E la Clinton disse “basta migranti”. Ovvero quando la sinistra perde la bussola

Era il 22 novembre quando una dichiarazione di Hillary Clinton, già candidata del partito democratico alle ultime presidenziali negli Stati Uniti, ha fatto fare alle terga di chi scrive un gran balzo sulla sedia. In un’intervista al Guardian, la Clinton ha detto che “l’Europa dovrebbe chiarire le proprie politiche migratorie, financo modificarle, perché non si può continuare con l’attuale modello di accoglienza che sta scombussolando il sistema politico”. La miccia dei populismi è stata accesa dall’immigrazione, spiega la Clinton, e dalla paura che ha generato negli strati più deboli della popolazione. L’assunto è quindi semplice: bisogna smetterla di parlare di accoglienza, la gente non ne vuole sapere. Se vogliono vincere, anche le sinistre devono respingere i migranti, parlare di sicurezza, di America First (o “Deutschland über alles” o “prima gli italiani”, o quel che si vuole). Insomma, le sinistre devono fingersi (o diventare) destre. Certo, le parole della Clinton si rivolgevano alle forze politiche moderate nel loro insieme, non solo alle sinistre, ma provengono dalla leader di un partito che ha al proprio interno correnti di liberalismo sociale e di social-democrazia cui molti, nel vecchio continente, guardano come modello.

Per quanto possano essere derubricate a sciocchezze di una politicante trombata che nemmeno fa più buon brodo, si tratta comunque di parole che evidenziano la crisi d’identità di ciò che, genericamente, possiamo chiamare progressisti. I democratici americani sono un modello per il centro-sinistra italico, che ne ha infatti mutuato il nome e, col primo veltronismo, persino le pose da “nuova frontiera”. Anche i labour britannici, ai tempi di The Boy, guardavano oltre oceano nella loro trasformazione in partito lib-lab, pallida ombra del fu partito laburista di Attlee. Lo spirito new-labour, sensibile a mercatismo e liberismo, favorevole ai ceti medio-alti, distante dai bisogni delle persone meno abbienti, ha pervaso l’Europa intera. I partiti socialisti di Francia e Germania non sono stati da meno nel proporre ricette punitive verso i lavoratori, provandoli di diritti e garanzie, gettandoli in pasto alla precarietà. Insomma, già da vent’anni i partiti progressisti si sono messi a fare politiche di destra. Un tradimento che, come abbiamo già scritto, alla lunga si paga e il conto è stato presentato un po’ ovunque in Europa: il tonfo delle sinistre europee è il prezzo pagato per il tradimento dei lavoratori e, in generale, di un modello sociale che mettesse al centro la lotta alle disuguaglianza sociali.

Ma le sinistre non hanno capito una beta fava. Le parole della Clinton dimostrano come ancora ci si ostini a credere che la sinistra possa vincere solo mascherandosi da destra, o diventando essa stessa una forma di destra. Il caso francese è emblematico, ma anche quello italiano non scherza. L’ultimo governo di centro-sinistra si è molto speso per ridurre i diritti sul lavoro, per facilitare l’insediamento di multinazionali nel paese – le quali certo non amano lavoratori tutelati – abbracciando i dogmi del liberismo (fino a eloquenti scimmiottature linguistiche alla “jobs act” con quella ‘s‘ che non s’è mai capito che diavolo fosse se non analfabetismo politico).

La voglia di mostrarsi governativo ha spinto quell’esecutivo a promuovere leggi che di sinistra non hanno nulla anche nell’ambito delle politiche di accoglienza. Il ministro dell’Interno di allora, poi candidatosi alla guida del partito, ha promosso misure di controllo dell’immigrazione che hanno suscitato il plauso persino dell’ultradestra: tramite i servizi segreti sono state pagate le tribù libiche affinché queste si impegnassero a contene le partenze dei migranti, con buona pace della guerra civile, delle detenzioni illegali, delle torture che i migranti subiscono nelle carceri libiche; ha definito “vice-scafisti” le Ong che operano nel Mediterraneo, dando la stura alla criminalizzazione delle organizzazioni non governative le quali – ma faceva comodo ometterlo – hanno sempre operato sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana; infine ha tolto un grado di giudizio nei ricorsi contro il rifiuto dell’asilo. Insomma, ha fatto quello che la Clinton ha indicato come buona prassi per tornare a vincere.

E infatti, alle ultime elezioni, quella sinistra ha perso.

Ha perso perché non è sinistra. E se uno deve votare destra, vota l’originale. Vota per il vero fascio dop italiano, quello che tutto il mondo ci invidia, che andrebbe tutelato con un bel marchio registrato affinché non sia consentita l’appropriazione indebita da parte di sinistre vogliose di ordine e disciplina o più semplicemente inette e senza visione del futuro. La miccia dei populismi, cara Hillary, è stata accesa dalla crisi economica cui le sinistre hanno risposto a colpi di liberalizzazioni, privatizzazioni, misure di austerità, lasciando senza protezione i ceti più deboli e senza prospettive quelli che si stavano impoverendo. Ma dare la colpa allo straniero è più facile, neh cicci?

