Piccola storia della propaganda russa, cap. IV – L’assalto ai quotidiani europei

La strategia russa per influenzare l’opinione pubblica occidentale passa anche dall’acquisizione di importanti testate giornalistiche europee. Negli ultimi due decenni oligarchi vicini al Cremlino hanno comprato importanti pacchetti azionari di quella che, al tempo dei soviet, si sarebbe detta la “stampa borghese”: France soir, The Indipendent, The Evening Standard, sono gli esempi più noti.

France soir e il banchiere di Putin

France soir è un popolare quotidiano francese. Fondato nel 1944 ha avuto i suoi giorni di gloria negli anni Sessanta, quando vendeva oltre un milione di copie. Alla fine del 2008 le vendite segnavano ormai il minimo storico, con una circolazione di appena 23mila copie. Fu allora che la Sablon International, compagnia registrata in Lussemburgo e detentrice del 19,9% del capitale sociale di France soir, fece un’offerta per aumentare la propria quota all’85%. Nel gennaio 2009 il Tribunale di Lille, che aveva giurisdizione sul caso, diede luce verde all’operazione e Alexander Pugachev, figlio del potente oligarca russo Sergej, divenne proprietario della testata. Sergej Pugachev aveva all’epoca un patrimonio che Forbes stimava in due miliardi di dollari. Proprietario della Mezhprombank (International Industrial Bank – IIB), Pugachev era noto come “il banchiere di Putin” e fu l’artefice, nel 2009, dell’accordo tra Parigi e Mosca per la vendita di quattro portaerei francesi classe Mistral, due delle quali sarebbero state poi costruite nei cantieri navali che lo stesso Pugachev possedeva a San Pietroburgo.

In pochi mesi i Pugachev trasformarono France soir in un tabloid sul modello del britannico Sun, incrementando notevolmente il numero di copie vendute, ben 87mila nel 2010, attraverso campagne di stampa scandalistiche e giornalismo spazzatura di cui fecero le spese soprattutto i politici del partito socialista. Nel 2011, durante un’intervista televisiva, Alexander Pugachev dichiarò la propria simpatia per Marine Le Pen. Da quel momento France soir si prodigò nel diffondere le ragioni del Front National. Non a caso la liaison dangereuse tra Marine Le Pen e Vladimir Putin muoveva allora i primi passi. La parabola di France soir finì malamente nel 2012, quando un nuovo crollo delle vendite costrinse Pugachev alla liquidazione e al fallimento. Sorte peggiore per Sergej Pugachev: scaricato da Vladimir Putin, è stato accusato dalla giustizia russa di corruzione e malversazione in merito all’insolvenza della Mezhprombank e nel marzo 2017 ne è stata chiesta l’estradizione in Russia.

Il dissidente a metà, Lebedev e l’Indipendent 

Alexander Lebedev è stato un agente del KGB prima di accumulare, negli anni rapaci della liberalizzazione del mercato russo, un patrimonio pari a tre miliardi di dollari diventando uno degli oligarchi più in vista del paese. Nel gennaio 2009 Lebedev, già proprietario – insieme a Gorbacev – del quotidiano russo Novaya Gazeta, acquista per il simbolico prezzo di una sterlina il quotidiano londinese Evening Standard. Un’operazione che il Guardian definì “sbalorditiva” sottolineando come “per la prima volta nella storia un agente segreto straniero diventasse padrone di una testata britannica”.

Lebedev si presentò come un oligarca “di opposizione” chiamando a testimone della sua vocazione democratica l’esperienza come proprietario di Novaya Gazeta, il giornale in cui scrisse anche Anna Politkovskaya. Dovrebbe però far riflettere come Novaya Gazeta sia l’unico giornale indipendente rimasto in una Russia che, sistematicamente, censura ogni voce critica. Il regime russo, come ogni autoritarismo competitivo, ha bisogno di un’opposizione che, tuttavia, viene cooptata all’interno del sistema di potere. Non a caso Lebedev è stato (ed è) proprietario di quote azionarie in molte aziende di stato russe, da Gazprom ad Aeroflot: compagnie strategiche per la Russia cui nessun oppositore reale potrebbe partecipare. Lebedev è stato anche il padrino politico di Aleksej Navalny, il ‘blogger’ che oggi rappresenta nel mondo la dissidenza russa, aiutandolo – nel 2012 – a entrare nel board di Aeroflot.

Quando nel 2010 l’oligarca acquisì anche il quotidiano Indipendent, il mondo giornalistico britannico andò in fibrillazione. Luke Harding, storico corrispondente del Guardian a Mosca, scrisse: “Lebedev is in bed with Kremlin” come a dire che il lettone di Putin era grande abbastanza per tutti. Nel 2012 arrivò la conferma della cooperazione tra Putin e Lebedev: in occasione delle elezioni presidenziali, l’oligarca finanziò il Fronte Popolare, partito con cui Putin sfidò (e vinse) l’establishment politico russo raccolto in Russia Unita e che l’aveva messo in discussione.

Attraverso l’Indipendent e l’Evening Standard, Lebedev si impegnò a difendere le ragioni del Cremlino durante la crisi ucraina: senza mai scadere nella retorica propagandistica à la Sputnik, l’Indipendent si pose come voce fuori dal coro incontrando i favori di quanti, nel Regno Unito, non avevano apprezzato le supposte ingerenze dell’occidente nell’orto di casa russo. L’oligarca dissidente, allineandosi agli interessi del Cremlino, rimarcava la propria appartenenza a quel sistema di potere mostrando come l’indipendenza, nel suo giornale, fosse solo nel titolo e non nei fatti.

Deviazioni ucraine, Firtash e l’assalto a Euronews

L’emittente Euronews è un canale multilingue europeo, trasmesso in 13 lingue, con sede a Lione, finanziato dalle emittenti nazionali associate e dall’Unione Europea. Vi partecipa anche RTR, la televisione di stato russa. Secondo alcuni osservatori, tramite la propria quota, il Cremlino intende influenzare l’emittente. Tuttavia a minacciare l’indipendenza dell’emittente non è stato il Cremlino, almeno non direttamente: è infatti l’oligarca ucraino Dmytro Firtash, legato alla mafia, già arrestato a Vienna per corruzione, vicino al Cremlino ma anche al presidente Poroshenko, che nel 2015  – tramite il proprio gruppo editoriale Inter media group (IMG) – sigla un accordo milionario con l’emittente europea. Una mossa non piace a Kiev che oscura le frequenze di Euronews nel paese accusando Firtash di voler usare il canale per dare voce alla propaganda del Cremlino. La vicenda, dai risvolti poco chiari, si risolve nel 2017 con la richiesta di estradizione dell’oligarca ucraino da parte degli Stati Uniti, che lo accusano di corruzione.

L’accordo con l’oligarca Firtash era, da parte di Euronews, un disperato tentativo di evitare la crisi che, nel 2016, avrebbe comunque investito l’emittente portando a una politica di tagli draconiani. La crisi di Euronews ha quindi aperto una breccia agli interessi degli oligarchi vicini al Cremlino. Un copione che potrebbe ripetersi visto lo stato di salute del giornalismo europeo, da anni in crisi di liquidità e quindi vulnerabile a questo tipo di infiltrazioni. Uno scenario assai cupo per i cittadini i quali, oltre alle fake news di Sputnik e Russia Today, potrebbero trovarsi vittima di un sistema di informazione così falsificato da superare i peggiori incubi di orwelliana memoria.

 

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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