Dimitris Avramopoulos Fonte: Cronaca politica

Arrivano le sanzioni UE contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca

Il 13 giugno la Commissione europea ha annunciato l’avvio della procedura d’infrazione nei confronti di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Dal 2016 i paesi hanno rifiutato l’accoglienza dei rifugiati per cui si era prevista la redistribuzione all’interno dei paesi dell’Unione Europea.

Il caso

In una conferenza stampa tenutasi il 13 giugno al Parlamento europeo di Strasburgo, il commissario europeo per la migrazione Dimitris Avramopoulos ha dichiarato l’inizio della procedura d’infrazione nei confronti di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca: “Ci sono tre paesi europei che non hanno fatto niente da più di un anno o persino per tutta la durata del piano di ricollocamento.” La Commissione invierà una lettera richiedendo spiegazioni ai governi nazionali circa il mancato adempimento agli impegni, prima di decidere se denunciarli alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. La procedura potrebbe concludersi con aspre sanzioni nei confronti dei paesi nel caso in cui restino inadempienti.

La vicenda è iniziata nel 2015, quando a fronte dell’inizio della crisi migratoria, l’Unione Europea ha deciso in favore della ricollocazione di 160.000 rifugiati, nonostante il voto contrario di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. Non concordi con la decisione della maggioranza, Slovacchia e Ungheria sono ricorse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ma il piano di ricollocamento ha continuato il suo corso.

Le reazioni

Da un lato, il commissario greco Avramapoulos, che ha ricordato ai paesi che: “L’Europa non è solo richiedere fondi e garantire sicurezza. Europa è anche condividere momenti difficili e sfide comuni.” Al suo pensiero hanno fatto eco anche il direttore europeo di Amnesty International Iverna McGowan e l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi, che ha espresso l’amarezza per l’atteggiamento dimostrato da molti paesi europei.

Dall’altro, i rappresentanti dei paesi chiamati in causa. Il primo ministro ceco Sobotka ha dichiarato che: “La Repubblica ceca non è d’accordo con il sistema, anche a causa del peggioramento delle condizioni della sicurezza in Europa.” Il ministro degli interni polacco Mariusz Blaszczak ha dichiarato che l’atteggiamento della Commissione incoraggia nuove ondate migratorie, mentre due ministri degli esteri, il polacco Witold Waszczykowsk e l’ungherese Peter Szijjarto hanno definito le sanzioni un ricatto. L’Austria ha evitato le sanzioni, ma il ministro degli esteri Sebastian Kurz ha detto che la rotta mediterranea andrebbe sigillata e i rifugiati dovrebbero essere portati in campi in Tunisia ed Egitto invece che in Europa.

Lo scambio più aspro è stato quello tra l’attuale primo ministro polacco Beata Szydło e l’attuale presidente del Consiglio europeo ed ex primo ministro polacco Donald Tusk. Szydło ha dichiarato che: “In tempi senza riposo come quelli attuali, Auschwitz è una grande lezione che mostra che tutto dev’essere fatto per proteggere la vita e la salvezza dei propri cittadini.” Tusk ha risposto in un tweet affermando che: “Parole simili in un simile posto non dovrebbero mai uscire dalla bocca di un primo ministro.”

Ad oggi solo 20.869 rifugiati sono stati ricollocati, e se da un lato Ungheria e Polonia non hanno accolto nessuno dei rifugiati a loro assegnati, la Repubblica Ceca ha accolto solo 12 dei 2000 previsti. I rifugiati sono principalmente siriani, afgani ed eritrei, ai quali è stato riconosciuto il diritto alla protezione internazionale. Dall’inizio dell’anno sono arrivate 60.000 persone solo in Italia e circa 1.700 sono morte nella traversata del Mediterraneo.

Chi è Gian Marco Moisé

Dottorando alla scuola di Law and Government della Dublin City University, ha conseguito una magistrale in ricerca e studi interdisciplinari sull'Europa orientale e un master di secondo livello in diritti umani nei Balcani occidentali. Ha vissuto a Dublino, Budapest, Sarajevo e Pristina. Parla inglese e francese, e di se stesso in terza persona.

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