INTERVISTA a Loretta Napoleoni: "Usciamo dall'euro e rinegoziamo il debito"

di Chiara Pracchi*

da Articolo Tre

Negli ultimi vent’anni, senza che ce ne accorgessimo, le élite della globalizzazione hanno sequestrato la democrazia che oggi, ahimè, rappresenta loro e noi. E’ giunta l’ora di riprendersi ciò che è nostro …

E’ un grido di battaglia il nuovo libro di Loretta Napoleoni, “Il Contagio“, edito dalla Rizzoli. Partendo dalle rivolte che hanno visito protagonisti i paesi a sud del Mediterraneo, le proteste degli Indignados madrileni alla Puerta del Sol, la ribellione dei giovani greci contro i diktat dell’Europa, fino alle razzie che hanno sconvolto la swinging London, Loretta Napoleoni analizza lo stato di crisi in cui siamo sprofondati, dopo che la nascita dell’euro ha ingrassato le élite europee. In Italia sono il 10 percento della popolazione e detengono il 45 percento del patrimonio nazionale. (continua)

Iniziamo dalla dedica. Perché un libro dedicato a una ragazza “che è lo stereotipo della precaria universitaria”?

 Perché è un libro diretto a loro. E’ un libro che vuole spiegare loro la situazione, per invitarli a scendere in piazza e a protestare, come hanno fatto gli spagnoli, perché altrimenti non cambierà nulla.

E’ possibile rintracciare un momento in cui è scoppiata la bolla?

La crisi è inizia nel 2007 con la storia dei subprime. Attenzione, però, noi non ci troviamo in presenza di una bolla finanziaria. Noi oggi siamo davanti a uno stato che ha usato il debito per proseguire una politica di malgoverno. Basti pensare allo scandalo che occupa tutte le prime pagine in questi giorni: escort usate per aggiudicarsi degli appalti. Da dove sono usciti tutti quei soldi? Dal debito statale, che ora gli italiani devono pagare.

Nel suo libro parla di tecniche di occultamento del debito …

All’inizio erano state delle manovre fatte per entrare nell’euro e avevano dato un impulso all’economia. Poi, però, questi stratagemmi avrebbero dovuto essere abbandonati, invece sono diventati prassi.
Così come i privati truccano i bilanci, così ha fatto lo stato in tutti questi anni.

Sta dicendo che il nostro debito è aumentato da quando siamo entrati in Europa?

Assolutamente

Secondo lei l’Italia dovrebbe uscire dall’euro per gestire la situazione?

Si, io credo che l’Italia dovrebbe andare in un default pilotato, cosa che implica l’abbandono della moneta unica. L’uscita dall’euro permetterebbe una ripresa delle esportazioni e con esse una certa ripresa economica. Certo, c’è il rischio di importare anche l’inflazione, ma fra questo pericolo e quello costituito da una politica di austerità che porti agli stessi risultati della Grecia, un po’ d’inflazione mi sembra il male minore.

Ma non sarebbe la fine del sogno europeo?

No, perché? Uno può uscire dall’euro e restare dentro all’Europa. In Italia c’è stata una sorta di lavaggio del cervello sull’euro, che negli anni ’90 ci ha dato sicuramente una spinta e ci ha costretti a una disciplina che non avevamo mai avuto. Solo che poi l’abbiamo abbandonata. E quindi non siamo di fronte a un problema di tipo economico, ma di mala gestione da parte nostra.

Sarebbe replicabile, secondo lei, in Italia una rinegoziazione del debito come è avvenuto in Islanda?

Certo. Uno stato sovrano può fare quello che vuole. Noi, tra l’altro, abbiamo un avanzo primario che ci consentirebbe di assentarci, per un po’ dal mercato dei capitali. Però queste sono decisioni che vanno prese. Invece di stare lì a farci dire da Bruxelles quello che dobbiamo fare, siamo noi che dobbiamo imporre le condizioni.

Come giudica la mossa di avvicinamento al governo cinese nella speranza di vendergli parte del nostro debito?

