La Russia farà un muro fra Crimea e Ucraina

L’Agenzia della guardia di frontiera russa, controllata dal FSB, il Servizio di sicurezza federale erede del KGB, ha annunciato che sarà costruito un muro che dividerà la Crimea dall’Ucraina.

È stata infatti indetta una gara di appalto per la costruzione di una barriera che copra l’intero tratto che attualmente rappresenta il confine de facto tra la Crimea, che la Russia controlla e sostiene essere parte integrante del proprio territorio a seguito dell’annessione del marzo del 2014, e l’Ucraina, che ne rivendica la sovranità sostenuta anche dalla Comunità Internazionale.
Si parla quindi di un “muro” di circa 50 km, e di un importo allocato per la realizzazione di massimo 212,8 milioni di rubli, pari a circa 3,7 milioni di dollari. Una vera e propria opera lampo, se si considera che la gara è stata bandita il 25 settembre scorso, che il vincitore sarà annunciato il 16 ottobre e che tutto dovrà essere terminato entro la fine del 2017. Precise anche le caratteristiche di questa barriera, che dovrà essere alta almeno due metri, chiaramente a prova di avverse condizioni meteorologiche, ed in grado di resistere fino al 98% di umidità e a 65 gradi. In altre parole, come scritto nel bando, “ad alta resistenza, che duri a lungo e che sia economica”.

La decisione, motivata da generici motivi di sicurezza nazionale, si contestualizza nella politica perseguita da Mosca dal 2014 di rendere sempre più stretto il rapporto tra la penisola e la Russia ed al contrario tagliare ogni possibile legame con l’Ucraina.
In termini più ampi tale scelta può essere connessa ad altre iniziative di carattere economico, sociale e di sicurezza. Per esempio la costruzione del ponte sullo stretto di Kerch, opera faraonica che dovrebbe coprire, con tutta probabilità a partire dal 2019, i 19 chilometri di mare che distanziano la Crimea e la Russia ed i cui costi non sarebbero giustificabili se non a seguito di ragionamenti geopolitici; oppure la prevista connessione della penisola, attraverso cavi sottomarini, alla rete elettrica russa, in modo da evitare di dipendere dalle forniture ucraine e rischiare di rimanere al buio a seguito di atti di sabotaggio o scelte politiche di Kiev; o ancora il massiccio piano di investimenti per il rifacimento di numerose infrastrutture stradali, ospedali, aeroporti e porti, finalizzato anche a non scontentare una popolazione che ha visto scomparire le multinazionali ed i turisti ucraini e stranieri, la maggiore fonte di reddito locale.

Un muro che più che frenare un fenomeno migratorio fuori controllo ha il fine ultimo di evidenziare un confine che per molti ancora non esiste.

Chi è Pietro Rizzi

Dottorando in Relazioni Industriali presso l’Università degli Studi di Bergamo, collabora con l’OSCE/ODIHR come osservatore elettorale durante le missioni di monitoraggio in Est Europa. Redattore per East Journal, dove si occupa di Ucraina, Est Europa e Caucaso in generale. In passato è stato redattore ed art director del periodico LiberaMente, e si è a lungo occupato di politica come assistente parlamentare e consulente giuridico per comitati referendari. Ha risieduto, per lavoro e ricerca, a Kiev e Tbilisi.

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