GEORGIA: Il primo ministro attacca Mosca, ma tende la mano a regioni separatiste

La 73ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svoltasi a New York nel corso dell’ultima settimana di settembre, ha visto tra gli altri l’intervento del primo ministro georgiano Mamuka Bakhtadze, alla sua prima presenza al Palazzo di Vetro dopo la nomina dello scorso giugno, quando venne chiamato a sostituire il dimissionario Giorgi Kvirikashvili.

Nel corso del proprio discorso, durato una ventina di minuti e pronunciato interamente in georgiano, Bakhtadze ha puntato il dito contro la Russia, colpevole di continuare a portare avanti l’occupazione militare in Abkhazia e Ossezia del Sud, le due entità separatiste de facto indipendenti ma rivendicate dal governo di Tbilisi; dimostrandosi tuttavia disponibile a venire incontro ai cittadini delle stesse regioni.

Il discorso di Bakhtadze

A dieci anni dalla breve ma intensa guerra russo-georgiana, nonché a venticinque dalla caduta di Sukhumi, che segnò la fine della guerra in Abkhazia, Bakhtadze ha denunciato all’Assemblea il persistere dell’occupazione militare russa sul territorio georgiano, esortando il Cremlino ad adempiere ai propri obblighi internazionali e ritirare le proprie forze d’occupazione da Abkhazia e Ossezia del Sud, rispettando i termini imposti dal cessate il fuoco del 2008.

Il premier ha ricordato come circa il 10% della popolazione georgiana (più di 300.000 persone) sia composto da sfollati interni, a causa della pulizia etnica messa in atto nelle due regioni separatiste; denunciando inoltre la difficile situazione in cui vivono le persone che abitano in prossimità della cosiddetta linea di occupazione, dove “i fili spinati separano le famiglie e violano i diritti umani”.

Bakhtadze ha poi denunciato le violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione georgiana che tutt’ora vive nelle due repubbliche de facto, motivo per cui è stata creata la lista “Otkhozoria-Tatunashvili”, pubblicata lo scorso giugno e contenente una serie di nomi di individui accusati o condannati in contumacia a partire dal 1991 per l’omicidio o la tortura di cittadini georgiani in Abkhazia e Ossezia del Sud.

Successivamente il premier ha introdotto all’Assemblea l’iniziativa di pace promossa lo scorso aprile dal Ministero per la Riconciliazione, nota come “Un passo verso un futuro migliore”, la quale si basa su tre punti principali: agevolazione del commercio transfrontaliero, accesso ai servizi e accesso ai benefici dell’integrazione economica della Georgia con l’Unione Europea.

Parlando dell’iniziativa, Bakhtadze si è poi rivolto direttamente ai suoi “concittadini” abkhazi e osseti, dicendosi convinto che il passato comune porterà a un futuro di pace e prosperità. “Ogni successo della Georgia è un vostro successo”, ha affermato il premier georgiano, assicurando che il governo di Tbilisi è pronto a “proteggere e garantire i diritti di ogni cittadino georgiano”, categoria in rientrerebbero appunto anche i cittadini delle due repubbliche separatiste.

Bakhtadze ha poi esortato la Russia a non ostacolare l’iniziativa georgiana, poiché “il perseguimento dei rispettivi interessi internazionali deve basarsi sul rispetto reciproco”; dicendosi poi disposto a ripristinare le relazioni con il Cremlino, a patto però che Mosca ritiri le proprie truppe dai territori occupati e rispetti l’integrità territoriale della Georgia.

Il discorso del premier georgiano ha infine toccato temi quali lo sviluppo economico e il consolidamento del processo democratico e dello stato di diritto nel proprio paese (secondo Freedom House la Georgia è la più forte democrazia della regione caucasica, sebbene sia ancora considerata un paese “parzialmente libero”), confermando inoltre il proprio orientamento euro-atlantico.

Le parole di Bakhtadze confermano come l’approccio del nuovo esecutivo georgiano nei confronti di Mosca sia lo stesso adottato negli ultimi anni dai precedenti governi targati Sogno Georgiano; ovvero nessun dialogo finché il Cremlino non si dimostrerà disposto a ritrattare la propria politica nei confronti delle due regioni separatiste, cosa che difficilmente potrà verificarsi nel breve-medio periodo.

