Serbi e montenegrini, parenti serpenti?

Dal 2006, anno della separazione, ad oggi, i rapporti di vicinato tra il Montenegro e la Serbia sono rimasti sostanzialmente buoni. La recente adesione del Montenegro alla NATO, però, ha inevitabilmente corroso le relazioni tra Belgrado e Podgorica, e tanti piccoli episodi stanno minando quanto di buono poteva essere rimasto tra i serbi e i montenegrini che convivono nel Paese. Secondo l’ultimo censimento del 2011, difatti, la maggioranza della popolazione è rappresentata dai montenegrini, che sono il 44,97% del totale, mentre la minoranza più consistente è rappresentata dai serbi, il 29,63% della popolazione, a cui si aggiungono altre minoranze numericamente più esigue. I partiti politici ricalcano spesso le linee etniche e attualmente la coalizione d’opposizione Fronte Democratico è guidata dal partito conservatore Nuova Democrazia Serba, favorevole all’unionismo tra Serbia e Montenegro.

Il “tradimento” della NATO

Il protagonista principale in Montenegro è certamente il presidente della Repubblica Milo Đukanović, onnipresente nella scena politica montenegrina e leader indiscusso del Paese. Sfruttando la sua abilità nel trasformismo politico, Đukanović non solo è riuscito a mantenersi al potere per più di un quarto di secolo, ma è riuscito a indirizzare il Paese verso lidi inizialmente impensabili. Formatosi nella Lega di Comunisti, Đukanović negli anni della dissoluzione jugoslava rimase saldamente al fianco di Slobodan Milošević, per poi distanzarsene gradualmente. Da unionista verso la Serbia divenne progressivamente indipendentista, fino a condannare Milošević, le guerre e dichiarare l’indipendenza del Montenegro nel 2006.

Questo processo politico lo ha portato ad avvicinarsi progressivamente all’integrazione euro-atlantica. Se i negoziati con l’Unione europea sono ancora fermi, seppur iniziati, l’adesione alla NATO è invece realtà, provocando l’ira della Russia e, soprattutto, della Serbia e della stessa comunità serba nel Paese. Nel 2015, infatti, il segretario generale della NATO e il ministro degli Esteri montenegrino Igor Luksić erano giunti a un accordo sull’ingresso del Montenegro nell’Alleanza Atlantica, ratificato dal Senato degli Stati Uniti nel 2017. La Russia non ha gradito l’invito ufficiale del Montenegro nella NATO e le scelte del governo di Podgorica volte all’integrazione atlantica. Mosca ha perciò preso delle contromisure, in particolare di natura economica.

Nel mirino i serbi del Montenegro

Il percorso politico del Montenegro si è inevitabilmente riflesso sul rapporto tra montenegrini e serbi che convivono nel Paese. Gli episodi intercorsi tra le due comunità sono vari e, fortunatamente, mai di estrema gravità. Ma è l’insieme delle vicende che potrebbe rendere la situazione più complicata di quanto possa apparire. In ordine di tempo la più recente è la decisione da parte del governo montenegrino di proibire qualsiasi manifestazione che celebri l’unificazione della Serbia e del Montenegro nel 1918, prima che confluissero nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e poi nel Regno di Jugoslavia. Sempre recentemente, Podgorica ha imposto ai propri cittadini di portare il dovuto rispetto verso l’inno nazionale montenegrino: chi non si alza in piedi quando viene eseguito rischia una multa dai 300 ai 2000 euro. In molti avevano criticato la legge, ritenendo fosse troppo coercitiva verso un comportamento che dovrebbe essere deciso individualmente.

Ivica Dačić, ministro degli Esteri della Serbia, ha denunciato in agosto come i cittadini serbi siano sempre più colpiti da discriminazioni e torture in Montenegro. Secondo Dačić nel Paese è in atto un vero e proprio attacco verso i serbi, che va dall’impossibilità per questi di trovare un lavoro stabile fino ad arresti arbitrari, persecuzioni contro i politici serbo-montenegrini e il divieto di insegnamento della lingua serba nelle scuole. Se è vero che il Montenegro ha iniziato, a partire dal 2007, un processo di riconoscimento della propria lingua nazionale, differente dunque da quella serba, non vi sono conferme attualmente su quanto sostenuto da Dačić.

Il Patriarcato serbo sotto accusa

Le provocazioni tra Serbia e Montenegro non si limitano solo alla sfera politica, ma si estendono anche a quella religiosa. Dopo la concessione, lo scorso ottobre, dell’autocefalia della Chiesa ortodossa di Kiev, separatasi da quella di Mosca, da parte del Patriarcato di Costantinopoli, il patriarca serbo Irinej ha affermato come l’eventuale autocefalia delle chiese montenegrine e macedone possa avere degli effetti deleteri sulla Chiesa ortodossa in generale, aumentando la frammentazione al suo interno. Infatti, in Montenegro coesistono attualmente due differenti chiese ortodosse: quella serba, riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli, e quella montenegrina, fondata nel 1993 e ancora non ufficialmente riconosciuta.

Inoltre, spesso, autorità politiche e autorità religiose si sovrappongono nei loro compiti. È stato il caso dello stesso patriarca Irinej, che ha definito il Montenegro un Paese “fascista”, paragonando la condizione dei serbi in Montenegro a quella dei serbi in Croazia durante la Seconda guerra mondiale, dove il governo ustaša di Ante Pavelić collaborò con la Germania di Hitler e fece internare e uccidere migliaia di ebrei, serbi e rom. Irinej ha poi corretto il tiro, affermando che non vi è un vero e proprio paragone tra i due governi ma che l’ostilità tra le persone è la medesima. Il presidente Đukanović ha chiesto ufficialmente le scuse al patriarca, non ancora pervenute, per questa dichiarazione. In soccorso di Irinej si è schierato Aleksandar Raković dell’Istituto serbo di storia recente, che ha sostenuto come sia Đukanović a doversi scusare per aver tradito la Serbia. Il tradimento sarebbe non solo legato all’ingresso del Montenegro nella NATO, ma anche al riconoscimento del Kosovo nel 2008 da parte di Podgorica.

La tensione tra le due comunità cresce e nessuno sembra essere disposto a fare dei passi in avanti verso una rapida conciliazione. Lo scontro tra montenegrini e serbi, come spesso accade nei Balcani, potrebbe spostarsi su un livello maggiore, ovvero tra Montenegro e Serbia. I due Stati, dopo aver preso strade diverse a partire dagli anni 2000, si stanno sempre più allontanando tra di loro. E fino a un nuovo allargamento dell’Unione europea, non in programma entro il 2025, sarà più complicato relazionarsi con maggiore serenità allo stesso tavolo.

Foto: PanaComp

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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