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

Leggi anche

Mariupol'

Non le sentite tremare le finestre dopo l’assedio di Mariupol’?

L'assedio di Mariupol', quindici ore di bombardamenti. Non sentite tremare le vostre finestre? E invece ci balocchiamo con le dietrologie...

2 commenti

  1. A quanto pare e sarebbe anche da dire FINALMENTE, la sinistra (?) torna con i piedi per terra e lascia utopie ideologiche ingestibili (come l’immigrazione massiccia) per tornare con i piedi saldamente ancorati alla realtà.

    ERA ORA!!!

    Anche se Sanders l’aveva già chiarito anni fa e la Clinton ci arriva con comodo con qualche anno di ritardo.

  2. Tutto corretto per quanto riguarda il tradimento dei lavoratori da parte della sinistra.
    Per dire però, io non avrei accostato un motto patriottico tedesco centenario come “deutschland über alles” a slogan di destra contingenti a singole elezioni, vuol dire proprio non capire la distanza tra un motto patriottico e uno slogan elettorale appunto, o non capire che il testo di Fallersleben ha significato di unità e solidarietà sociale tra -tutto- il popolo, tutti gli strati (quelli che con la recente nascita del marxismo, sarebbero state chiamate Classi) sociali della nazione tedesca uniti nella patria, secondo le idee in voga nel periodo romantico delle grandi unificazioni nazionali per cui è stato versato tanto sangue.
    E lo stesso termine “populismo” è secondo la mia visione delle cose, usato impropriamente, facendo eco agli ignoranti (o faziosi) dietro ai grandi sistemi mediatici di informazione, si dovrebbe magari parlare di “demagogia” poichè chiunque si professa democratico non può per nessuna ragione dirsi contrario al populismo, per chi si professa invece socialista il populismo, cioè appellarsi al popolo con parole semplici, proselitismo e propaganda, dovrebbe essere la prima arma.
    E comunque a mio modesto parere quando chi di sinistra inizia a rispettare gli standard linguistico/culturali dettati dai grandi media, buttando al cesso ogni formazione culturale o forma mentis indipendente che è alla base di ogni istanza rivoluzionaria, c’è di mezzo un qualche problema.
    In poche parole non si cambia un sistema utilizzandone lo stesso linguaggio e avendo la stessa visione del mondo.
    Se invece non c’è un socialismo e non c’è da “cambiare” nulla infondo, cosa c’è in ballo?
    Questa è una piccolezza, ma, dicevo “per dire”, per dire cosa? Che la sinistra non capisce i lavoratori, non capisce il popolo, gli italiani, non li capisce e anzi la sinistra l’italiano medio lo odia, e perchè all’italiano, di rimando, dovrebbe piacergli, la sinistra?
    Al limite l’uomo di sinistra amerebbe l’italiano se fosse come lui.

