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Fonte: Neos Kosmos

MACEDONIA: Questione del nome con la Grecia: siamo vicini ad una svolta?

Il 2018 potrebbe essere l’anno della svolta nelle relazioni tra la Grecia e la Macedonia. Nelle ultime settimane, difatti, si sono susseguiti degli incontri tra le due parti per risolvere la questione del nome della Macedonia, che dal 1991, anno dell’indipendenza del piccolo stato balcanico, ha contrassegnato il rapporto tra Skopje ed Atene. Quest’ultima, difatti, non ha mai riconosciuto la definizione “Repubblica di Macedonia” adottata da Skopje: il motivo è legato all’esistenza della Macedonia come regione della Grecia settentrionale, con capoluogo la città di Salonicco. A causa di questa diatriba, Atene, dopo aver imposto alla comunità internazionale l’utilizzo del nome FYROM (former Yugoslav Republic of Macedonia), ha continuato a bloccare il processo di adesione della Macedonia all’Unione europea e alla NATO. Le mosse politiche delle ultime settimane, però, hanno riaperto la possibilità di un accordo storico.

Le aperture di Zaev

Il cambio di passo ha come principale artefice il primo ministro macedone, Zoran Zaev. Dopo un decennio di governo nazionalista, che non aveva fatto altro che alimentare lo scontro con la Grecia ed isolare il paese, il nuovo esecutivo socialdemocratico insediatosi a Skopje ha aperto una stagione di dialogo con i paesi vicini, con l’obiettivo dichiarato di portare la Macedonia all’interno dell’UE e della NATO. Una strategia pienamente appoggiata da Bruxelles e, soprattutto, da Washington, molto interessata ad estendere ulteriormente l’Alleanza Atlantica nella regione dopo la recente adesione del Montenegro. Agli annunci, Zaev ha fatto seguire i fatti: ad inizio febbraio, il governo ha approvato il cambio di nome dell’aeroporto internazionale di Skopje e della principale autostrada del paese, fino ad oggi intitolati ad Alessandro Magno. Proprio sulla figura dello storico re, rivendicato sia dalla Macedonia che dalla Grecia, si erano negli anni formate ulteriori fratture. Il gesto di Zaev apre al dialogo e al compromesso, nella speranza che queste mosse vengano ricompensate dalla comunità internazionale.

Le difficoltà di Tsipras

Mentre la Macedonia ha compiuto passi significativi, più complessa è la situazione in Grecia. Qui la tematica è particolarmente sentita, come dimostra la manifestazione tenutasi ad Atene lo scorso 4 febbraio per dire no all’uso del termine Macedonia da parte del paese vicino. Per quanto sul numero dei partecipanti vi sia una guerra tra autorità ed organizzatori (140.000 contro un milione), l’impatto visivo della manifestazione, a cui hanno partecipato anche diversi esponenti della Chiesa ortodossa greca, è stato imponente. Una spina nel fianco dell’esecutivo di Alexis Tsipras, già minato da una forte opposizione nel paese. Ogni apertura sulla questione del nome della Macedonia rischia di essere usata da parte della destra e dagli ambienti nazionalisti contro il governo. Tenendo conto che il partito di Tsipras, SYRIZA, governa insieme ad una forza politica dichiaratamente nazionalista come l’ANEL, Greci Indipendenti, il maggiore ostacolo per la risoluzione della questione del nome è proprio la debolezza del governo greco.

I nomi sul piatto

Delle speranze, però, ci sono. I due primi ministri si sono incontrati in occasione del Forum economico mondiale di Davos del 24 gennaio: tra Tsipras e Zaev è sembrata esserci una buona sintonia. A questo si sono aggiunti diversi colloqui tra i ministri degli Esteri dei due paesi, che hanno espresso ottimismo per il raggiungimento di una soluzione. Secondo le indiscrezioni della stampa, i nomi messi sul piatto dal rappresentante speciale dell’ONU responsabile del dialogo tra le due parti, Matthew Nimetz, sarebbero cinque: Republic of Upper Macedonia, Republic of Northern Macedonia, Republic of Vardar Macedonia, Republic of New Macedonia, Republic of Macedonia (Skopje). L’intesa dovrebbe perciò trovarsi su uno di questi.

La modifica della Costituzione

Oltre al nome vero e proprio, però, le due parti sono divise anche su altri punti. La Grecia richiede difatti a Skopje di modificare la propria Costituzione in due articoli, nei quali si prevede la possibilità di modifiche ai confini del paese (art.3) e di tutela dei cittadini macedoni all’estero (art.49). Secondo Atene questi articoli nasconderebbero intenti irredentisti da parte di Skopje, un’accusa rispedita al mittente da Zaev. Le difficoltà, dunque, non mancano, ma i passi avanti sono innegabili: le prossime settimane, o forse mesi, ci diranno se una delle tante dispute balcaniche sta arrivando, finalmente, a soluzione.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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