POLONIA: Bloccata la riforma della Giustizia ma la democrazia resta in pericolo

Lo chiamavano il burattino di Kaczyński ma da luglio il presidente della repubblica Andrej Duda ha finalmente mostrato una propria autonomia decisionale ponendo il veto su due delle tre riforme giudiziarie approvate dal Parlamento e proposte dal suo partito, Diritto e Giustizia (PiS), attualmente al governo.

Lo strappo tra Kaczynski e Duda

Forse desideroso di abbandonare il ruolo esclusivamente notarile rivestito fino ad ora, il presidente Duda, per la prima volta dall’inizio dell’attuale legislatura, ha fermato un’iniziativa di PiS le cui leggi, nel corso di questi due anni, hanno spesso scatenato proteste e un confronto ancora aperto e senza precedenti con la Commissione Europea.

Pur dichiarandosi favorevole a profondi mutamenti nel settore giudiziario, Duda si è opposto al licenziamento degli attuali componenti della Corte Suprema e al rafforzamento del controllo politico sul Consiglio Nazionale della Magistratura. Giudicando le riforme troppo divisive della società polacca e non ben allineate alla Costituzione, il Presidente ha annunciato che presenterà le sue personali bozze alle quali sta tuttora lavorando mantenendo un assoluto riserbo.

Autentica o no, questa improvvisa intraprendenza ha reso pubblico lo strappo col leader di PiS, Jarosław Kaczyński, e aperto una crepa non innocente in quella che sembrava una forza monolitica. Non sono tardate ad arrivare le critiche del capo di partito che ha definito la decisione “un grave errore”. Dello stesso parere anche il premier Beata Szydło e la cricca attorno al ministro della Giustizia Ziobro che, in caso di ratifica, avrebbe ampliato di gran lunga le sue prerogative.

Il veto: un rischio o un’opportunità?

La decisione di Duda potrebbe rappresentare un rischio per le presidenziali del 2020 se lasciato solo dal suo partito di provenienza, oppure un’opportunità per rafforzare il proprio sostegno tra le forze moderate, e garantirsi una protezione nel caso in cui PiS dovesse fallire al primo test elettorale, le elezioni amministrative fissate per l’autunno 2018. A rafforzare questa previsione è la notizia, diffusa su The Warsaw Voice, che il Presidente stia cercando sostegno per un referendum costituzionale al di fuori di PiS.

Se è vero che i polacchi si dicono insoddisfatti del sistema giudiziario perché troppo farraginoso e lento, le proteste del mese scorso non potevano non essere prese in considerazione. PiS, però, non sembra determinato a farsi indietro, e a metà agosto Kaczyński ha annunciato un’offensiva legislativa per questo autunno: gli obiettivi sono di nuovo i media, una nuova legge elettorale, e una nuova riforma della giustizia. Alla luce del recente strappo, tuttavia, se l’esecutivo volesse forzare la mano potrebbe andare incontro a un suicidio politico e a una pericolosa deviazione dal sodalizio Kaczyńsky-Duda necessario alla realizzazione del programma governativo.

Duda non è il redentore

Il veto del Presidente della Repubblica, però, non deve essere sopravvalutato. Ha infatti firmato una legge che permette al guardasigilli di rimuovere tutti i presidenti e i vice-presidenti delle corti comuni e di sostituirli entro i prossimi sei mesi. Sebbene questa legge tocchi giurisdizioni di rango inferiore, le corti locali non sono soltanto le istituzioni giudiziarie più vicine ai cittadini, ma rappresentano per certi giuristi l’ultimo baluardo di resistenza del costituzionalismo. In un’intervista a East Journal, il Prof. Koncewicz ha parlato dell’applicazione diretta della Costituzione da parte delle corti locali. Un’opzione percorribile in situazioni straordinarie come quella vissuta dalla Polonia, in cui dalla fine del 2015 la Corte Costituzionale è stata oggetto di profonde e incostituzionali riforme che ne hanno stravolto la fisionomia. Allora il presidente Duda non ha battuto ciglio. L’intervento presidenziale non è da imputare quindi ad un’improvvisa redenzione. Si tratta di un freno provvisorio alla demolizione, per altro già avviata, dell’assetto democratico.

 

Photo: newsweek.pl

Chi è Paola Di Marzo

Nata nel 1989 in Sicilia, ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso la Facoltà "R. Ruffilli" di Forlì. Si è appassionata alla Polonia dopo un soggiorno di studio a Varsavia ma guarda con interesse all'intera area del Visegrád. Per East Journal scrive di argomenti polacchi.

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