LETTERATURA: Stanišić a Pordenonelegge. Rileggere Andrić nell’inverno dello spirito

“Mai mi era capitato di tradurre una scrittura così piana, semplice, e mai banale”, afferma Elisa Copetti, traduttrice dell’ultimo libro di inediti del premio Nobel Ivo Andrić, In volo sopra il mare. Storie di viaggio dentro e fuori la Jugoslavia (edizioni Bottega Errante), presentato il 14 settembre al festival Pordenonelegge. Il libro è una sorta di mappa, di topografia simbolica sull’altrove, “da assaggiare pezzo per pezzo”, dichiara Angelo Floramo, presentatore dell’incontro assieme allo scrittore bosniaco Božidar Stanišić, a suo stesso dire “profugo di professione”  (di cui abbiamo parlato qui). Un libro sul viaggio che si aggiunge ai precedenti inediti di Andrić, “tutti pubblicati per case editrici piccole, perchè le grandi non sanno più cosa sia la grande letteratura”, chiosa Stanišić.

Il viaggio è per Ivo Andrić una dimensione fondamentale – al contrario di pensatori “fissi”, come Kant. È lo spazio del dubbio e della scoperta: il premio Nobel, che ha viaggiato anche “per forza” in qualità sia di diplomatico che di rappresentante degli scrittori jugoslavi, ha visto Stalingrado, visitato la Cina e ne ha raccontato con rispetto la cultura. Andrić stesso è l’“uomo dei dubbi”, il “filosofo dei ponti” (termine che non può che farci pensare al suo capolavoro, Il ponte sulla Drina). Rifondatore di un umanesimo forte, ha fatto parte di una generazione che sperava di riuscire a creare altre condizioni di vita. Una generazione che però è stata doppiamente tradita, afferma Stanišić, prima da una “guerra mondiale e fratricida” e poi negli anni Novanta: “con la fine della Jugoslavia le nazioni che la componevano si sono provincializzate e la distruzione dell’Europa viene proprio da chi vuole la provincia”.

Andrić oggi può essere però anche scomodo: “è scomodo perchè è stile; è scomodo nel suo parlarci del ruolo della letteratura nel mondo che ci circonda; è scomodo perchè ha saputo essere profetico” racconta Stanišić, citando Lettera dal 1992 (1946) e il “Dio dacci la pace” da Nella via di Danilo Ilić (1926). Inoltre, è talvolta “ingiustamente accusato di scrivere male del mondo musulmano, mentre proprio i suoi migliori personaggi sono di fede musulmana e sono monumenti che camminano”.

Con una caratteristica “pacatezza balcanica”, Stanišić scherza: “trovatemelo un premio Nobel che abbia dedicato tutto alle biblioteche del suo paese; poteva dire anche lui ‘vado alle Maldive’”. Il suo approccio caustico al mondo ha offerto al pubblico diversi spunti di riflessione sulla contemporaneità e sulla letteratura che, per quanto incapace di poter cambiare davvero le cose, deve essere seria, impegnata. “Assediati quali siamo dal visivo, ci circondiamo di tutti questi fantasy e noir, convincendoci che sia tutto già risolto sulla terra”. L’autore de I buchi neri di Sarajevo vede il mondo di oggi come una novella Babilonia, “metafora del disaccordo universale”. Quelli odierni sono, a suo avviso, “tempi d’inverno dello spirito”, nei quali rileggere Ivo Andrić diventa quindi più che fondamentale.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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