CROAZIA: In settemila festeggiano Tito, ma la destra non ci sta

Da ZAGABRIA Il 27 maggio scorso circa 7000 persone si sono radunate a Kumrovec, villaggio natale di Josip Broz Tito e oggi sede del museo etnografico della Croazia settentrionale, per celebrare i 125 anni dalla nascita del maresciallo della Jugoslavia. L’alta partecipazione all’evento e i proclami in favore di una Croazia antifascista hanno fatto insorgere la destra radicale croata.

Il “Dan Mladosti i Radosti” nel 2017

Ogni anno la lega dei combattenti antifascisti della Croazia, il museo etnografico di Kumrovec e l’unione delle associazioni “Josip Broz Tito” organizzano il “Dan Mladosti i Radosti” (Giorno della Gioventù e della Gioia) il primo sabato dopo il 25 maggio: in Jugoslavia in questa data si festeggiava il compleanno ufficiale di Tito con l’arrivo della staffetta della gioventù.

Nonostante la Croazia sia una delle nazioni meno jugonostalgiche della regione, al “Dan Mladosti” odierno partecipano – con forti accenti folkloristici – numerosi visitatori da tutto il paese oltre che dalle altre ex repubbliche. A Kumrovec, secondo gli stessi organizzatori dell’evento, “si celebra la lotta contro il fascismo, non del passato, ma del presente e del futuro”. In particolare, Franjo Habulin, presidente della Lega dei combattenti antifascisti di Croazia, sottolinea la necessità di combattere l’estensivo revisionismo presente nel paese e l’equazione tra partigiani e ustaša (le camicie nere croate) portata avanti dalla presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarović.

La destra indignata

Sull’evento di Kumrovec si sono alzate le voci indignate della destra radicale croata che chiede al governo e alla polizia di impedire le celebrazioni di colui che ritengono, nonostante la nutrita concorrenza, “uno dei più sanguinari dittatori del ventesimo secolo”.

Il portale Narod.hr del movimento U ime obitelj denuncia il complotto internazionale volto a promuovere l’immagine positiva di Tito in Croazia. Il portale del movimento ultra-cattolico di Željka Markić si spinge quasi ad accusare di idolatria gli organizzatori dell’evento e i partecipanti, vedendo nella separazione dalla civiltà occidentale e nella lunga influenza turca le ragioni che hanno permesso ai comunisti jugoslavi di far attecchire il culto di Tito e di celebrarlo come un dio.

Il Partito croato dei diritti (HSP), maggiore forza politica dell’estrema destra croata, nel suo comunicato ufficiale denuncia “la celebrazione dell’idea jugoslava sotto le false spoglie dell’antifascismo” e richiede al governo “di incarcerare o espellere i partecipanti al culto di Kumrovec, di eliminare il museo etnografico e ogni riferimento a Tito nel paese”. Per l’HSP, “il culto e la simbologia che lo accompagnano sono contro i valori umani, democratici e dello stato di diritto”. Il partito accusa Tito di aver “donato gran parte del territorio croato ai suoi vicini distruggendo così permanentemente lo stato croato”. Riferendosi qui allo Stato Indipendente Croato del periodo inter-bellico, raro esempio, verrebbe ironicamente da dire, di umanità, democrazia e stato di diritto.

Le celebrazioni degli altri

Due settimane prima, il 13 maggio, a Bleiburg in Austria, si era tenuta un’altra importante celebrazione per la politica croata. A Bleiburg nel ’45 i partigiani titini raggiunsero e uccisero con esecuzioni sommarie migliaia di ustaša e semplici soldati che tentavano di arrendersi alle forze britanniche.

Oltre a ricordare le vittime, a Bleiburg si rispolverano abiti d’epoca di ben altro colore rispetto a quelli di Kumrovec. Di fatto tali celebrazioni, alle quali partecipano le maggiori cariche croate, vengono monopolizzate dall’estrema destra e dalla nostalgia per il regime ustaša e vedono in prima fila gli stessi critici del “Dan Mladosti i Radosti“.

Foto: Boris Scitar, PIXSELL.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.

Chi è Pierluca Merola

Nato a Roma, appassionato di Balcani e allargamento dell'UE, risiede a Bruxelles. Collabora con East Journal da Maggio 2016, per il quale narra di avvenimenti croati e balcanici. Parla correntemente inglese, francese e croato.

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