    Tutte queste idee di cui parlavo sopra, incarnate in inni e canti, per quanto siano state strumentalizzate nella storia, sono radicate nella mentalità comune, si sono generate in millenni di etnogenesi e sono parte dell’aria che l’uomo medio, tedesco, francese, americano, italiano; respira e vive, questa cultura è legata alle parole che usiamo, la nostra lingua, gestualità, comportamenti, è negli schemi mentali che il popolo quotidianamente esprime essendone ignaro, indipendentemente dallo schieramento politico.
    Questo ovviamente e purtroppo sta cambiando, la cultura si modifica e la forma mentis della società consumistica sta pian piano penetrando e scardinando la cultura europea e quelle del resto del globo, e sta distruggendo questi legami millenari tra esseri umani per lasciare al suo posto il nulla, un vuoto culturale tendente all’individualismo e alla mercificazione di ogni cosa che viene spesso riempito dall’alienazione, che lascia posto a radicalizzazione in alcuni casi (Breivik? O i membri dell’ISIS che erano quasi tutti figli di immigrati in Europa, spesso di seconda generazione), nichilismo e tendenze sociopatiche in altri casi e suicidio in altri ancora (vedere gli altissimi tassi di suicidio nei grandi regni simbolo del successo della socialdemocrazia come la Scandinavia, ma anche Giappone, Corea del sud).
    L’uomo moderno individualista ridotto a macchina non sogna più di “cambiare le cose”, i nuovi lavoratori anche quando sottopagati non si unirebbero mai in associazioni tra di loro per lottare per i propri diritti ma bensì nonostante costretti a orari di merda, guardano ai propri colleghi con superiorità, si ripetono “Io sono migliore” e sognano di diventare loro stessi i grandi capitalisti, con grosse macchine e via così. Quando lavorano, molti giovani non lavorano perchè il modello imposto del “ricco” non rispecchia gli orari lavorativi da schiavitù che invece sono la realtà nella nostra società attuale.
    E non c’è nessuno studio dietro questo, se avete mai svolto un lavoro pesante da “catena di montaggio” è una realtà palese e tangibile ovunque, in media non si ha più voglia di lottare, non si odia il padrone in quanto tale ma per invidia. E questo è l’elettorato, gran parte di esso ovviamente perchè non è sempre così, ma la cultura dominante è questa, vuole questo, avrà questo.
    “La cultura è un complesso di modelli…” cit.
    Antropologia basilare parte uno.
    Certo non è la prima volta che si fa ingegneria sociale nella storia, sarebbe da parlare di come sotto l’Urss si tentò di indottrinare le tribù centroasiatiche ad uno stile di vita sedentario e degno di una società industriale anche tramite la modifica di leggende popolari e simili ma è un discorso troppo lungo, spesso non è neanche fenomeno artificiale ma indotto, tipo oggi.
    La sinistra non perde perchè non è abbastanza di sinistra e dovrebbe fingersi destra, ma perchè si è allontanata dal popolo e dalla realtà che non tocca più con mano, il popolo per la sinistra è uno schema teorico sociologico (con alcune lacune dal punto di vista antropologico), la sinistra, e parlo degli intellettuali di sinistra, sono talmente distanti dalla realtà da scatenarsi in lotte dottrinarie bizantineggianti sul sesso degli angeli o/e dare la caccia ai fantasmi accusandosi di “discriminazionismo” (o le varie “fobie”) persino tra loro e di varie amenità, coi paraocchi rispetto al mondo “basso” di coloro che tentano di portare a casa il pane e che poi, essendo purtroppo il popolo la maggioranza ignorante (doxa), questi “popolani” senza riserve la sinistra chiama “fasci” con lo stesso disprezzo che ebbero i borghesi della belle epoque per la plebaglia, perchè chiaramente questi vedono più chiarezza ideale in un busto del duce che gli dice “prima gli italiani”, che sta per “la nostra tribù è importante” e gli anche vagamente promette diritti sul lavoro (il famoso mito delle pensioni) piuttosto che nelle vaghe idee di qualche teorico socialisteggiante.
    Perchè i partiti di sinistra sono votati dalle classi media e alto borghesi (Fu il PD il primo partito ai parioli o non ricordo male? Chi votarono le periferie? Lo sapete bene siccome ci governano.) non certo da quegli operai che vivono nelle periferie-ghetto delle grandi città e vivono a contatto tutti i giorni con lo sfruttamento sistemico di quell’esercito industriale di riserva in maggioranza allogeno sottopagato e utilizzato per spingere a ribasso i diritti e le garanzie della classe operaia, e l’operaio, l’uomo medio spesso appellato da intellettuali di sinistra come “analfabeta funzionale” o con lemmi simili, è, permettetemi, incazzato nero.
    Oppure ci si sprona al vincere le prossime elezioni tipo “vedrai l’anno prossimo saremo noi” quando l’astensionismo circa del 30% e in crescita indica un palese fallimento del sistema politico che è sotto gli occhi di tutti e nessuno vuole accorgersene.
    Perchè le uniche forme di socialismo che hanno “funzionato” o meglio, sono state applicate, si sono col tempo riformate seguendo gli schemi della cultura del posto? Perchè la filosofia del socialismo Juche della Corea del nord è così simile al confucianesimo dell’impero coreano degli Joseon? Perchè quando il PC sventolava il tricolore, difendeva la famiglia ed era vicino alla vita quotidiana dei lavoratori italiani era il più grande partito comunista del blocco occidentale? Perchè parlava alla pancia dell’operaio magari? Cosa vuole un uomo dalla vita? Cosa vuole la -maggioranza- degli operai? Una famiglia, un tetto, degli orari e paga di lavoro decenti.
    Finchè questi argomenti resteranno tabù allora la sinistra sarà destinata a morire e scomparire oppure “smettere di essere sinistra” (che equivale a morire, cosa già accaduta, con le sinistre europee oramai colonizzate culturalmente dalla sinistra statunitense, appunto), finchè le istanze socialiste non saranno riprese, in futuro, si spera, da qualcun’altro con i piedi più per terra e che sa parlare “alla pancia” delle persone, e quando accadrà gli intellettuali di sinistra staranno ancora a chiedersi se e come la sinistra non è più abbastanza sinistra, per essere sinistra, quando il significato della parola “sinistra” è cambiato negli occhi del mondo, da un pezzo.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

×