E’ ridicolo. Noi abbiamo la terza riserva aurea più grande al mondo. Settanta famiglie gestiscono il 45 percento della ricchezza nazionale. Basterebbe una patrimoniale e vendere un po’ d’oro. Ma sono cose che non si sanno e l’informazione in Italia non informa. Oltretutto, qui si è deciso di mettere in vendita parte del paese senza chiedere il permesso ai legittimi proprietari, che siamo noi.

Quali sono secondo lei le prospettive per l’autunno? Se l’Europa non sarà in grado di garantire il debito di tutti i paesi Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) cosa succederà?

Si profilano due scenari a mio avviso: nel primo le banche centrali proseguiranno a stampare carta moneta per immettere liquidità continua. Sarà come carta straccia che andrà ad alimentare il mercato finanziario, senza influire sulla crescita economica. Al contrario, noi rimarremo a crescita zero, intrappolati dentro a una deflazione inesorabile che ci impoverirà lentamente. Sarà come morire di un cancro terminale dolorosissimo, invece che per un attacco di cuore. Ma potremmo anche scegliere la terapia d’urto e aggredire il male che ci affligge: quindi il default pilotato, l’uscita dall’euro, la rinegoziazione del debito. Sarebbe come un terremoto che potrebbe uccidere il paziente. Ma bisogna avere la consapevolezza che, in ogni caso, ci troviamo di fronte a un malato terminale. Altre soluzioni non sono date: scordiamoci che i tedeschi pagheranno il nostro debito. Questo non succederà mai.

E le conseguenze politiche di questo secondo scenario?

Se s’intraprenderà la strada del default pilotato questa classe politica verrà spazzata via. Non a caso questa è una soluzione che non viene prospettata dalla politica. E’ una soluzione che deve essere chiesta dal popolo, come è avvenuto in Islanda quando sono stati travolti dalla bancarotta. Con una differenza: noi dovremo decidere prima, perché facendo parte dell’euro, un’eventuale bancarotta ci travolgerebbe, con effetti simili a quelli che si sono avuti in Argentina.

Insomma, “uno spettro si aggira per l’Europa”?

Si, infatti il mio libro si apre proprio riprendendo il Manifesto del Partito Comunista. Siamo in un momento di grande svolta. L’autunno e il prossimo anno saranno durissimi. Basti vedere cosa non è successo negli ultimi tre mesi in termini di rivolte popolari.

Chiara Pracchi, giornalista milanese, collabora con diverse testate italiane tra cui Narcomafie, Peacereporter, Articolo Tre, occupandosi di diritti, legalità, criminalità organizzata e temi sociali. La ringraziamo per la disponibilità e gentilezza.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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10 commenti

  1. Quindi ormai è dato per certo che la I di Pigs sia Italia? Bene che l’Irlanda si sia ripresa, per carità.

  2. la Napoleoni prospetta scenari apocalittici, ma peggio ancora soluzioni assurde. Uscissimo dall’euro in questo momento saremmo travolti dalla speculazioni sulla nostra divisa e finiremmo davvero in bancarotta.

  3. Tralasciando Marx & Engels, mi pare che come al solito si sorvoli sulle responsabilità di chi ha governato per 8 degli ultimi 10 anni. Si dice bene delle manovre “per entrare nell’euro”, ma non si dice bene della sinistra che governava allora. Si fa un po’ di ogni politica un fascio per chiedere un sommovimento popolare che spazzerebbe via l’intera classe politica. Ma a beneficio di chi?

    • Spazzare via TUTTA l’attuale “classe politica” (? sono dei banditi) è a benificio di tutti. E’ qualcosa non solo di civile ma di DIGNITOSO per questo Paese

  4. Qua qualche sensata motivazione nel merito, sul perché uscire dall’euro non sia una opzione fattibile.
    ciao,
    d.

      • Grazie per l’indicazione del link,
        delle argomentazioni (che sinceramente non sono in grado di avallare o “svalutare” 🙂 ci sono) ma, anche fossero ineccepibili, non diamo per intoccabili neanche i trattati.
        Di fronte alla sofferenza di milioni di persone (Grecia, Italia, …) non saranno certo dei “pezzi di carta” ad essere insormontabili.
        In Italia poi… c’è la “questione IMmorale” (bipartisan) che rende secondo me secondario alla sua rimozione, ogni altro aspetto.

        Infine ogni contratto, vale fino a quando c’è la reale possibilità di farlo rispettare.

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