò premesso, devo dirTi che, è la prima volta in assoluto che forse sento dire una grande verità. Hai avuto il coraggio di dire una cosa sacrosanta e soprattutto molto molto bella: “sulla storia devono dibattere gli storici e dev’essere ammesso il revisionismo” !!!
    Con riguardo, a presto.

    • Bonaiti Emilio

      Il genocidio o il massacro degli Armeni non può essere negato, é stato una delle tante pagine atroci del ‘secolo breve’. Quello che mi sembra inaccettabile é che un genocidio o un massacro venga solennemente riconosciuto e sanzionato penalmente da uno Stato democratico che, legiferando sulla memoria, condanni per delitto di opinione uno storico che voglia farla oggetto di studi e di analisi che lo portino a convincimenti diversi,
      Penso che sia interessante conoscere l’appello di 19 storici francesi che nel 2005 dichiararono: “La storia non é una religione. La storia non accetta nessun dogma. Lo storico non ha come ruolo di esaltare o condannare, egli offre spiegazioni. La storia non é schiava dell’attualità. Lo storico non applica sul passato degli schemi ideologici contemporanei e non introduce negli avvenimenti passati, la sensibilità di oggi. La storia non é memoria. Lo storico in un approccio scientifico raccoglie i ricordi degli uomini, li compara tra loro, e li confonta ai documenti, agli oggetti, alle tracce e stabilisce i fatti. La storia tiene conto della memoria, non si riduce ad essa.
      La storia non é un oggetto giuridico.

  3. Emilio, ho letto con molto interesse il tuo commento! Anche in questo caso mi sorgono numerosi dubbi, che però fanno scaturire in noi, una profonda riflessione e ci lasciano numerosi interrogativi. Di certo, posso aggiungere che quest’altra definizione della storia, contenuta nell’ appello del 2005, mi ha anche scosso, in quanto la ritengo “logicamente perfetta”…Adesso mi risulta persino difficile poter comprendere la frase suesposta “La storia tiene conto della memoria, non si riduce ad essa”…
    Né mi risulta facile definire intimamente , la difficile attività dello storico! In un certo senso hegelianamente discutendo, occorrerebbe una sintesi di tutto ciò! Per adesso ho tante certezze ed un’unica risposta !

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