RUSSIA: Da Sentsov ai mondiali. Di boicottaggi falliti e scioperi della fame

Da KIEV – Cinque sono le reti segnate dalla squadra russa all’Arabia Saudita in occasione della prima partita dei mondiali di calcio che ha inaugurato, allo stadio Lužniki di Mosca, la prima di tutta una serie che incolleranno migliaia di persone davanti agli schermi fino al 15 luglio. Non si può dire lo stesso per l’attenzione che il mondo sembra portare al quadro politico del paese che ospita questo grande evento.

Sono trascorsi ormai più di quattro anni dall’annessione della Crimea da parte della Russia, eppure sembra che tutti i crimini commessi durante quest’arco di tempo e le vittime che ne sono (state) oggetto passino inosservati o vengano velocemente dimenticati dal resto del mondo, nonostante i numerosi sforzi nel ricordarli e nel lottare per porre fine a queste ingiustizie.

L’invisibile Oleg Sentsov

Un lume di speranza per mostrare queste verità sembra ancora brillare, ma di una luce fioca, anzi fiochissima (se non letteralmente morente), dalla colonia penale siberiana di Labytnangi, dove il regista e attivista ucraino Oleg Sentsov (di cui East Journal ha parlato qui) sta scontando la sua accusa di terrorismo dall’ottobre del 2017 (sebbene detenuto in Russia da ormai 4 anni).

Lo scorso 14 maggio Sentsov ha intrapreso uno sciopero della fame per richiedere la scarcerazione di tutti i prigionieri politici ucraini detenuti in Russia (Crimea compresa). La lista ne enumera 64, senza contare Oleg, il quale non ha voluto includere se stesso.

Una scelta, quella dello sciopero, che tiene la vita di Oleg appesa ad un filo, date le gravi condizioni registrate dai medici negli ultimi giorni: Sentsov ha, infatti, perso circa 17 chili e i suoi organi vitali sono in grave pericolo. Ma a chi importa di questo regista ucraino, in fin dei conti, quando si stanno giocando partite ben più interessanti negli stadi più nuovi e costosi del mondo?

La morte di questo prigioniero, che non dovrebbe scontare questa pena ingiusta e per lo più in un paese altri che il suo, potrebbe avvenire in ogni momento. Vladimir Putin dovrebbe perciò vedersela, magari addirittura nel mezzo di questo evento mondiale clamoroso, con le spiegazioni della morte di questo uomo coraggioso, che lotta per quei diritti umani che sembrano non essere ancora di casa in Russia.

In moltissimi paesi sono stati organizzati manifestazioni e raduni per domandare al presidente del Cremlino il rilascio di questo prigioniero politico e di tutti gli altri, sostenuti anche da figure più o meno di spicco, quali il presidente dell’Eliseo Emmanuel Macron e Ksenja Sobčak, la quale ha sottoscritto con altri concittadini un breve messaggio diretto a Vladimir Putin a riguardo. Perfino il ministro della cultura russo Vladimir Medinskij ha recentemente sollevato la questione, definendo lo sciopero della fame di Sentsov una tragedia dal punto di vista umanitario e dichiarando al canale Dožd’ di essere realmente preoccupato, sebbene la questione non rientri tra le competenze del ministero. Anche il Parlamento Europeo, lo scorso 14 giugno (al calcio d’inizio dei mondiali) ha chiesto alla Russia di rispettare i diritti umani, sollecitandola a liberare Sentsov e gli altri detenuti politici. Tuttavia non sembrano elementi sufficienti a cambiare le carte in tavola.

La Russia ha avuto diverse occasioni per risolvere le tensioni internazionali a riguardo e sistemare, almeno in parte, i suoi rapporti con la vicina Ucraina. Quest’ultima ha, da parte sua, proposto uno scambio di prigionieri che avrebbe scarcerato 23 russi condannati per crimini in Ucraina, liberando così Sentsov e diversi altri, sempre trattenuti ingiustamente in territorio russo. Ma Putin è sordo a qualsiasi proposta e, come ha già dimostrato il caso Skripal, sembra non curarsi molto delle relazioni internazionali con l’Occidente.

Un boicottaggio a suon di poster

Lo stesso giorno in cui Oleg Sentsov ha iniziato lo sciopero della fame, l’artista ucraino Andriy Yermolenko ha lanciato la sua campagna di boicottaggio del campionato mondiale di calcio tramite la diffusione di alcuni poster alternativi. Lo scopo, oltre al caloroso invito a boicottare l’evento e a chiedere la liberazione di Sentsov (motivo da cui la campagna è nata), è di far puntare i riflettori internazionali non sulla Russia del mondiale, che sembra accogliere turisti e tifosi nel miglior modo possibile, ma sulla Russia di tutti i giorni, quella che viola i diritti umani dei suoi concittadini e non solo. Una stravagante idea per far luce sui crimini e non rimanere in silenzio.

Le immagini che Yermolenko pubblica nella sua pagina Facebook personale sono davvero audaci e non dimenticano nessun crimine: in una un calciatore tira un pallone su un aereo che esplode per simboleggiare l’abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines; in un’altra un giocatore commette fallo su un avversario, il quale porta tra le braccia un bambino sanguinante, simboleggiando la strage di Aleppo. Un poster dedicato al caso Sentsov non manca: l’ombra di un uomo che viene imboccato con un cucchiaio colmo di sangue appare in uno sfondo rosso, in cui troneggia la scritta “Who went on hunger strike?” accompagnata dall’hashtag FreeSentsov. La più diretta, però, è quella che raffigura un Putin in tuta da ginnastica, accovacciato su una pila di teschi e con le mani intrise di sangue, che sogghigna dicendo “You can’t stop me, suckers!”.

Ispirato dall’annessione illegale della Crimea e sostenendo la liberazione di Sentsov e di tutti i prigioneri politici, Yermolenko ha creato questa raccolta di poster provocatori, che hanno preso d’assalto le reti internet ucraine e non solo (guadagnandosi ovviamente una censura tra i social russi).

Il presidente ucraino Petro Porošenko e il ministro degli esteri Pavlo Klimkin hanno appoggiato la campagna dell’artista, esortando con un messaggio la comunità internazionale a boicottare la Coppa del mondo e sottolineando come la Russia stia violando il diritto internazionale tra i fatti di Crimea e Donbass e a cui si aggiunge il Mar d’Azov. Ma l’appello di Kiev sembra essere caduto nel vuoto. Probabilmente si dovrà aspettare la finale di Coppa per risollevare la questione, sempre se questa non viene preceduta dalla morte di Sentsov.

Foto: Andriy Yermolenko

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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Un commento

  1. Non muore, tranquilla, non muore. E allora il ns Pannella è mai morto di fame?

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