Rimane immutato anche l’atteggiamento nei confronti delle entità separatiste: se la Georgia è infatti pronta a tendere la mano ai cittadini di Abkhazia e Ossezia del Sud, che considera a tutti gli effetti propri cittadini, allo stesso tempo si rifiuta di trattare con i rispettivi governi de facto, in quanto non ne riconosce l’autorità. Tale atteggiamento è alla base della stessa iniziativa di pace promossa ad aprile da Tbilisi, motivo per cui quest’ultima è stata osteggiata da rispettivi leader separatisti, che l’hanno percepita come un’arma a doppio taglio.

La posizione russa

La risposta di Mosca non si è fatta attendere, come dimostra la nota pubblicata sul sito del proprio Ministero degli Esteri. Secondo il Cremlino, il discorso del premier georgiano avrebbe lasciato “una strana sensazione”, poiché “ispirato da un’idea infinitamente lontana dalla realtà”.

Secondo l’idea “lontana dalla realtà” a cui si sarebbe ispirato Bakhtadze, senza l’interferenza russa gli abitanti delle due repubbliche separatiste avrebbero accettato da tempo le iniziative di pace promosse dalla Georgia. Smarcandosi da ogni responsabilità, il Cremlino ha invece affermato che il fallimento delle iniziative georgiane non dipende tanto da eventuali interferenze esterne, quanto dal modo in cui esse vengono percepite dalle autorità di Sukhumi e Tskhinvali.

Mosca ha infine invitato la Georgia a esporre le proprie proposte in occasione dei Colloqui di Ginevra, dove, a differenza dell’Assemblea delle Nazioni Unite, partecipano anche i rappresentanti delle due repubbliche separatiste.

La reazione di Abkhazia e Ossezia

Al discorso di Bakhtadze hanno voluto replicare anche Sukhumi e Tskhinvali, con i ministri degli esteri dei rispettivi paesi che hanno fortemente criticato le parole del primo ministro georgiano.

Attraverso un annuncio pubblicato dal Ministero degli Esteri abkhazo, le autorità di Sukhumi hanno invitato Tbilisi a non farsi illusioni, condannando “i banali appelli ipocriti” rivolti al popolo abkhazo al fine di convincerlo ad aderire a “dubbie” iniziative di pace mirate al ripristino di una rinnovata RSS Georgiana (ai cui tempi le autorità di Tbilisi controllavano ancora le due regioni separatiste).

Per Sukhumi, i leader georgiani sarebbero impegnati nel portare avanti una sorta di “auto-inganno”, convincendo sé stessi, oltre al loro popolo, nella possibilità di un futuro comune, ignorando però il fatto che coloro che il premier georgiano chiama “concittadini” (in questo caso gli abkhazi) abitino da 25 anni in uno stato sovrano.

“La storia non può essere invertita”, e se la Georgia vorrà dialogare dovrà farlo solo con le autorità della Repubblica d’Abkhazia, ha continuato il Ministero di Sukhumi, che ha inoltre condannato la politica di isolamento internazionale attuata da Tbilisi nei confronti dei cittadini abkhazi, definita “una violazione dei diritti umani”.

Anche le autorità sud-ossete hanno voluto replicare a Bakhtadze, e in modo simile a Mosca e Sukhumi hanno definito le parole del premier georgiano “distanti dalla realtà”, in quanto, essendo l’Ossezia del Sud “uno stato indipendente e riconosciuto a livello internazionale” non ci sarebbero possibilità di un “futuro comune” con la Georgia.

Tskhinvali ha inoltre accusato i leader georgiani di “trasmettere le loro fobie alla comunità internazionale”, invitando Tbilisi a guardare ai problemi di casa propria, essendo, secondo le autorità sud-ossete, “uno dei paesi più poveri dello spazio post-sovietico, con problemi critici nel tenore di vita della popolazione e diffuse violazioni nei diritti umani”.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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