CULTURA: “Abbecedario ucraino”, l’ultimo libro di Massimiliano Di Pasquale

Massimiliano Di Pasquale
Abbecedario ucraino. Rivoluzione, cultura e indipendenza
Gaspari editore, Udine 2018
pp. 191, euro 18.00

 

Massimiliano Di Pasquale, fotogiornalista e saggista, è uno dei maggiori conoscitori dell’Ucraina contemporanea e non soltanto a livello teorico. Di Pasquale viaggia da anni in quella parte di Europa e conosce personalmente molti dei protagonisti della sua recente storia politica e sociale.

Abbecedario ucraino rappresenta il primo volume di un progetto più ampio, che si svilupperà con un secondo libro previsto per il 2019, destinato a far conoscere al pubblico degli esperti come a quello più ampio le pieghe meno note della recente storia sociale, politica e culturale di un paese a pieno titolo europeo, ma ancora estremamente instabile sia dal punto di vista della politica interna sia delle relazioni internazionali. Il secondo volume sarà incentrato sulla policroma storia ucraina, dalla Rus di Kyiv al Cosaccato, dall’Holodomor a Chornobyl.

Il primo volume, invece, strutturato come un vero manuale di insegnamento, è dedicato ai tempi più recenti, sostanzialmente dal 1991, anno dell’indipendenza, fino ai giorni nostri, attraverso la narrazione degli eventi più importanti, dalla Stagione degli Oligarchi alla Rivoluzione arancione fino alla rivolta del 2014 nota come Euromaidan, e l’analisi di personaggi politici di primo piano come Poroshenko, Saakashvili, Tymoshenko, Yanukovych e Yuschenko.

Libro composto da voci sistemate in ordine alfabetico, che si possono leggere di seguito, come tanti capitoli, o vagando qua e là a seconda delle proprie curiosità e interessi, si apre con il ritratto di un personaggio molto particolare quanto poco conosciuto alle nostre latitudini: Rinat Akhmetov. Il più ricco fra gli oligarchi partoriti dall’Ucraina post-sovietica, Akhmetov rappresenta il principale sostenitore di Yanukovych, il presidente ucraino che, nel febbraio 2014, ha fatto sparare ai manifestanti di piazza Maidan. Provenienti dallo stesso humus, sospeso tra mafia e delinquenza comune, i due hanno stretto, nel corso degli anni, un sodalizio fondato sul reciproco sostegno alla scalata finanziaria dell’uno e politica dell’altro, sempre sul crinale fra legalità e criminalità. Dopo la  repressione armata in piazza Maidan, Akhmetov ha ordinato al suo sodale di lasciare la politica, a riprova del suo immenso potere, cosa che farà senza condizioni. L’oligarca, a sua volta, si getterà a piene mani nel conflitto del Donbas, sostenendo abilmente, anche se goffamente, entrambe le parti, scontentandole in maniera equanime.

Di Pasquale, per la prima volta, fornisce al pubblico italiano una descrizione dettagliata e fondata su fonti di prima mano di questi personaggi fondamentali per la comprensione dell’Ucraina di oggi. Proprio per questo, a mio personale parere, le parti più interessanti del libro riguardano le sezioni sulle due aree più problematiche del paese: la penisola della Crimea e il Donbas; la prima, annessa de facto alla Federazione russa, senza il riconoscimento della comunità internazionale, la seconda teatro di un conflitto tra le truppe fedeli a Kyiv e le cosiddette “repubbliche popolari separatiste” delle città di Donetsk e Luhansk, sostenute finanziariamente e militarmente dal Cremlino. L’autore analizza la genesi e lo sviluppo delle tensioni fra queste aree e Mosca attraverso attente analisi storiche, cercando, con successo, di combattere tutte quelle ricostruzioni propagandistiche che, se da una parte sono finalizzate ad accendere gli animi e infuocare il conflitto, dall’altra sono micce nelle mani di giornalisti di parte o semplicemente negligenti, felici di accontentarsi delle vulgate gettate nella rete, più che della faticosa ricerca dei fatti.

Fra le voci/capitoli assolutamente da non perdere segnalo anche quelle su Eduard Limonov, lo scrittore, nazionalista e sostenitore dei separatisti del Donbas, già miliziano filo serbo, su cui molto si è detto, anche grazie al romanzo di Emmanuel Carrère, ma di cui diversi dettagli rimangono ancora oscuri, e quello sul movimento delle Femen, tutt’altro che spontaneo, politicamente poco limpido e sostenuto da insospettabili finanziatori.

Di Pasquale non smentisce il suo pregio principale, già manifestato ampiamente nelle precedenti pubblicazioni, cioè quello di saper separare sempre il grano dal loglio, evitando semplificazioni e trappole ideologiche. Per questo non solo va letto, ma seguito attentamente, in attesa del secondo volume di Abbecedario ucraino.

Chi è Donatella Sasso

Laureata in Filosofia con indirizzo storico presso l’Università di Torino. Dal 2007 svolge attività di ricerca e coordinamento culturale presso l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino. Iscritta dal 2011 all’ordine dei giornalisti. Nel 2014, insieme a Krystyna Jaworska, ha curato la mostra Solidarność nei documenti della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano. Alcune fra le sue ultime pubblicazioni sono: "La guerra in Bosnia in P. Barberis" (a cura di), "Il filo di Arianna" (Mercurio 2009); "Milena, la terribile ragazza di Praga" (Effatà 2014); "A fianco di Solidarność. L’attività di sostegno al sindacato polacco nel Nord Italia" (1981-1989), «Quaderni della Fondazione Romana Marchesa J.S. Umiastowska», vol. XII, 2014.

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2 commenti

  1. Gent.ma è sicura che Yanukovych, il presidente cacciato incostituzionalmente e formalmente nella più pura illegalità di piazza – peccato abbia scordato di scriverlo – sia il solo “che, nel febbraio 2014, ha fatto sparare ai manifestanti di piazza Maidan”? Ci accontentiamo delle smentite fondate sul nulla, eh? Infine, speriamo che il bel volume presentato con tanta enfasi riporti anche qualche notizia circa la criminale strage fascista di Odessa, i suoi esecutori e mandanti. Strage ahimé così trascurata dai media occidentali e pro-libertà, il cui doppiopesismo vedo ha oramai contagiato anche EastJournal. I miei più sinceri complimenti.

    • Sposo completamente quanto ha scritto la sig.ra Barbara.
      Mi permetto di aggiungere che l’espressione “annessa de facto” è maliziosa se non si cita il referendum tenutosi in Crimea nel 2014. Su 1.548.000 votanti, infatti, ben 1.495.000 cittadini si espressero a favore di un ricongiungimento con la Federazione Russa. Parliamo del 97,3 per cento.
      E parliamo di un territorio dove la lingua più parlata, quella nativa, è il russo cioè la lingua che il governo ucraino ha vietato a scuola, nei documenti, ecc…
      Un’annessione, certo,ma democratica.

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